Navigando intorno alla scultura

di - 2 Ottobre 2012

È in corso a Matera il “Periplo della scultura italiana contemporanea” (fino al 17 novembre) nelle chiese rupestri della Madonna delle Virtù e San Nicola dei Greci, in alcuni ambienti espositivi del MUSMA e di Palazzo Lanfranchi: un vero e proprio percorso sui modi e sui perché della scultura d’oggi, attraverso una riflessione su undici protagonisti under quaranta.

Un appuntamento fisso, quello della mostra nei Sassi materani, sin da quel 1978 in cui a esordire nel fascinoso scenario rupestre fu Pietro Consagra, grazie all’apporto critico e curatoriale di Giuseppe Appella e all’organizzazione del circolo culturale “La Scaletta”, all’epoca vera e propria fucina di energie rigenerative per la cultura meridionale e non solo. A ripensare a tutte le edizioni delle mostre – tra sguardi antologici su un unico artista e momenti corali con le tre (compresa questa) edizioni del Periplo – vengono in mente le parole di Consagra custodite in un volumetto edito da Scheiwiller in occasione della sua mostra: «Fatevi promotori di una svolta di rivendicazione popolare chiedendo, a guida del risanamento dei Sassi, artisti e non architetti». Una dichiarazione che oltre ad avere il sapore di un manifesto programmatico, dimostra l’interesse del Maestro – che fu anche di altri artisti – verso la realtà culturale e paesaggistica materana. Ad ogni modo la mostra fu una sorta di prova generale della tenuta dei linguaggi della contemporaneità nel contesto sociale e antropologico del paesaggio rupestre, a cui seguirono, tra le altre, le esposizioni di taglio retrospettivo o antologico di Fausto Melotti (1987), Arturo Martini (1989), Libero Andreotti (1998), Leoncillo (2003), Mirko Basaldella (2005 e 2007), Ibram Lassaw (2008) e Kengiro Azuma (2010).

L’edizione in corso – curata da Appella e Marta Ragozzino, nuova Soprintendente per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici della Basilicata – mira a scandagliare i lineamenti, visualizzare i confini, marcare i territori di altri generi e osservare la tenuta e la relazione di linguaggi eterogenei in un contesto espositivo atipico ma ormai, come detto, ampiamente collaudato, anche grazie al sobrio disegno allestitivo dell’architetto museografo Alberto Zanmatti, a cui tra l’altro è dedicata una piccola e preziosa mostra al piano terra del MUSMA.

Legno, osso, bronzo: la ricerca plastica di Giorgio Andreotta Calò mira a sintetizzare ulteriormente una serie di forme archetipe, come la grande clessidra, vero e proprio totem atemporale. Politica, storia sociale, indagine collettiva. Sono probabilmente queste, pur nei limiti di un ragionamento schematico, le parole chiave per leggere il lavoro del pugliese Francesco Arena. Nella fattispecie, tra le opere in mostra selezionate da Appella e Ragozzino vi è 19,45 metri di metallo sotto forma di scala (la caduta di Pinelli), che naturalmente richiama, con un’attenzione ossessiva verso la “misurazione”, la fine di Pinelli, rammentando con precisione la “distanza” esatta del suo drammatico volo-epilogo.

Connesse alla dimensione allegorica del tempo e naturalmente dello spazio, le opere in mostra di Giuseppe Capitano nel loro rigore formale rivelano il gusto per la lavorazione di antichi materiali, come la canapa, con cui l’artista concepisce simulacri aniconici e immobili da meditare. Minimali, leggere, sintetiche e generatrici di nuovi sguardi, anche sul panorama rupestre adiacente al complesso di San Nicola dei Greci e Madonna delle Virtù, così appaiono le installazioni senza titolo di Alice Cattaneo che rimodulano lo spazio creando nuovi circuiti percettivi “dentro e fuori luogo”.

È surreale, talvolta opulenta. In ogni caso accattivante. La scultura di Emanuele De Ruvo – un altro tassello rilevante di questa mappatura sulla giovane scultura italiana – ammette l’interesse sui materiali e gli oggetti della cultura feriale, rivisitati quasi in chiave dadaista con assemblaggi spesso sbalorditivi. Così come in quelle di Francesco Gennari – da segnalare il suo Come se, un cipresso stabilizzato installato al MUSMA, in dialogo con la collezione permanente del museo – nelle cui opere in mostra permane uno degli aspetti essenziali della scultura di sempre, ovvero la dialettica con la dimensione spaziale dell’ambiente. E a tal proposito si passa dalle cartapeste e dalle tecniche miste impiegate da Perino & Vele, con la loro ricerca di oggetti e situazioni che rimodulano la realtà, creandone una ex novo, agli inquietanti lavori di Donato Piccolo, che strizzano l’occhio al mondo scientifico-tecnologico, donando al visitatore singolari esperienze sensoriali. Si giunge poi al lavoro polimaterico di Luca Trevisani, che si concentra in particolare nella messa in scena di porzioni di nido, quasi delle reliquie dell’universo naturale da contemplare con devota attenzione, e ai pannelli di Antonella Zazzera, realizzati tessendo con artigianale pazienza lunghi fili di rame.

Un percorso articolato quindi, come emerge anche nel catalogo pubblicato dalle Edizioni della Cometa, che agli sguardi critici di Appella e Ragozzino, affianca anche letture monografiche su ogni artista a firma di alcuni critici e storici dell’arte. Completa il volume un’ampia documentazione fotografica, rigorosamente in bianco e nero, su alcuni significativi lavori degli artisti e sulle opere del Periplo.

Ma, per finire, perché Periplo? A chiarirlo ci pensa in catalogo la stessa Ragozzino: «Periplo è una parola che viene dal greco, significa navigare intorno, circumnavigare. C’è un forte richiamo marittimo nella scelta di questo termine, che porta con sé il senso del viaggio, della scoperta ma anche del ritorno. Non si tratta infatti di attraversare ma di circumnavigare la produzione degli artisti invitati, incoraggiando o costruendo relazioni tra loro e le loro opere, favorendo scambi, confronti ed eventualmente scontri. Questo è l’obiettivo di un Periplo, perché fare critica è accendere una luce sul presente, cercare, riconoscere, intuire, scegliere ma anche costruire dei legami: con le opere, con gli artisti, con i luoghi».

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