04 luglio 2013

Per-formare il museo

 
La scommessa del nuovo Madre è molto chiara: creare un museo interattivo e radicato nel territorio. Spazio quindi a social, App e a un paio di progetti, YOUMADRE e Re-PUBBLICA MADRE, con cui confrontarsi con la città. Posta in gioco ambiziosa, quindi. Che non perde d’occhio lo zoccolo duro di ogni museo: la collezione, che prova a ricostruire, e la qualità delle mostre. Imperdibile quella di Thomas Bayrle

di

Feuer im Weizen (Portfolio), 1970/1971, Courtesy l’artista, Galerie Barbara Weiss, Berlin Foto © Gavin Brown’s Enterprise, New York and Galerie Francesca Pia, Zurich
Si potrebbe definire “Solstizio del Madre”, la giornata che ha aperto il week end dell’arte contemporanea a Napoli nel primo giorno d’estate, riconfermando il protagonismo del Museo Donnaregina nella sua rinnovata versione. Per segnare il passaggio alla nuova stagione il Madre, è stato completamente ridisegnato in ogni suo aspetto, dalla grafica assolutamente minimal, che ha mantenuto ed esteso il colore giallo a tutti gli apparati comunicativi, all’allestimento, dalle opere in collezione permanente, agli spazi dedicati alla ricerca e alla sperimentazione.  La parola chiave intorno prende corpo la nuova vita del Madre è “Performatività”: il museo, crocevia della cultura contemporanea, si propone come strumento di comunicazione tra l’arte e il territorio, ridefinendo continuamente la propria identità e funzione. Per_FORMARE IL MUSEO dà il titolo a una serie di programmi volti a stabilire uno scambio osmotico tra l’interno e l’esterno della struttura, fino a raggiungere il web mediante i social network, e una piattaforma di condivisione video aperta a tutti: YOU MADRE NAPOLI, il cui intento è ripensare il museo, attivare una progettazione condivisa e permettere alla collettività di ritrovarvi se stessa.
Thomas Bayrle, M-Formation, 1970, Courtesy of Barbara Weiss Gallery, Berlin
Superata la soglia di ingresso e l’antico portone completamente ritinteggiato in giallo – una delle operazioni di corporate identity del museo – si accede allo spazio sul cui fondo un sipario realizzato da Lino Fiorito – che sarà periodicamente commissionato ad artisti, architetti e designer diversi – ci introduce a Re_PUBBLICA MADRE. Questo è il titolo assegnato all’ex spazio polivalente che sottolinea l’identità del progetto voluto dal direttore Andrea Viliani: una vera e propria agorà in cui il pubblico può sentirsi parte attiva del museo in divenire e che non a caso ospita l’opera di Nanni Balestrini Tristanoil (2012), “il film più lungo del mondo”, un’opera – già presentata a dOCUMENTA (13) – che dà il senso del continuum e che si inserisce perfettamente nell’idea dinamica del nuovo museo. Al centro è collocata una tribuna che accoglierà dibattiti, presentazioni e attività didattiche, mentre sulla parete di destra sono state posizionate grandi lavagne magnetiche su cui è possibile fissare progetti, consigli e proposte. Sul lato opposto si trova, invece, una Camera_Critica, un box che registrerà le riflessioni dei visitatori sul museo che saranno proiettate su schermi distribuiti in diversi punti della città. Accanto la Lavagna Campania_Contemporanea riporta gli eventi presenti sul territorio, punto di riferimento e di aggiornamento per il pubblico. La “social room” è anche dotata di wi-fi, è quindi possibile scaricare un’app e seguire il percorso della collezione sul proprio smartphon, aderendo dunque all’imprinting innovativo del progetto di Viliani in cui la tecnologia ridefinisce il rapporto con il museo. 
Mario Garcia Torres - Today New From Kabul, 2006. Courtesy the artist and Jan Mot, Bruxelles / Città del Messico
“Performativa” anche la raccolta di opere permanenti con il progetto: PER_FORMARE UNA COLLEZIONE a cura di Alessandro Rabottini ed Eugenio Viola. L’obiettivo è accrescere la collezione esistente creandone una che radichi e renda riconoscibile il Madre sul territorio nazionale ed internazionale. La politica della nuova gestione è fare rete, prova ne è l’appoggio delle più importanti Gallerie napoletane, tra cui Lia Rumma, Raucci-Santamaria, Studio Trisorio, T293, e delle istituzioni pubbliche e private del settore, come la Fondazione Morra Greco, la Fondazione Morra, l’Accademia di Belle Arti, per citarne solo alcune, che hanno contribuito alla formazione della nuova raccolta, senza le quali il Madre non avrebbe potuto riaprire. La collezione in progress al momento annovera opere di Domenico Bianchi, Marinella Senatore, Lino Fiorito, Nanni Balestrini, Gianfranco Baruchello, Allan Kaprow, Sam Falls, Living Theatre, Carlo Alfano, Joseph Kosuth, Joseph Beuys, Tomaso Binga, Carl Andre, Tim Rollins + K.O.S.(Kids of Survival), Lawrence Weiner, Arrigo Lora Totino e Alighiero Boetti. 
Il percorso non segue particolari tematiche o cronologie, ma costituisce una collezione trasversale che racchiude in sé le diverse declinazioni dell’arte, spaziando dal linguaggio scritto a quello del corpo, dalle installazioni ambientali alla videoarte, una selezione intergenerazionale che pone in continuo dialogo passato e presente e che trasforma il museo in un laboratorio sempre attivo. Le opere sono disseminate in tutto l’edificio: nell’ingresso, sulle pareti delle scale, nelle sale, nel cortile e sul terrazzo, offrendo così al visitatore un’esperienza immersiva.
In occasione della riapertura ufficiale il Madre propone tre personali: Thomas Bayrle, Mario Garcia Torres e Giulia Piscitelli
Mario Garcia Torres - ¿Alguna vez has visto la nieve caer?, 2010. Courtesy the artist and Jan Mot, Brussels / Mexico City
Al terzo piano del palazzo ottocentesco è stata allestita la mostra TUTTO- IN- UNO (fino al 14 ottobre), dedicata all’artista tedesco Thomas Bayrle (Berlino, 1937), una retrospettiva impeccabilmente allestita, unica ed originale del lavoro del pioniere della Pop Art europea, per la prima volta in un museo italiano. L’impianto espositivo non segue un percorso cronologico, ma mette in luce temi che si relazionano costantemente tra di loro: la società di massa e il consumo, la propaganda politica dei totalitarismi, il traffico e l’espansione sregolata delle città, lo scambio e la comunicazione. “L’artista della moltitudine” analizza minuziosamente la contraddittorietà della società globale sfidandola a trovare e conservare una sua identità. Tutta la produzione è segnata dalla sua esperienza di tessitore e designer, realizza infatti grandi “texture” di matrice Pop, Op o Kinetic Art. Le opere della prima sala sembrano essere un omaggio alla città partenopea: Motta(1966) e Erinnerung an Maxwell(1967), presentano due immagini molto familiari, la prima si riferisce alla pubblicità della nota casa di prodotti dolciari e la seconda presenta una enorme tazza di caffé. Questi ed i lavori che seguono fanno parte del ciclo di opere realizzate secondo la teoria delle “superforme” – termine coniato dallo stesso artista – in cui, come per la genetica, la ripetizione è la fonte della vita, la parte diventa il tutto e le cellule, simili tra di loro ma mai identiche, formano l’intera figura. 
Giulia Piscitelli - Untitled (Poltrone), 2008.Collezione Giorgio Fasol, Verona
Passando dalla bidimensionalità alla tridimensionalità dei lavori degli anni ’60 e ‘70, l’artista fonde l’analogico ed il digitale. Stupiscono i dipinti cinetici in cui, grazie ad un meccanismo manuale (difficile resistere alla tentazione di attivarlo), è possibile osservare il movimento di minuscole figure che muovendosi in sincrono producono immagini mutevoli, rappresentando un condensato della storia del Novecento, dalle suggestioni del Tour de France alla disillusione delle ideologie. Si susseguono nelle altre stanze serigrafie realizzate su diversi supporti, pattern ossessivi con immagini di autostrade che si intrecciano fino a diventare architetture gotiche, maquette di progetti utopici e distopici. La mostra si conclude con alcune istallazioni presentate anche a dOCUMENTA(13), griglie tridimensionali e “feticci” meccanici in dialogo con il wall drawing di Sol Le Witt, ormai parte della collezione permanente. 
Al secondo piano sette stanze sono state destinate alla mostra di Giulia Piscitelli (Napoli, 1965) “INTERMEDIUM”, curata da Andrea Viliani ed Eugenio Viola, visitabile fino al 30 settembre. La personale presenta un corpus di opere che si rigenera continuamente, caratterizzato dall’asistematicità, dalla capacità di ricombinare i materiali della sua ricerca pensando la vita come un fenomeno estetico recuperabile. 
Giulia Piscitelli - Tre Carte, 2012. Courtesy the artist and Galleria Fonti, Napoli
«La mostra è un libro, ogni stanza è un racconto e ha il numero della pagina: un’opera che apparentemente non c’entra niente con il resto», così la descrive Giulia Piscitelli che ridefinisce gli spazi delle sale con opere fotografiche, installazioni site specific, video e grandi arazzi a parete che analizzano la stratigrafia culturale del territorio. Affidandosi a diversi medium, l’artista investiga le dinamiche sociali, economiche e politiche contingenti. SAM è il titolo del video che documenta un’esperienza fondamentale per il suo percorso, immagini dello Spazio Aperto Multimediale, realtà indipendente e polo culturale nato a Napoli agli inizi degli anni ’90. Tree è invece un lavoro introspettivo, due arazzi posti l’uno di fronte all’altro, realizzati con la tecnica dello scolorimento, pongono lo spettatore nel “intermedium”, in un intervallo. Le opere riproducono i cerchi concentrici di una sezione di un tronco di albero il cui legno continua a vivere anche dopo il taglio e gli anelli raccontano la sua storia, dunque una riflessione sulla sospensione dell’essere, sulla vita e sulla morte. La presenza di un’artista napoletana come Giulia Piscitelli alla riapertura del museo, di cui alcune opere entreranno in collezione, sottolinea la scelta di guardare alla città.
Allan Kaprow, Yard (2003 – 2013). Courtesy Fondazione Morra, Napoli
Infine si giunge negli spazi abitati dalle opere di Mario Garcia Torres (Monclova, 1975) la cui mostra si intitola LA LEZIONE DI BOETTI (ALLA RICERCA DEL ONE HOTEL, KABUL) (fino al 30 settembre). Garcia Torres punta ad ampliare i confini della storia dell’arte contemporanea, come un archeologo scava nella storia delle più recenti tendenze artistiche per riportarne alla luce aspetti inediti o dimenticati, distanti dalla narrazione convenzionale. Torres analizza uno specifico periodo della ricerca di Alighiero Boetti, dal 1971 al 1977, anni in cui l’artista si trasferisce in Afghanistan e diventa il gestore di una guest house a Kabul, un hotel che è stato anche centro di ricerca e luogo di confronto con “l’altro”. Dopo trent’anni e dopo la morte di Boetti, la guerra e le relative trasformazioni, Mario Garcia Torres ripercorre il viaggio dell’artista torinese e dal 2010 al 2012 torna al ONE HOTEL riattivando la ricerca del maestro. Lo scopo non è emulare, ma esperire la lezione di Boetti, non un remake ma una seconda prova che riveli la nuova condizione del tessuto sociale e culturale di Kabul. In mostra compaiono molti video, come Hai mai visto la neve cadere? o Tea, che raccontano la preparazione al viaggio, la lunga ricerca e documentano l’esperienza in situ. Tra i lavori esposti appaiono fax e lettere, placche metalliche o in legno, segni di azioni performative e opere site specific che si relazionano con alcune opere di Boetti scelte appositamente da Garcia Torres per l’esposizione. Il museo, al termine della mostra, acquisirà alcune delle opere di entrambi gli artisti contribuendo ad ampliare la sua collezione “performativa”.

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