NON SOLO BIENNALE

di - 31 Maggio 2009
Risalendo la via d’acqua più bella del mondo in direzione San Marco, girando l’ansa che il Canal Grande descrive in prossimità di Ca’ Foscari, si sviluppa un percorso artistico e culturale unico, per ricchezza e varietà, che vede susseguirsi nell’ordine Palazzo Grassi, Ca’ Rezzonico, le Gallerie dell’Accademia, la Fondazione Peggy Guggenheim, a breve la Punta della Dogana restituita alla città dall’intervento di Monsieur Pinault. E, passando per l’area marciana, verso i luoghi storici della Biennale e della contemporaneità.
Dal prossimo giugno (l’inaugurazione è programmata per mercoledì 3), sul percorso s’inserirà di diritto lo spazio dedicato al grande artista veneziano, protagonista delle principali esperienze artistiche italiane del Novecento (Corrente, Fronte nuovo delle arti, Gruppo degli Otto). A pochi anni dalla morte di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) e della moglie Annabianca, figura di assoluto rilievo nella vita dell’artista, e a quindici circa dai primi abbozzi di progetto, nasce infatti a Venezia la Fondazione a loro dedicata.
Che è stata presentata il 29 aprile dal presidente Alfredo Bianchini, dal curatore scientifico Germano Celant, dal sindaco Massimo Cacciari e dal direttore Fabrizio Gazzarri, che del maestro è stato l’ultimo assistente, proprio in quei Magazzini del Sale, lungo la fondamenta delle Zattere, dove prenderà vita la Fondazione e nei quali Vedova trascorse gli ultimi trent’anni della sua carriera, poco lontano dall’abitazione e dall’Accademia di Belle Arti, dove tenne una cattedra dal 1975 al 1986. Soprattutto, cosa ben più rilevante, nei luoghi fluidi e perennemente in movimento – grazie all’abbondanza di acqua e di luce – che tanto hanno significato per l’artista (“Negli stessi luoghi mi auguro trovi spazio la parte museale della Fondazione”, scriveva agli inizi degli anni ’90) e che così a fondo ne hanno influenzato l’opera.
Renzo Piano, amico e profondo conoscitore di Vedova – si conobbero nel 1984, collaborando alla messa in scena del Prometeo musicato da Luigi Nono -, artefice del progetto, reinventa l’area proprio sull’alternanza di luce e ombre, riproponendo, anzi esaltando nella sacralità dello spazio espositivo le abitudini che hanno caratterizzato l’artista in vita.
È il rituale d’accoglienza che era riservato agli ospiti, lentamente introdotti in uno spazio che dalla luce abbacinante della riva immetteva in una sorta di buia caverna, dalla quale le opere uscivano grazie a un sistema di carrucole da lui stesso progettato (o talvolta portate dagli assistenti). In ogni caso, opere in movimento verso i visitatori, a concepire forme di fruizione scenografiche e innovative e interazioni dinamiche con le architetture. Dal magazzino, in fondo alla lunga sala (metafora atemporale del museo, casa delle Muse) le opere usciranno cadenzate, trasportate da un congegno meccanico-robotico programmabile – in altezza, nel ritmo espositivo – per materializzarsi davanti agli occhi degli spettatori.
Salve così le pareti degli storici magazzini della Serenissima, vincolate dalla Sovrintendenza; salvo soprattutto lo spirito del luogo, ancora pregno della carismatica quanto sobria presenza dell’artista. Ci si augura soltanto, in attesa di osservare la prima serie di lavori selezionati da Celant – circa trentacinque tra dischi e tondi del recente periodo 1982-95 -, che lo spazio sappia riscoprirsi, grazie al centro e alla scuola di restauro che sorgeranno lì vicino, come luogo vitale di scambi e confronti.
Dell’iniziativa abbiamo parlato con Alfredo Bianchini, Presidente della Fondazione.

Come siete riusciti a ottenere questo luogo veneziano così significativo per Emilio Vedova?

Gli antichi Magazzini del Sale rappresentano uno spazio a cui Vedova era fortemente legato, anche per la sua ubicazione alle Zattere. Ancora in vita, aveva ottenuto qui un piccolo deposito e, con Renzo Piano, più volte aveva accennato all’idea di uno spazio espositivo in questa sede. Visto l’amore di Vedova nei confronti di questi spazi, e il suo fondamentale intervento per evitare che venissero trasformati in piscina, il Comune si è dimostrato sensibile alla nostra proposta e ci ha concesso l’utilizzo dei Magazzini come nuova sede espositiva della Fondazione.

La concessione di questi spazi è vincolata nel tempo?
L’accordo con il Comune è trentennale e prevede da parte della Fondazione l’assunzione di tutti i costi. La presenza della Fondazione garantisce un nuovo polo espositivo e culturale di alto pregio, inserito nel percorso urbano e rivolto alla comunità intera. La Fondazione organizzerà anche mostre di altri artisti e si farà carico dell’apertura di un Centro del Restauro delle opere d’arte contemporanea.

Qual è la programmazione prevista? È già attivo un nuovo organico per supportare queste attività? Quando aprirà il Centro del Restauro?

Per il momento le nostre energie sono focalizzate nell’allestimento delle opere di Vedova a cui la nuova sede sarà interamente dedicata, almeno fino al prossimo anno. Missione prima della Fondazione è di studiare l’opera di Vedova e, a partire dall’archivio curato da Annabianca, redigere il catalogo completo delle opere del maestro. A questi due poli si affianca la valorizzazione dei giovani artisti. Fra le attività già in programma, nostro desiderio è riportare a Venezia la struttura del Prometeo, rimontarla e ridarle vita attraverso nuovi utilizzi. Per quanto riguarda invece l’esposizione di altri artisti, questa si affiancherà a partire dal 2010, mentre l’apertura del Centro del Restauro è prevista tra il 2010 e il 2011.
I soggetti che stanno collaborando all’ambizioso progetto allestitivo sono tutte personalità di grande spicco. È stato difficile riuscire a coordinarle?
Per realizzare un progetto di tale valore ci siamo avvalsi esclusivamente di persone di alto profilo. Talvolta il coordinamento si è rivelato delicato o complicato, ma l’intelligenza di tutti, nonché l’obiettivo comune e il punto di tangenza chiaro nella dedizione per Vedova, ha portato a un buon lavoro.

L’unicità del progetto, l’allestimento ardimentoso, nonché l’utilizzo di macchinari di precisione deve aver comportato dei costi elevati. A quanto ammonta la cifra?
Preferisco non rispondere a questa domanda. Anche perché tutti i conti andranno rifatti alla fine. La Fondazione è comunque un’entità privata che può contare anche sulla presenza di sponsor come la Fondazione Veneto Banca, che ci sta sostenendo in questa avventura.

È stata trovata una risposta sicura alla movimentazione delle opere?

Siamo ancora alle fasi sperimentali. Si è optato per un percorso lento, ma gli aggiustamenti definitivi avverranno sul campo. Il dispositivo ci consente comunque una grandissima flessibilità di allestimento e corrisponde all’idea di Vedova delle opere in movimento nello spazio. È un concetto che trova nell’architettura di Piano il suo ideale completamento, grazie alla realizzazione di uno spazio immateriale, fondato sulla leggerezza e sulla luce. Per questo preferiamo al termine museo l’espressione “spazio espositivo”, che meglio richiama il principio dell’esposizione mutevole e di una proposta variabile.

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intervista a cura di paola de troia


Inaugurazione: 3 giugno 2009 ore 11.30 su invito
Fondazione Emilio e Annabianca Vedova
Curatore: Germano Celant
Progetto architettonico: Renzo Piano
Calle dello Squero (Dorsoduro 46 – Zattere) – 30123 Venezia
Info: info@fondazionevedova.org; www.fondazionevedova.org

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