Nasce Radicants, la prima cooperativa curatoriale internazionale e nomade, che produce e organizza mostre, offre consulenza in ingegneria culturale, vende opere e pubblica libri d’arte. Questa propone mostre in tutto il mondo che si adattano di volta in volta allo spazio e al territorio geografico culturale che le accoglie, promuovendo anche collaborazioni con istituzioni pubbliche e private. Il nome si ispira al libro Radicant. Pour une esthétique de la globalisation, (2009) di Nicolas Bourriaud, che è il promotore dell’iniziativa, a cui collaborano Kuralai Abdukhalikova, Cyrille Troubetzkoy e Barbara Lagié. La cooperativa ha per scopo, tra l’altro, di sostenere i curatori indipendenti dalla progettazione di mostre inedite e di qualità, fino a una retribuzione adeguata. Se le opere vengono vendute o se la mostra è presentata altrove, il curatore è comunque coinvolto nell’economia del progetto.
“Planet B: Climate change & the new sublime” è stata la prima mostra di Radicants, aperta a Palazzo Bollani a Venezia. Concepita in tre parti, questa riunisce opere di una trentina di artisti come Anna Bella Geiger, Bianca Bondi, Kendell Geers, Ambera Wellmann o Peter Buggenhout. Lo spazio parigino, sito in via Commines 18 nel Marais, è stato da poco inaugurato con un’esposizione monografica dedicata a Bracha Lichtenberg Ettinger (Tel Aviv, 1948) e curata dalla newyorkese Noam Segal. Considerata dai professionisti dell’arte tra le creatrici maggiori della Nuova Pittura Europea, il suo lavoro è stato comunque esposto raramente – vedi in Face à l’Histoire (1996-97) al Centre Pompidou. Questa mostra mira inoltre a farle riconoscere un posto centrale nella pittura contemporanea. Artista, psicoanalista, filosofa femminista, e creatrice del concetto di spazio matriciale, porta qui una ventina di dipinti e disegni, in particolare le serie Annunciazione, Euridice e Pietà, come dei taccuini scritti in francese, inglese ed ebraico.
“Bracha L. Ettinger inventa un dipinto storico che non evoca mai il passato, nel senso che non dipinge né l’Olocausto né la guerra, ma i traumi che hanno generato”, spiega Noam Segal. Le sue creazioni esplorano il concetto di trauma e di oblio, delle madri e delle donne durante la guerra, come del femminile nella mitologia, vedi Medusa. I suoi lavori sono autobiografici o comunque riflettono una trasmissione transgenerazionale del trauma. Infatti, i suoi genitori sono sopravvissuti all’Olocausto, e lei stessa è stata ferita da una pallottola quando diciannovenne guidò una delle più grandi operazioni di soccorso nella storia del Medio Oriente, salvando le persone del cosiddetto naufragio di Eilat (Israele). I suoi disegni come i quadri, che riportano a volte tracce di testi, sono di piccolo formato ciò che rivela una composizione minuziosa e riflessiva. Le luci e i colori vanno a poco a poco digradando, vedi dal viola al rosa o al blu, mentre i tratti delle figure sono sfumate come a volersi collocare all’interstizio tra il ricordo, l’oblio e il trauma. Un’esposizione imprescindibile che è accompagnata da un libro che raccoglie testi di Amelia Jones, storica d’Arte Americana, del filosofo Jean-François Lyotard, di Noam Segal, come dell’artista Precious Okoyomon in dialogo con l’artista. Attualmente Bracha L. Ettinger è al Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea fino al 17 luglio, dove espone alcuni dipinti e diversi quaderni con riflessioni, appunti di lavoro e disegni.
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