Lo scorso anno, la prima edizione del Festival dell’Arte Contemporanea si chiuse con un bilancio di partecipazione più che ragguardevole: circa 10mila visitatori e un’accoglienza entusiasta della critica. Si direbbe che l’appuntamento 2009 della manifestazione faentina, in programma da venerdì a domenica prossimi, voglia proseguire in crescendo la già apprezzata ouverture.
Se l’edizione passata,
Futuro presente/present continuos, apriva il dibattito sull’attuale sistema combinato di arte, mercato ed esposizione, quest’anno il festival, forte delle conclusioni del 2008, prosegue il discorso e concentra il proprio sguardo su uno dei trend globali che si riscontrano nell’arte contemporanea. L’imminente manifestazione è intitolata, infatti,
On biennals/Tutto sulle biennali. Un focus escogitato dalla direzione scientifica – composta dal trio Carlos Basualdo, Pier Luigi Sacco e Angela Vettese – alla luce della continua nascita di grandi eventi espositivi a cadenza periodica.
Poiché se noi italiani, come suggerisce Angela Vettese, “
possiamo rivendicare un primato che è soprattutto temporale” nell’ambito del fenomeno della biennalizzazione delle mostre d’arte, abbiamo il dovere d’interrogarci sulla motivazione che ha spinto, negli ultimi decenni, alla fondazione di decine di manifestazioni che hanno fatto arrivare il numero di biennali presenti a livello mondiale a circa ottanta, di cui cinquanta attive solo nel 2008.
Si delinea così come un fenomeno prima di tutto sociale – che sembra esser entrato nell’immaginario collettivo,
coinvolgendo scenari emergenti attraverso un confronto tra culture diverse – quello che verrà approfondito attraverso il fitto sistema di incontri, dibatti, interviste e tavole rotonde, il tutto strutturato in cicli tematici.
Nei giorni in cui la metropoli italiana del Nord è animata da Miart, anche una piccola realtà come Faenza – da un paio d’anni all’avanguardia sul piano delle iniziative culturali, grazie all’avvio del progetto del distretto culturale evoluto – popola piazze, auditorium e teatri, vivacizzando l’operosità di istituzioni già di per sé artisticamente rilevanti, come il Museo Internazionale delle Ceramiche o il neoclassico Palazzo Milzetti.
Doveroso iniziare con le anticipazioni degli eventi a venire attraverso gli incontri
coming show: primo ospite sarà Daniel Birnbaum, direttore della 53esima Biennale di Venezia, seguito dai curatori del Padiglione italiano, che sarà immancabilmente dedicato al confronto con il Futurismo. In seguito si apriranno occasioni per gettare un ponte verso un futuro più lontano, con le interviste a Francesco Bonami, curatore dell’edizione 2010 della Biennale del Whitney, o a Carolyn Christov-Bakargiev, che dirigerà l’attesa Documenta 13 di Kassel nel 2012.
Grandi figure di curatori, divenute tasselli portanti nel sistema dell’arte mondiale, avranno occasione di valutare il proprio lavoro nel ciclo
le biennali dei curatori, che vede influenti personalità curatoriali dibattere sul ruolo pubblico che l’esibizione instaura con il contesto. A fare da contraltare saranno
le biennali degli artisti, in cui i protagonisti delle rassegne chiariranno la loro poetica e racconteranno l’importanza di una partecipazione alle biennali. O, viceversa – come nel caso di
Cesare Pietroiusti – sosterranno il valore artistico di glissare una convocazione, “girando” l’invito ad altri artisti.
Ancora gli artisti saranno i protagonisti della vera novità di quest’anno,
dentro l’opera, una serie di dialoghi in cui autore e curatore si concentreranno sulla valutazione di un’opera particolarmente significativa e controversa esposta in biennali passate. Ad aprire gli approfondimenti, due giganti del mondo dell’arte:
Jannis Kounellis e Achille Bonito Oliva.
Tappa importante nel percorso di riflessione è il ciclo
biennali nella storia e nella società: occasioni per contestualizzare a livello storico-critico il festival e i suoi partecipanti, grazie ai contributi di studiosi come Bruce Altshuler, che nel suo recente libro
Salon to Biennal ripercorre la storia dell’arte attraverso le mostre più significative dalla fine dell’Ottocento a oggi.
Presupposto imprescindibile in ogni critica rimane infine la considerazione delle cosiddette “arti applicate”, che negli ultimi anni hanno allargato la loro influenza a campi meno “ortodossi” come il food design, la moda e la scena musicale underground. Campi d’interesse che saranno presi in considerazione nelle interviste di
contaminazioni.
Un programma, dunque, senz’altro ricco di spunti. Un invito succulento per ideare un percorso Milano-Faenza, in questo weekend insolitamente
art-oriented.
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Questo Festival mi sembra veramente il simbolo della crisi culturale e non solo che stiamo vivendo in italia e nel mondo. Gli artisti sono totalmente soffocati da questa classe curatoriale e di chiaccheroni. Mentre i galleristi sono (giusti) commerciali e i collezzionisti cechi consumatori. Questi curatori e critici che per evitare di lavorare organizzano tavole rotonde per parlarsi addosso e fare gli artisti con le parole.
Condivido pienamente quello detto da Luca.
Tre giorni dedicati all'arte? Le primedonne sono i curatori.
Gli artisti accantonati per lasciar sfogare la bramosia di apparire della classe curatoriale.
Speriamo che questo incontro manifesti l'inutilità di tutta questa gente che non vive per l'arte ma per distruggerla!
geniale organizzarlo durante il MiArt...la presunzione di certa gente non ha confini