NAPOLI YOUNG

di - 24 Novembre 2006

Le fondazioni di collezionisti (come la vostra e la Sandretto Re Rebaudengo), quelle di artisti (Merz, Pomodoro) e quelle di aziende vicine al mondo dell’arte (Trussardi, Prada) sono tra gli attori più vivaci del palcoscenico nazionale dell’arte contemporanea. Si tratta di una formula giuridica particolarmente indicata per gestire strutture di questo tipo? Perché?
In realtà non mi sono posto il problema di adottare formule più convenienti. Ho creato questa struttura perché volevo, in una Napoli che attraversava come attraversa momenti sociali non proprio floridi, contribuire a mettere in contatto giovani della mia città con realtà culturali che non avevano e spesso non hanno modo di conoscere. In una programmazione internazionale di ottima qualità mi ripropongo di inserire anche dei giovani artisti napoletani o italiani in genere che non sempre hanno modo di mettersi in luce.

Alla Fondazione è stata conferita la tua collezione privata. Ci sarà uno spazio dedicato all’esposizione permanente dunque?
Assolutamente si. La collezione ospita una selezione degli artisti giovani più rappresentativi della scena artistica internazionale, la maggior parte dei quali mai visti nella città di Napoli. Penso sia una grande opportunità per cercare di migliorare ed integrare l’offerta culturale napoletana.

Napoli è una città difficilissima. E negli ultimi anni la situazione –che era in marginale miglioramento- è precipitata di nuovo. Mai pensato a investire altrove?
Non nascondo che questa città è così complessa che a volte balena l’idea di intessere dialoghi con strutture di altre città anche al di fuori della nostra nazione. Ma sono un napoletano orgoglioso di esserlo ed il mio obiettivo fondamentale, che devo dire sta diventando anche una sfida, è quello di fare le cose nella mia città.

A Napoli, occorre precisarlo, gli spazi per l’arte contemporanea non mancano. Come si colloca la Fondazione Morra Greco in un mosaico che va dal Madre, al Pan, a Capodimonte, a Castel Sant’Elmo?
Non vi è dubbio che negli ultimi tempi Napoli si sia dotata di strutture che stanno iniziando a proporre cose interessanti. Musei da sempre dedicati all’antico, grazie al lavoro del professor Nicola Spinosa e della dottoressa Angela Tecce stanno proponendo interessanti mostre di contemporaneo. Il Pan, che vive un momento di crisi di identità, sono convinto troverà soluzioni adeguate avendo avuto modo di vedere la determinazione dell’Assessore Nicola Oddati. Il Madre, struttura voluta fortissimamente dal governatore Bassolino, ha un’organicità dell’offerta molto corretta avendo proposto fino ad ora mostre di livello, ma è aperto da poco e necessita, a mio avviso, di un fisiologico periodo di rodaggio. È giusto dare ad Edoardo Cicelyn e a Mario Codognato il tempo necessario per tracciare in maniera compiuta l’impianto teorico che questo Museo ha solo in parte espresso.
Tutti questi organismi sono attestati, però, sulla rappresentazione del lavoro di artisti di lunga carriera. La mia fondazione è l’unica struttura che proponendo artisti giovani e giovanissimi in un contesto molto meno ufficiale rispetto agli altri, va evidentemente a completare un’offerta culturale.

Organizzativamente come è strutturata la fondazione?
A parte Alessia Evangelista, che si occupa della parte organizzativa, da un punto di vista curatoriale siamo in un momento di riflessione. L’ orientamento che stiamo assumendo è di un coinvolgimento di più figure curatoriali che possano lavorare separatamente creando un programma culturale con punti di vista anche molto diversi.

Come vi sosterrete?
Sotto questo profilo abbiamo aperto già da tempo un discorso con le autorità politiche cittadine che hanno manifestato l’intenzione di darci una mano. Discorsi concreti sono stati avviati con alcune aziende private che concorreranno già dal prossimo anno ad alimentare il budget della Fondazione.

Avete già fatto partire un programma di residenze per artisti. La città di Napoli costituisce ancora un grande richiamo per gli artisti contemporanei?
Napoli è da sempre un grande contenitore di emozioni forti che per un artista rappresentano uno stimolo creativo estremamente importante. È la ragione per la quale così tanti artisti sono attratti dalla mia città. È evidente che impiegare al meglio questo straordinario vantaggio che la città offre impone di ospitare artisti facendo in modo che essi lavorino e lascino traccia. La cosa che trovo straordinaria è anche che nelle mostre che gli artisti mettono in piedi successivamente al soggiorno, trovano posto lavori spesso concepiti da noi. Ciò crea un fenomeno di contaminazione artistica di straordinaria portata.

Ci descrivete i vostri spazio all’interno del Palazzo Caracciolo D’Avellino? Come sono? Come li avete restaurati, suddivisi?
Il palazzo dei Principi Caracciolo d’Avellino era uno dei più grandi edifici privati di Napoli. Ha subito bombardamenti durante il secondo conflitto mondiale e la parte superstite è questa struttura di duemila metri quadri che è sede della fondazione. È ancora in condizioni fatiscenti e stiamo studiando dei progetti di ristrutturazione. Ho deciso tuttavia di aprire subito all’interno del palazzo perché molti artisti volevano cimentarsi con questa struttura. Mi sembra, inoltre, interessante iniziare così e poi mano a mano restaurare. Trovo che dia un senso descrittivo molto forte che testimonia anche i grossi sforzi che sono stati fatti negli ultimi dieci anni.

Per finire un cenno alla prima mostra. Si inaugura il 25 novembre 2006, ma il progetto si chiama 26 novembre 2006. Cosa succederà?
Nel calendario luterano il 26 novembre è il giorno dei morti, il giorno in cui si commemorano i defunti. Il progetto che Gregor Schneider presenta a Napoli è strettamente legato al tema della morte, sentimento che da sempre compenetra l’essenza di Napoli, una città che dietro la maschera di allegria e di vitalità nasconde un grande senso della morte. Nei suoi ultimi lavori, Schneider, affronta il tema dell’immortalità e della continua ricerca da parte dell’uomo dell’eternità, desiderio che ha portato la ricerca scientifica ad ipotizzare anche la possibilità di ibernare i corpi umani, di giungere alla cosiddetta “morte sospesa”.

a cura di massimiliano tonelli


Gregor Schneider – 26.11.2006
Fondazione Morra Greco, Via Anticaglia 17 (80138), Napoli
+39 3336395093 (info) / info@fondazionemorragreco.itwww.fondazionemorragreco.it
vernissage: 25 novembre 2006. ore 17


*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 34. Te l’eri perso? Abbonati!

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  • non a caso , l'orario dell' opening erano le 17 , chiunque fosse arrivato frà le 17 e le 19:30 non avrebbe avuto problemi a visitare l'istallazzione , con tutto il tempo per farsi un giro magari .
    Spero che le sale siano un intento di work in progress , quindi.......
    La cultura e le iniziative culturali sono gradite sempre , a Napoli come a Roma come a Poggibonsi ... e iniziative culturali non significa sempre poltrone in vellutino sale arisocratiche e spumantino millesimato , se poi qualcuno pensa sia questo , mi sembra che abbia sbagliato settore ! almeno x come la vedo io !
    l'uniica cosa importante per certe iniziative è avere l'energia e la volontà di farle , il supporto del pubblico è un altro lato importante ,............
    auguri alla neonata fondazione è che faccia un bel lavoro con le iniziative da portare a Napoli , sperando che non si faccia contagiare dai virus esterofili di cui Napoli è ormai distrutta ! .....

  • Sono pienamente d'accordo!!! Soprattutto è vergognoso il livello di sicurezza dello stabile adibito al 'ricevimento': illuminazione ZERO per scale fatiscenti da cui mi è scappata anche la CADUTA. Un disastro organizzativo, subito senza neanche vedere il sofisticatissimo Schneider !!!
    Complimenti, davvero.

  • io ho visto un'altra bella cosa: gli scugnizzi che buttavano le miccette addosso agli spettatori che attendevano il proprio turno... e i vigili urbani lì a due passi che NON DICEVANO NIENTE! altro che basta con l'accanimento mediatico su Napoli...

  • complimenti. e complimenti soprattutto all'organizzazione e a Gregor Schneider. la sua installazione è davvero magnifica, a detta di quei pochissimi fortunati che hanno avuto modo di vederla, visto che gli spettatori si sono trovati di fronte ad una lunghissima lista di attesa (si entrava solo a gruppetti, ma non lo sapeva nessuno) e tantissimi sono rimasti a bocca asciutta,anche perché alle 21,30 hanno deciso di chiudere (eh,la cena è cena!), invitando i delusi a ritornare "domani, dopodomani, in settimana"... come se uno non avesse altro da fare nella vita!bell'esempio di correttezza verso il pubblico, che per giunta è stato 'ricevuto' con tutti gli onori al piano superiore,in stanze fatiscenti,senza gabinetto e in un palazzo ai limiti dell'agibilità.insomma, che senso ha avuto tutto ciò? se questa è la ciliegina sulla torta dell'"offerta culturale napoletana",no,grazie.

  • Alle 17.00 inizia la lunga fila per vedere il lavoro di Gregor Schneider.
    Quell’attesa che pensavo fosse quasi televisiva per “spettacolarizzare” l’inaugurazione, si è invece rivelata necessaria per la fruizione dell’opera.. non si è trattato certo di una passeggiata tra stanze minimali e loft ristrutturati nel perfetto stile di Chelsea, ma di un’esperienza vera e propria all’interno di un contesto che ripercorre la “napoletanità” di Bellavista di De Crescenzo.
    In una Napoli piena di vita ed in fermento per i presepi di Natale, c’era però quello spazio creato da Schneider dove il silenzio non ha mai udito suono. Nessuna luce e nessuna forma a definire il labirinto buio nei sotterranei della Fondazione; nessuna parola a guidare il viaggio dei Caronti nello Stige. Unica compagna era la paura dell’ignoto, delle cose che non si conoscono e che nemmeno più il corpo è in grado di percepire.
    Il tatto, ifatti, era l’unico senso amico della traversata e, a testa china per il timore di imbattersi in un ostacolo sospeso, non ci si può che inchinare nuovamente; questa volta per i complimenti a Schneider e Morra Greco.

  • A Cla'! Invece bisogna stare a testa alta e avere il coraggio di dire ciò che è stato. E attenzione a chinarti... ché se hai visto tutta la mostra saprai che Gregor aveva in serbo una bella sorpresina nella scatolina...

  • morra greco non capisce niente d'arte contemporanea, vive di informazioni dategli dal bravo gigiotto del vecchio in dieci anni di lavoro sulla collezione. senza del vecchio è uno dei tanti che provano a fare

  • voglio fare anche io i complimenti al morra greco, specialmente per la scelta della sua foto con didascalia incorporata, mi sembra che "pig" descriva benissimo il soggetto raffigurato!!!!!!!!!!!!!

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