È una giornata calda e su quello che è uno dei punti più alti di Roma si apre un panorama che racchiude, in un solo sguardo, centinaia di cupole e tetti. Il piazzale antistante all’edificio rinascimentale dell’Accademia di Francia – Villa Medici pullula di turisti, di cui solo una minuscola percentuale frequenta le esposizioni dedicate alla ricerca contemporanea.
Presentata per la prima volta da Christian Boltanski e Hans Ulrich Obrist nel 1995 alla Serpentine Gallery di Londra e, a partire dal 2015, in versioni sempre differenti, a Parigi, Copenaghen, New York, Buenos Aires e Milano, “Take Me (I’m Yours)” è un’esposizione collettiva che reinventa le regole con cui si fa esperienza di una mostra e mette ancora una volta in discussione lo statuto stesso dell’opera d’arte. L’edizione a Villa Medici, curata dai suoi padri fondatori assieme a Chiara Parisi, vede ben 89 artisti (a fronte dei 12 dell’originale) cimentarsi con il progetto, numero che include anche i pensionnaires oggi in residenza all’Accademia.
Nato da una conversazione tra Christian Boltanski e Hans Ulrich Obrist, il progetto prende spunto da un’opera dello stesso Boltanski, Dispersion (1991-2018), una gigantesca installazione di stracci che possono essere portati via dai visitatori. A partire da questa suggestione, i due decidono di traslare il format su un’intera mostra, in Take Me (I’m Yours) il pubblico è invitato a interagire con le opere (secondo il criterio caro a Nicolas Bourriaud dell’arte relazionale), prendendo, scambiando, consumando, modificando, comprando, barattando, attivando.
Félix González-Torres © Daniele Molajoli
Facendosi autore di una seconda vita dell’opera, il pubblico innesca un processo di svuotamento e dispersione, solo quando gli oggetti in mostra saranno completamente esauriti e disseminati nel mondo e gli spazi espositivi avranno assunto l’estetica da outlet in fine stock, la mostra sarà conclusa.
L’operazione determina così uno sdoppiamento di significato: i visitatori possono scegliere, di volta in volta, se riattivare gli elementi collezionati utilizzandoli come oggetti o se conservarli come opere d’arte.
L’epilogo è semplice ma efficace, non è più l’establishment artistico a scegliere cosa può essere o meno un’opera, la definizione viene affidata al pubblico. O meglio, all’interno dello spazio espositivo le leggi che determinano il valore di un oggetto sono ancora attivate ma, sottratta a questo ambiente e senza essere stata barattata con un altro bene dello stesso valore, un’opera d’arte può fluidamente attraversare il suo statuto cambiando condizione e definizione.
Arthur Danto ritorna potentemente, con l’idea che l’opera d’arte sia un portatore di significati che trascendono il medium e che, quindi, non è l’oggetto fisico a determinare il suo statuto ma il significato che veicola assieme alle implicazioni sociali, economiche, politiche che comporta.
Ed è così che Cesare Pietroiusti si prende gioco di tutte le dinamiche di mercificazione dell’arte, distribuendo disegni con tanto di firma (Distribuzione gratuita di disegni, 2005), mentre Pedro Victor Brandão posiziona in un angolo un bancomat che trabocca di reàis brasiliani parzialmente stampati in magenta (Untitled (Banknotes), 2011-18), sottolineando la fragilità della convenzione sociale che dà valore alla cartamoneta.
Take me I’m yours, vista della mostra, Villa Medici, © Daniele Molajoli
La mostra s’inserisce negli spazi meno evidenti di Villa Medici e conduce i visitatori in un percorso che attraversa le cisterne romane sotterranee – dove si trovano, tra gli altri, i progetti perfettamente congrui di Gianfranco Baruchello (History Fragments, 2018), Carsten Höller (Phenylovethylamour, 1993-2018) e Mario Garcia Torres (This Story Is No Longer Available, 2018) – e il porticato antistante i giardini della Villa.
Dispersion (1991-2018), presente anche in questa come in tutte le edizioni, svetta in piramidi sparpagliate su una scalinata dalle volte alte, altissime, e tutti quegli stracci all’interno dell’armonico ed elegante edificio cinqucentesco creano una straniante giustapposizione con uno scenario da suq arabo, facendo pensare a un’Europa che ha fatto della creolizzazione la sua condizione d’essere – sempre riprendendo Bourriaud – al di là del colonialismo e dell’identità occidentale.
Il 6 ottobre 1978, Chris Burden realizzò una performance dal titolo In Venice Money grows on trees, sul boardwalk di Venice, Los Angeles, attaccando alle foglie di una palma nana delle banconote da 1 dollaro. Nonostante fossero disposte piuttosto in vista, con stupore dell’artista, molte delle banconote restarono attaccate per più di due giorni: l’atto del dono è un atto così sovversivo che non viene facilmente accettato dalla società, poiché va contro ogni regola veicolata. Allo stesso modo, molti dei visitatori di Villa Medici restano sorpresi quando gli viene consegnata una busta di carta riciclata targata “BOLTANSKI” e gli vengono spiegate le regole del gioco.
“Take Me (I’m Yours)” è una di quelle azioni che assolvono alla funzione di interstizio, ossia alla creazione di uno spazio in cui si creano alternative di vita possibili.
Vittoria Pavesi
Lista degli artisti in esposizione:
aaajiao, Etel Adnan, Giulia Andreani, Juan Arroyo, Micol Assaël, Artur Barrio, Gianfranco Baruchello,
Éric Baudelaire, Boris Bergmann, Christian Boltanski, Mohamed Bourouissa, Pedro Victor Brandão, Paulo Bruscky, James Lee Byars,
Luis Camnitzer, Cao Fei, Maurizio Cattelan, Liliana Cavani, Lise Charles & Aurélien Dumont, Ian Cheng & Rachel Rose, Claire Fontaine,
Alvin Curran (& Maxime Guitton), Patrizio Di Massimo, David Douard, Maria Eichhorn, Simone Fattal, Hans-Peter Feldmann, Andrea Fraser, Charles Gaines, Martino Gamper, Mario García Torres, Alberto Garutti, Cyril Gerbron, Gilbert
& George, Dominique Gonzalez-Foerster, Felix Gonzalez-Torres, Joseph Grigely, Ho Rui An, Carsten Höller, David Horvitz, Fabrice Hyber, Invernomuto, Alex Israel, Alison Knowles, Koo Jeong A, Armin Linke, Franck Krawczyk, Ugo La Pietra, Fernanda Laguna, Claire Lavabre, Marc Leschelier, Felice Levini, Jorge Macchi, Angelika Markul, Annette Messager, Bruce Nauman, Rivane Neuenschwander, Otobong Nkanga, Yoko Ono, Luigi Ontani, Philippe Parreno, Diego Perrone, Cesare Pietroiusti, point d’ironie, Emilio Prini, Faith Ringgold, Roque Rivas, Martha Rosler, Anri Sala, Tomás Saraceno, Moussa
Sarr, Tino Sehgal, Stéphanie Solinas, Daniel Spoerri, Wolfgang Tillmans, Rirkrit Tiravanija, Franco Vaccari, Francesco Vezzoli, Danh Vo, Lawrence Weiner, Franz West, Odysseas Yiannikouris & Alessandra Monarcha.