Piero Fornasetti, il ciclone!

di - 18 Febbraio 2018
«Si dice che i miei oggetti siano realizzati con metodi segreti…Rido sotto i baffi..Il mio solo segreto è il rigore con cui conduco il mio lavoro, la serenità della scelta e spero che col tempo il mio senso critico non si attenui», diceva Piero Fornasetti (1913-1988) uno dei più liberi e geniali protagonisti della rinascita del design italiano nella seconda metà del Novecento. Creatore di 13mila oggetti, in gran parte ispirati alla storia dell’arte vista con uno sguardo a 360 gradi, che spazia dalla pittura pompeiana a Giotto fino a Giorgio De Chirico e Renè Magritte, forse il suo riferimento più esplicito e diretto per il linguaggio fortemente simbolico, carico di un’ironia che prende le mosse dal Surrealismo.
Amico e collaboratore dell’architetto Giò Ponti, Fornasetti non è stato solo un creatore di oggetti, ma, al grido di “L’immaginazione al potere!”,  ha firmato alcuni interni di grande prestigio, dal casinò di Sanremo alla pasticceria Dulciora a Milano,  fino agli arredi interni del transatlantico Andrea Doria.

Statua di Atena con serpente. Tappeto “Amiamo il serpente” di Fornasetti. Museo Nazionale Romano-Palazzo Altemps, ©Electa_ph S. Castellani

Frequentava i salotti intellettuali milanesi, dove teneva banco e polemizzava per difendere le proprie idee, che sostenevano l’attualità della decorazione negli anni in cui  trionfava il minimalismo. L’ispirazione? «Spesso arrivava in piena notte: si svegliava e mi raccontava di aver sognato un mobile barocco particolare, un’architettura in stile palladiano, un mobile moderno o una sua variazione. Allora schizzava l’idea su un pezzo di carta oppure la spiegava al telefono all’artigiano che avrebbe dovuto realizzarla. Era molto orgoglioso di riuscire a trasmettere quello che voleva, come lo voleva, senza fare un disegno tecnico» racconta il figlio Barnaba, che ha ideato, insieme a Valeria Manzi, la bella mostra “Citazioni pratiche. Fornasetti a palazzo Altemps”, curata da Silvana Annicchiarico e Alessandra Capodiferro, per celebrare il ventennale dell’apertura del museo Altemps. Una rassegna “in grado di trasformare il museo in un luogo della vita dove sia possibile sperimentare l’arte, la  meraviglia, la conoscenza” scrive la Capodiferro nella guida alla mostra edita da Electa. Ed è proprio il connubio tra  il palazzo e la collezione di antichità classiche ad aver reso la mostra un’occasione da non perdere e uno spunto di utili riflessioni sull’opportunità di rivitalizzare, per non dire rianimare, il patrimonio archeologico con interventi di artisti del presente,  non casuali ma presentati con lucidità e precisione, come in questo caso.

Sala della torre. Gatti in ceramica decorata di Fornasetti. Museo Nazionale Romano-Palazzo Altemps ©Electa_ph S. Castellani

A paragone con la grande mostra “Piero Fornasetti . 100 anni di follia pratica”, che si è tenuta nel 2013-14 alla Triennale di Milano per celebrare il centenario della sua nascita, l’esposizione ad Altemps appare più vitale e meno monotona, proprio perché permette un dialogo diretto con l’arte classica, una delle fonti principali del vulcanico immaginario di Fornasetti. Un confronto puntuale reso possibile dall’allestimento che coinvolge l’intero edificio, in un crescendo di interventi che comincia nelle sale del piano terreno (notevole la presenza dei gatti di ceramica colorata posizionati tra le rovine delle domus romane sulle quali è stato costruito il palazzo) per aumentare nelle sale del piano nobile e terminare, con un caos creativo che sarebbe piaciuto al designer, nelle sale attigue all’appartamento della Stufa, aperte per l’occasione. Qui la mostra prende letteralmente il volo, in una serie di salotti e salottini affollati di mobili, piatti, portaombrelli, zuppiere, stampe, incisioni, paraventi e altri oggetti di uso quotidiano rivisitati dall’artista, con quell’energia creativa che risponde ad uno dei suoi principi fondamentali: “La gente ha bisogno sempre più di decorazione perché ha la stessa funzione della musica: può sembrare non strettamente necessaria ma lo è. È cibo per l’anima”. Così il ciclone Fornasetti travolge palazzo Altemps e si insinua perfino nel bookshop, riallestito per la mostra e rivestito con la carta da parati Chiavi Segrete e riporta il museo ad un presente gioioso e fantastico, dove il classico è un linguaggio pieno di riferimenti utili per la lettura del presente. E mi piace concludere con questo pensiero di Silvana Annicchiarico: “Il senso e il valore del lavoro culturale è riallestire il già noto su palcoscenici inediti. Non fermarsi mai sui risultati acquisiti ma aprire sempre nuovi possibili percorsi di ricerca e di senso”.
Ludovico Pratesi

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