Un tempo sospeso tra il passato e il presente, una linea di demarcazione netta che invita il fruitore/lettore a collocarsi lì, nello spazio sospeso che si crea tra ciò che è scritto/letto e ciò che i significanti offerti allo sguardo potrebbero fedelmente tradurre. Tempo, ma nuovo. Significato, ma non traduzione letterale. Una finestra senza vento, piuttosto, un’aura di colore in cui fermarsi per cercare il senso che l’artista – e poi chi osserva – costruisce intorno alle frasi e alle parole scelte, selezionate, “prese in prestito”. Questo regala Joseph Kosuth, uno degli artisti e teorici più rappresentativi dell’Arte Concettuale, che torna ad esporre in Abruzzo e questa volta torna a farlo a Pescara, nella Galleria Vistamare di Benedetta Spalletti con la personale “Maxima Proposito (Ovidio)”, inaugurata a fine novembre. Un percorso tracciato con acume dall’artista per omaggiare il pensiero e le opere letterarie di uno dei più prolifici poeti conosciuti al mondo: Publio Ovidio Nasone, il poeta che cantò l’Amore e che nacque il 43 a.C. a Sulmona, e di cui quest’anno ricorre il Bimillenario della morte.
Joseph Kosuth – Maxima Proposito (Ovidio) 2017 – Courtesy the artist and Vistamare. Photo Filippo Armellin
Entrare nelle atmosfere di “Maxima Proposito (Ovidio)” vuol dire toccare con mano la ricerca di chi negli anni ha indagato le operazioni più tipiche e clamorose del Concettuale, analizzando la sfera dei significati, dei “lessemi”, guardando ad essi con fascino e con la consapevolezza che nella semiotica è possibile trovare una realtà non certo inferiore a quella dei fenomeni realistici ed estetici. Basti ricordare uno dei più conosciuti aforismi di Kosuth – Art as Idea as Idea – per comprendere che la pratica artistica – con lui e tramite lui – verrà vissuta come progetto semiotico, come “proposizione analitica”. È l’artista stesso a dichiararlo: «Si dovrebbe considerare la mia attività artistica come un’attività distinta dall’elaborazione di “opere” individuali importanti. Le mie attività consistono in una serie di investigazioni che contengono proposizioni su/riguardo a/l’arte. Ogni elemento di una proposizione (artistica) è solo quello funzionante in un contesto più ampio (la proposizione) ed ogni proposizione è soltanto un elemento funzionante in un contesto più ampio (l’investigazione)» (da “Information”, MoMA, N.Y. 1970).
Ed è con questo approccio che è possibile accogliere e comprendere senza eccessiva meraviglia o pregiudizievole dissenso le opere presentate da Kosuth a Pescara, opere che l’artista espone come una selezione di scritti in inglese e in latino e che – insieme – cuciono un’unica trama e trovano il loro significato contestualizzandolo all’interno delle stanze della Galleria Vistamare. Un progetto site-specific, dunque, in cui ogni frammento poetico tratto dagli scritti di Ovidio si dota di una propria vita e di un proprio senso, ma in cui ogni parola respira contemporaneamente nell’architettura d’insieme dello spazio espositivo, donando al fruitore il senso di una costellazione multicolore, una nebulosa di antico sapore contemporaneo.
Joseph Kosuth – Maxima Proposito (Ovidio) 2017 – Courtesy the artist and Vistamare. Photo Filippo Armellin
Diversi i colori scelti da Kosuth per invitare a partecipare alla storia di Ovidio nelle citazioni individuate e poi affiancate dagli scritti in inglese. E non c’è volontà di fedele traduzione, ma specifica e consapevole costruzione di senso che solo l’osservatore potrà completare. È questo che l’artista vuole, è questo che l’artista progetta con il suo conosciuto e apprezzato modus operandi. Installazioni al neon montate direttamente a muro che si aprono a cromie molteplici a seconda delle stanze: yellow, violet, cobalt blue, ruby red. Un segno ben chiaro che dal “Dulce/So weet” della stanza dedicata ai disegni su carta sconfina nel “Tecum, venitque manetque/With you it comes, with you it stay” della stanza gialla, al “Nam palcuisse nocet/Perfection brings destruction” della stanza viola, per arrivare alla forza del canto d’amore in “Omnis amans militat/Every lover makes war” della stanza blu cobalto e al “Venus ventus temerarus/Venus favors the bold” della stanza rosso rubino. Si esce dalla mostra con la voglia di tornare, per godere di nuovo delle atmosfere create e per restare aggrappati per qualche minuto ancora a quelle citazioni classiche vivificate da un impattante colore, così luminescenti e così lontane dal piede storico contemporaneo, eppure ancora così significative e così immortali. Aveva ragione Ovidio: “Quod cupio mecum est”.
Alessandra Angelucci