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22
giugno 2010
PERDERSI IN AUSTRIA
Progetti e iniziative
Ex fabbrica artigiana in festival. Anche due artiste italiane tra smarrimenti catastrofici o metabolismi catartici. Cos’è? “Probabilmente il più charmant festival artistico della città” (sic!). Provare per credere, perché questa è solo l’esca promozionale...
Confrontarsi con equilibri molto precari,
interiori e intersoggettivi, sperimentare interconnessioni di linguaggi, vivere
il multiculturalismo, filtrare derive e trasmutazioni. Tutto questo nella
seconda edizione di Lost in Vienna, un festival di musica danza teatro performance e arti
visive, che tocca sfere tematiche di dis-identità culturali, gender, eros,
urbanità e strategie di globalizzazione. E c’è senz’altro un rispecchiamento
con il quartiere di Ottakring che lo ospita, essendo uno dei luoghi viennesi
storicamente intessuti di sostanze antropologiche piuttosto eterogenee.
interiori e intersoggettivi, sperimentare interconnessioni di linguaggi, vivere
il multiculturalismo, filtrare derive e trasmutazioni. Tutto questo nella
seconda edizione di Lost in Vienna, un festival di musica danza teatro performance e arti
visive, che tocca sfere tematiche di dis-identità culturali, gender, eros,
urbanità e strategie di globalizzazione. E c’è senz’altro un rispecchiamento
con il quartiere di Ottakring che lo ospita, essendo uno dei luoghi viennesi
storicamente intessuti di sostanze antropologiche piuttosto eterogenee.
Identico titolo per la mostra
collettiva che fa da fil rouge al festival, dal primo all’ultimo giorno. Il
continuo e complesso tentativo di metabolizzare elementi differenti qui è
evidente e drammatico. Sono sette gli artisti selezionati la cui sensibilità è
molto congeniale alla materia da elaborare: c’è Busk, Philipp Blume, Michael Goldgruber, Luiza Margan, Frederike Schweizer, ma non solo loro.
collettiva che fa da fil rouge al festival, dal primo all’ultimo giorno. Il
continuo e complesso tentativo di metabolizzare elementi differenti qui è
evidente e drammatico. Sono sette gli artisti selezionati la cui sensibilità è
molto congeniale alla materia da elaborare: c’è Busk, Philipp Blume, Michael Goldgruber, Luiza Margan, Frederike Schweizer, ma non solo loro.
La sopravvivenza può passare anche
per un corpo a corpo con se stessi al fine di ricucire gli strappi di
esperienze traumatiche che ti potrebbero annientare irrimediabilmente. È
toccante, in questo senso, il video dell’altoatesina Sissa Micheli, in cui lei stessa reinterpreta
scene del film L’inquilino del terzo piano (1976), un psycho-thriller del miglior Roman
Polanski in cui
il protagonista, trasferitosi a Parigi, si smarrisce progressivamente nell’identificazione
di sé con una donna suicida, rivivendone in forma di delirante ossessione le
circostanze e le angosce esistenziali derivate dalla ostilità dei vicini.
per un corpo a corpo con se stessi al fine di ricucire gli strappi di
esperienze traumatiche che ti potrebbero annientare irrimediabilmente. È
toccante, in questo senso, il video dell’altoatesina Sissa Micheli, in cui lei stessa reinterpreta
scene del film L’inquilino del terzo piano (1976), un psycho-thriller del miglior Roman
Polanski in cui
il protagonista, trasferitosi a Parigi, si smarrisce progressivamente nell’identificazione
di sé con una donna suicida, rivivendone in forma di delirante ossessione le
circostanze e le angosce esistenziali derivate dalla ostilità dei vicini.
Nella sua installazione, Casaluce/Geiger:::synusi@ evoca atmosfere cosmopolite e
rimanda a luoghi simbolo dell’affollamento promiscuo. Ha incollato alle pareti
dei poster di stazioni metropolitane che lei stessa ha fotografato. A Mosca,
Berlino, Praga. Luoghi differenti e uguali al tempo stesso, percepiti come
spazi della mobilità, del transito permanente, dell’attravevsammento rapido,
sotterraneo e tenebroso, un mondo a-sociale, vissuto nella diffidenza e nel
sospetto verso l’“altro”. Categoria del “nonluogo”, prodotto della surmodernità
secondo l’antropologo Marc Augé.
Non è proprio così, le stazioni
metropolitane sono anche emblematici rifugi di una umanità senza altro
recapito, alla ricerca di una pur infima forma di socializzazione, forma di
resistenza alla precarietà estrema molto prossima alla perdita senza
redenzione. Lost in Vienna o in qualsiasi altra metropoli del mondo!
metropolitane sono anche emblematici rifugi di una umanità senza altro
recapito, alla ricerca di una pur infima forma di socializzazione, forma di
resistenza alla precarietà estrema molto prossima alla perdita senza
redenzione. Lost in Vienna o in qualsiasi altra metropoli del mondo!
In realtà, in questo suo
allestimento l’artista vuole ribaltare certi luoghi comuni. Il suo site specific
virtuale lo ha inaugurato dando vita a una performance: ha voluto incontrarsi e
dialogare con un senzatetto, uno di quelli – e non sono pochi – che a Vienna,
nonostante tutto, si son dati da fare impegnandosi a redigere e a vendere in
strada un loro tabloid settimanale su carta riciclata intitolato Augustin. È molto conosciuto, il costo è
di soli due euro e cinquanta. Non accettano elemosine.
franco veremondi
mostra visitata il 13 giugno 2010
dal 13 al 26 giugno 2010
Lost in Vienna
a cura di Isolde Christandl,
Karoline Hausmann e Severin Dostal
Ragnarhof
Grundsteingasse 12 – 1160
Vienna
Orario: da lunedì a giovedì ore
18-20; venerdì e sabato ore 18-04
Ingresso: da lunedì a giovedì
libero; venerdì e sabato € 7 (comprende anche gli spettacoli)
Info: tel. +43 6766167446; office@ragnarhof.at; www.ragnarhof.at
[exibart]