PARTENZA CON LO SCATTO

di - 21 Settembre 2008
Seppur con notevoli ritardi rispetto ad altre realtà europee e agli Stati Uniti, le relazioni e le collaborazioni tra contemporaneo e istituti bancari nel nostro Paese sono state nell’ultimo decennio progressivamente più proficue, grazie a un clima culturale maggiormente aperto e a una sensibilità nei confronti dell’arte in forte crescita. Molte banche hanno infatti intuito come lo sviluppo della ricerca artistica sia un fattore di crescita non solo socialmente da desiderare, ma anche necessariamente da perseguire, e hanno – con strategie differenti – messo a disposizioni capitali e risorse, talvolta ingenti.
È in questo contesto che si inserisce il progetto Scatto di partenza, che Deutsche Bank ha voluto realizzare in Italia portando avanti un’esigenza già maturata in seno al gruppo (che risulta essere, per quanto riguarda l’arte contemporanea, il maggior collezionista aziendale del mondo, con oltre 50mila opere raccolte a partire dagli anni ‘70.
È così che, a partire dal 2006, nelle occasioni di apertura di una filiale private (dedicata cioè a clienti con uno spiccata propensione all’investimento) l’istituto di credito si è fatto committente e ha prodotto una ricerca fotografica sul territorio cittadino in piena libertà, non vincolando gli artisti ad alcun obbiettivo né finalità aziendale. Sono nati così dei portfolio che hanno raccontato alcuni degli aspetti del tessuto urbano o che hanno catturato alcune delle suggestioni paesaggistiche e ambientali del luogo, ciascuno dotato di struttura, storia e vitalità differenti, nella consapevolezza che, come sintetizzato nel concept, “senza conoscenza del passato non c’è presente, non può esserci valore, non ci sarà futuro”.

Parte proprio da questo punto di vista il progetto realizzato da Elena Lattanzi per Brescia. Le sue immagini di piazza della Loggia o delle rovine archeologiche (due antiche colonne con trabeazione inquadrate dal basso e rivolte al cielo) sono infatti emblemi di una città che è vissuta nella storia ma che da questa non è soffocata, come testimoniano invece le foto che ritraggono i tetti del centro storico che degradano progressivamente verso la periferia industriale e i grandi edifici moderni: un’analisi e nel contempo una critica, o forse la necessità di ricomporre quello che parrebbe uno strappo tra antico e moderno.
Similmente anche il lavoro realizzato da Wang Wei su Castellamare di Stabia mischia e fonde gli elementi contrastanti tra insediamento urbano e mare, tra il porto e l’interno di una casa a cui si sovrappongono le possibili visioni del mondo. Metafora probabile del dialogo necessario tra presente e futuro che incalza, cui anche la banca è inevitabilmente chiamata a dare risposte.
Il connubio arte e finanza è stato uno dei punti nodali sin dall’origine del sistema bancario – come testimoniano i numerosi casi di mecenatismo dei banchieri fiorentini e senesi a partire dal Quattrocento, oppure il caso dei Fugger in ambiente tedesco – ma sono assolutamente mutate sensibilità e motivazioni. Non sono infatti gloria eterna e autocelebrazione a essere ricercate dalla banca nell’arte, come accadeva un tempo, quanto piuttosto, come ci racconta Francesco Cascino, ideatore del progetto, una rappresentazione “dell’anima stessa delle sue competenze e delle sue conoscenze; ma anche della sua esperienza e della sua vicinanza alla cultura”. Sono mutati quindi i presupposti di natura sociale ed economica e l’istituzione non cerca conferme culturali della propria affermazione bensì stimoli e sproni per la comprensione della contemporaneità, “intesa come visione globale di un mondo complesso e stratificato”.

In quest’ottica è l’operazione più che il contenuto artistico-visivo a essere il fattore di interesse per l’azienda, che può in questo modo giovarsi del cambio di percezione che l’artista offre “spostando in avanti l’immaginario collettivo coinvolto”. Consapevolmente quindi la banca in questo modo trae beneficio dall’opportunità di rappresentare punto di origine (e non di destinazione) di un processo creativo e opera con l’ambizione di essere, a suo modo, fonte di ingegneria sociale.
Nelle città che finora sono state coinvolte nel progetto (Varese, Brescia, Piacenza, Parma, Perugia, Castellamare di Stabia, Monopoli), Scatto di Partenza ha permesso a Deutsche Bank di presentarsi “con un omaggio invece che con una richiesta d’attenzione, regalando alla comunità, di volta in volta, un’interpretazione di alto profilo delle caratteristiche e delle atmosfere presenti in città”. Nel contempo è vero che in questo modo -seppure a lunga scadenza- il progetto diventa un investimento in capitale immateriale e permette di favorire la creazione di un marchio che ha in sé i connotati di un alto livello di qualità, poiché sarà percepito come dotato di forte apertura mentale e capace di creare opportunità. E se per quanto riguarda lo sviluppo del brand l’operazione risulta avere delle ricadute positive, gli effetti in campo artistico della presenza di un committente di prestigio sono ovvi e facilmente percepibili.

Giova ricordare come il progetto di Deutsche Bank, seppure con molte differenze, abbia una somiglianza culturale con la famigerata e disattesa “legge del 2%” sulla costruzione degli immobili pubblici, anche se contesto e finalità sono mutati. Nel momento di insediamento o di avvio di una istituzione pubblica piuttosto che di una impresa, troviamo la stessa volontà di coniugare l’interesse per l’arte (capace di ricadute di natura socio-culturali) declinata con la necessità di raggiungere e comunicare con la comunità che quel luogo abita, usa, vive.
Sarà sempre più una sfida che le aziende moderne saranno costrette ad accettare. Non solo per presentarsi con migliori credenziali rispetto la concorrenza, ma anche per dare, con il valore aggiunto della ricerca artistica, opportunità nuove a questo Paese.

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a cura di daniele capra

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