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28
febbraio 2010
PRERAFFAELLITI, DURI E PURI
Progetti e iniziative
La Royal Academy? Accademismo da fuggire come la peste. Raffaello? Il crinale dopo il quale la pittura s’e fatta maniera, retorica, artificio. E dunque? Niente di più semplice: diventare pre-raffaelliti. Storia di un insuccesso mutato in successo. Grazie allo zampino di John Ruskin...
Avevano fatto del rifiuto della società vittoriana,
asfittica perbenista e soffocante, il loro manifesto programmatico ed estetico.
Rigettando l’aria stantia della Royal Academy, l’estetica (ed estatica)
confraternita nata nel 1848 aveva una parola d’ordine estremamente chiara:
riportare l’arte alla purezza di forma e colore pre-manierista. Ecco l’assunto:
prima di Raffaello
i pittori erano “semplici, sinceri e mistici”; dopo di lui il diluvio,
materializzatosi nel trionfo dell’artificioso e del retorico e nel progressivo
e annichilente allontanamento dalla natura fonte di verità. Per restituir
dignità all’arte tradita l’unica via era ricorrere al simbolo. Missione
impossibile, o quasi, nell’Inghilterra piccolo-borghese tutta prudérie e merletti. E infatti non furono
capiti.
I cavalieri che tentarono la nobile impresa si chiamavano Dante
Gabriel Rossetti,
William Hunt, Ford Madox Brown, John Everett Millais, William
Morris, Edward Burne-Jones. Il primo, il “misterioso
e non inglese Rossetti” (lo disse Millais), era figlio di un carbonaro innamorato di Dante e
impregnato di idee liberali. Fu lui a coniare l’autodefinizione di Pre-Raphaelite
Brotherhood
insistendo sul suo aspetto corporativo ed esoterico. Una stagione breve e
intensa: la confraternita si sciolse nel 1854, poi continuarono ciascun per sé.
Ma se gli inizi furono duri – Dickens definì il Cristo in casa dei genitori di Millais un quadro “repellente
e rivoltante” –
la fine fu in gloria grazie al grande critico John Ruskin, che sin dal 1851 li
aveva salutati come gli iniziatori di una “nuova e nobile scuola in
Inghilterra”.
Via il fumo di Londra, dunque, e porte aperte al profluvio
di colori chiari giotteschi e veneti. Li li si osserva al Mar di Ravenna, dove
oggi apre al pubblico la mostra I Preraffaelliti e il sogno italiano. I curatori, Colin Harrison,
Christopher Newall e Claudio Spadoni, hanno raccolto le loro fonti
d’ispirazione e la rappresentazione del paesaggio italiano. I guru di Rossetti
e soci, infatti, erano Giotto, Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Perugino e i maestri veneti. Vedute e
scorci furono realizzati da una squadra di artisti inviati a documentare
edifici e dipinti che Ruskin credeva in pericolo.
L’immaginario preraffaellita mescola il romanticismo di
Browning e Tennyson ai tratti visionari di Blake e all’inquietudine di Poe. I temi
sono biblici, shakespeariani e medievali, in particolare arturiani. Il mondo è
onirico ed estetizzante, con un gusto spiccato per i particolari decorativi pre-Liberty.
Si va dai lunari modellati michelangioleschi di Edward Burne-Jones ne La ruota della fortuna al parossistico simbolismo
floreale del John Everett Millais di Ofelia, dall’algida e allampanata metafisica dell’Ecce
ancilla Domini di
Rossetti al quadro sociale di Ford Madox Brown.
La mostra (che in estate volerà all’Ashmolean di Oxford)
propone anche i disegni preparatori realizzati da Burne-Jones per i mosaici
della chiesa romana di San Paolo fuori le mura. E poi un focus sui lavori della
“Scuola Etrusca” che si coagulò attorno al garibaldino romano Giovanni Costa: artisti che subivano il fascino
magnetico della Penisola e, da inglesi, sostenevano la nostra causa
dell’indipendenza. Appendice in odor di concessione ai 150 anni dell’unità.
asfittica perbenista e soffocante, il loro manifesto programmatico ed estetico.
Rigettando l’aria stantia della Royal Academy, l’estetica (ed estatica)
confraternita nata nel 1848 aveva una parola d’ordine estremamente chiara:
riportare l’arte alla purezza di forma e colore pre-manierista. Ecco l’assunto:
prima di Raffaello
i pittori erano “semplici, sinceri e mistici”; dopo di lui il diluvio,
materializzatosi nel trionfo dell’artificioso e del retorico e nel progressivo
e annichilente allontanamento dalla natura fonte di verità. Per restituir
dignità all’arte tradita l’unica via era ricorrere al simbolo. Missione
impossibile, o quasi, nell’Inghilterra piccolo-borghese tutta prudérie e merletti. E infatti non furono
capiti.
I cavalieri che tentarono la nobile impresa si chiamavano Dante
Gabriel Rossetti,
William Hunt, Ford Madox Brown, John Everett Millais, William
Morris, Edward Burne-Jones. Il primo, il “misterioso
e non inglese Rossetti” (lo disse Millais), era figlio di un carbonaro innamorato di Dante e
impregnato di idee liberali. Fu lui a coniare l’autodefinizione di Pre-Raphaelite
Brotherhood
insistendo sul suo aspetto corporativo ed esoterico. Una stagione breve e
intensa: la confraternita si sciolse nel 1854, poi continuarono ciascun per sé.
Ma se gli inizi furono duri – Dickens definì il Cristo in casa dei genitori di Millais un quadro “repellente
e rivoltante” –
la fine fu in gloria grazie al grande critico John Ruskin, che sin dal 1851 li
aveva salutati come gli iniziatori di una “nuova e nobile scuola in
Inghilterra”.
Via il fumo di Londra, dunque, e porte aperte al profluvio
di colori chiari giotteschi e veneti. Li li si osserva al Mar di Ravenna, dove
oggi apre al pubblico la mostra I Preraffaelliti e il sogno italiano. I curatori, Colin Harrison,
Christopher Newall e Claudio Spadoni, hanno raccolto le loro fonti
d’ispirazione e la rappresentazione del paesaggio italiano. I guru di Rossetti
e soci, infatti, erano Giotto, Gentile da Fabriano, Beato Angelico, Perugino e i maestri veneti. Vedute e
scorci furono realizzati da una squadra di artisti inviati a documentare
edifici e dipinti che Ruskin credeva in pericolo.
L’immaginario preraffaellita mescola il romanticismo di
Browning e Tennyson ai tratti visionari di Blake e all’inquietudine di Poe. I temi
sono biblici, shakespeariani e medievali, in particolare arturiani. Il mondo è
onirico ed estetizzante, con un gusto spiccato per i particolari decorativi pre-Liberty.
Si va dai lunari modellati michelangioleschi di Edward Burne-Jones ne La ruota della fortuna al parossistico simbolismo
floreale del John Everett Millais di Ofelia, dall’algida e allampanata metafisica dell’Ecce
ancilla Domini di
Rossetti al quadro sociale di Ford Madox Brown.
La mostra (che in estate volerà all’Ashmolean di Oxford)
propone anche i disegni preparatori realizzati da Burne-Jones per i mosaici
della chiesa romana di San Paolo fuori le mura. E poi un focus sui lavori della
“Scuola Etrusca” che si coagulò attorno al garibaldino romano Giovanni Costa: artisti che subivano il fascino
magnetico della Penisola e, da inglesi, sostenevano la nostra causa
dell’indipendenza. Appendice in odor di concessione ai 150 anni dell’unità.
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dal 27 febbraio al 6 giugno 2010
I
Preraffaelliti e il sogno italiano. Da Beato Angelico a Perugino. Da Rossetti a
Burne-Jones
a cura di Colin Harrison, Christopher
Newall e Claudio Spadoni
MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna
Via di Roma, 13 – 48100 Ravenna
Orario: fino al 31 marzo: da lunedì a venerdì ore 9-18; sabato e domenica ore
9-19. Dal 1° aprile: da lunedì a giovedì ore 9-19; venerdì ore 9-21; sabato e
domenica ore 9-19
Ingresso: intero € 8; ridotto € 6
Catalogo Silvana Editoriale
Info: tel. +39 0544482791; fax +39 0544212092; museodartedellacitta@museocitta.ra.it;
www.museocitta.ra.it
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