È un vero e proprio museo diffuso, quello organizzato in occasione del 450° anniversario della morte di Lorenzo Lotto (1480 – 1556-57?). Da attraversare infatti non sono le sale di un museo o di una mostra monografica, ma un paesaggio, quello marchigiano, dalle colline al mare, per ritrovarlo nei dipinti. Si, perché gli scenari naturali di Lorenzo Lotto non sono mai visioni o paesaggi ideali. Quel mare è l’Adriatico, che si proietta sulla lontana Venezia.
È nelle Marche, dopo aver lasciato la laguna e la bottega di Giovanni Bellini, per Treviso prima e Bergamo poi, che Lotto arriva per la prima volta nel 1506 invitato dai domenicani di Recanati. A questa regione rimarrà sempre legato e tornerà per trovare conforto dopo i periodi trascorsi a Roma, dove partecipa alla decorazione degli appartamenti di Giulio II, e poi di nuovo dopo il difficile ritorno a Venezia, dove la scena artistica è occupata da Tiziano.
24 le opere e 7 i comuni che hanno aderito all’iniziativa: si arriva ad Ancona per poi entrare a Jesi, Recanati, Mogliano, Montesangiusto, Cingoli, Loreto dove Lotto, diventato oblato della Santa Casa, si spense in una data imprecisata tra il 1556 e il 1557.
Il periodo marchigiano viene considerato il più inquieto dell’artista, un’inquietudine e una crisi interiore capaci, nella disperazione e solitudine, di far uscire il genio. È la disperazione che si legge nella forza dei colori, nella leggerezza delle trasparenze, nell’umanità dei volti, nella commozione e nella
La Deposizione di Jesi (1512), di cui si avverte tutta l’influenza fiamminga, ma anche influssi della pittura di Raffaello, racchiude l’intera enciclopedia di reazioni nei confronti della morte, del lutto, del dolore e della disperazione, incarnata nella rabbia di Giuseppe d’Arimatea, come la definisce Loretta Mozzoni, co-organizzatrice dell’evento e direttrice della Pinacoteca di Jesi.
Lotto, come Carpaccio, ha la capacità di traslare in sintesi un forte carattere narrativo, e in silenzio può raccontare storie complesse come quella contenuta nella Pala di S. Lucia (1532): disarmante la timida forza della Santa, la sua fiera immobilità contro la folla impazzita e l’inappellabile giudizio di Pascasio.
Il percorso lottesco continua alla pinacoteca di Recanati -occasione per rispolverare le liriche leopardiane- dove, tra le altre opere, ci si trova di fronte alla celebre Annunciazione (1527- 29). Nell’ambiente domestico è ipnotizzante lo sguardo penetrante della Vergine, piena di umanità e paura; il celebre gatto si agita e fugge e l’Arcangelo Gabriele porta un messaggio. Ogni personaggio ha il suo ruolo e l’ordine perfetto viene rotto dal “tuffo” irruento dello Spirito Santo. La Trasfigurazione (1512), opera del periodo romano, considerata anche la prima opera manieristica della pittura italiana, presenta una composizione geometrica molto forte.
Il percorso prosegue lasciando le sale dei musei per entrare in luoghi più intimi come la chiesa di Santa Maria in Telusiano a Monte San Giusto, che seppur piccola ospita quello che è considerato il capolavoro dell’artista, la Crocefissione (1539). L’opera, commissionata dal vescovo Nicolò Bonafede, presenta tre piani di lettura su cui svettano
Il viaggio lottesco, seguendo la via cronologica, può terminare a Loreto, dove nel Museo della Santa Casa sono presenti nove opere. Opere fortemente votive, come il San Cristoforo, San Rocco e San Sebastiano o l’Adorazione dei magi, ricordano un Lotto che sta attraversando nel misticismo la fine dei suoi giorni, più spento nei colori, ma non meno geniale.
Si rimarrà sorpresi nello scoprire o ritrovare tante opere legate da una linea sottile, quella del paesaggio lottesco. L’evento sarà anche occasione di studio attraverso una serie di convegni previsti tra il 4 e il 20 aprile 2007 a cui parteciperanno, tra gli altri, Pietro Zampetti, Pierluigi De Vecchi, Augusto Gentili e Vittorio Sgarbi.
barbara martorelli
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