L’ha spuntata tra oltre 120 artisti. E’ stato tra i più votati dal pubblico e il prescelto dalla giuria che, in giorni di grande sgomento come questi, ha deciso di premiare un’opera forte, apocalittica, che inquieta e mette in stato di accusa l’intera società in cui viviamo. Alexander Brodsky (Mosca, 1955), quarantaseienne russo con una formazione da architetto, è il vincitore del prestigioso Premio Milano – Museo del Presente, che è stato consegnato ufficialmente venerdi sera in una cerimonia al PAC.
L’opera vincitrice del maggior riconoscimento europeo, secondo solo al britannico Turner Prize (che assegna però ‘solo’ 60 milioni), è dunque “Coma” (2000-2001), un’installazione spettacolare, cupa, inquietante. Una spettrale metropoli realizzata in grigia terra cruda –che si estende per 30 mq- è sovrastata da enormi flebo di petrolio, che nutrono e invadono del loro nero liquido costruzioni senza vita, quasi raggelate in un inverno perenne. La critica d’arte russa Olga Kabanova spiega così il titolo dell’opera: “tutto ciò che Brodsky ha fatto rientra nell’arte contemporanea che risolve i problemi filosofici della società affrontandoli nell’immediato, quella società che da tempo ha cessato di credere nel progresso, ha realizzato l’ignoranza del pensiero ateo e ambientale ed è caduta in un coma, un blocco pericoloso, in equilibrio tra la vita e la morte”.
Alexander Brodsky si è formato al Moscow Architecture Institute ed è apparso sulla scena dell’arte contemporanea a metà degli anni Ottanta, insieme ad altri architetti sovietici che, nell’impossibilità di realizzare concretamente le loro ambizioni professionali, iniziarono una feconda ricerca estetica. I loro progetti, definiti da alcuni critici delle “architetture su carta”, si distinguevano per forza immaginativa e potenza visionaria. Durante l’ultimo decennio Brodsky ha lavorato come architetto, designer e creatore di arte pubblica, esponendo in spazi importanti, sia in Russia che negli Stati Uniti. Particolarmente note e apprezzate le sue collaborazioni con l’amico e compatriota Ilya Utkin, artista e fotografo -insignito di un premio speciale alla scorsa Biennale di Architettura di Venezia- realizzando con lui sculture, progetti, installazioni, disegni e stampe.
La Giuria ha attribuito inoltre due menzioni speciali: all’artista inglese Cornelia Parker, battuta sul filo di lana dall’architetto russo, e a Federico Diaz, artista della Repubblica Ceca, che ha ricevuto il maggior numero di voti da parte del pubblico.
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A giudicare dall'articolo e dalle foto sembrerebbero ottime scelte per ottime opere.
Torno sulla questione di Milano-Europa ed il premio. Pur non avendo visitato personalmente la mostra (ed è un mio cruccio) credevo si fosse trattata di un'ottima manifestazione. I giudizi generali erano favorevoli per un'operazione di indagine del panorama europeo condotta con l'ausilio di curatori/selezionatori provenienti dai vari paesi coinvolti. Ai fini del premio mi pareva felice anche la scelta di lasciare la prima votazione ai visitatori (incitandoli a sviluppare un senso critico).
Oltre a ciò, gente di mia conoscenza e anche galleristi mi avevano battezzato questo evento come il migliore per l'arte contemporanea quest'anno in Italia. Francamente io, di mio, posso solo limitarmi a giudicare le immagini di un catalogo o su internet e "dal basso" di questa misera esperienza mi sarei permesso di sbilanciarmi con ottimismo su Milano, sembrandomi effettivamente più che buono il livello delle opere esposte. Ora però noto che in calce ad Exibart appaiono critiche e così non ci capisco più nulla. Il motivo del mio intervento è uno solo dunque: invitare chi ha visto questa mostra e chi è già intervenuto a discuterne maggiormente. Al di là di quanto detto dai lettori mi chiedevo cosa pensassero, infine, delle opere e degli artisti: la mostra era bella? Gli artisti erano interessanti? Le opere erano di qualità? E ancora: ci si può ragionevolmente sentire rappresentati, come europei intendo, da questa mostra? Tutto ciò chiedo, aggiungendo di cercare di mettere da parte, almeno questa volta, il solito difetto italiano di criticare tutto ciò che provenga dal nostro paese ed incensando, talora a sproposito, tutto ciò che si fa oltre confine.
E cosi finisce l'ultima disfatta per l'arte contemporanea a Milano, con l'assessore che storpiava i nomi degli artisti e faceva pubblicità alla mostra di Picasso. Milano non ha speranze. “Milano Europa” e' un'operazione insulsa, priva di uno staff informato sullo STATO DELL'ARTE, con Sandra Pinto e soci a dirigere cose che non conoscono (con l'effetto di chiedere dietro le quinte suggerimenti a persone che ne sanno meno di loro), con un direttore fantasma e francese che la sera del premio parlava pubblicamente a Vienna dei musei d'europa tranne citare quello che i milanesi gli hanno ingenuamente consegnato. NON C'E' SPERANZA PER MILANO: la professionalita' espressa in altri settori e' sconosciuta all'arte, qui vige l'arte degli architetti e delle cocotte e di qualche amico gallerista.
La visionarietà degli Artisti dovrebbe sforzarsi un tantino ad andare oltre la pura e semplice constatazione del presente e aiutare l'umanità a riconoscere e godere anche la grande promessa del millennio di pace.
Altrimenti si rischia di cadere nell'autocompiacimento gratuito della morte.