Quali sono state le più grandi soddisfazioni? Quali le
delusioni più cocenti in tutti questi anni?
Poter ancora vedere e godere delle cose, piccole o grandi,
che sono riuscita a realizzare. Poche le delusioni, in confronto alle
soddisfazioni.
La decisione di bissare la storica galleria napoletana
con uno spazio a Milano è di qualche anno fa. Come fu accolta l’iniziativa
all’epoca? Perché hai optato per Milano?
Il gallerista è pari a un imprenditore. E l’imprenditore
ha sempre la necessità di espandersi, di creare, di trovare nuovi spazi e
mercati. Milano è la capitale economica d’Italia. Io sono di nascita lombarda.
Inoltre volevo restare una gallerista italiana. Dunque, quale scelta migliore
di Milano?
Oggi l’impegno su Milano si ingigantisce con un nuovo,
grande investimento. Ritieni il capoluogo lombardo un territorio ancora
interessante per chi fa cultura in generale e per chi vende arte in
particolare?
No. Purtroppo devo muovere una critica a Milano, anche se
con dispiacere. Oggi Milano manca di grandi stimoli culturali e di strumenti
adeguati a quella evoluzione culturale che potrebbero metterla a confronto con
le grandi capitali internazionali dell’arte. È una città che si è addormentata
sul proprio benessere. E la classe politica che la guida ha scarso interesse a
farla risorgere culturalmente.
Lo spazio che avete trovato è unico e cambierà
decisamente le prospettive e gli equilibri del mondo galleristico meneghino.
Come avete scovato questo luogo? Attraverso quali passaggi siete transitati? È
stato un processo lungo?
Sono state impiegate “poche ore a trovarlo” e
pochi minuti a comprarlo. Ma dietro c’è una bella storia. Tra un aereo e
l’altro avevo affidato l’incarico di trovarmi un nuovo spazio a una mia brava
collaboratrice: Mariana. Era per me un’esigenza ormai essenziale, data la
complessità delle mostre che si progettavano e l’altissimo livello degli
artisti con cui lavoravo.
Raccontaci qualche aneddoto al riguardo…
Ero appena sbarcata a
Napoli da Milano e venivo raggiunta da una e-mail di Mariana. Mi inviava
l’immagine di un rudere, sito in una zona di Milano a me sconosciuta. Poche ore
dopo riprendevo un aereo per Milano e, per quanto recalcitrante perché di
sabato, convincevo l’agenzia venditrice a mostrarmi lo spazio. Chiedevo
immediatamente di incontrare il giorno dopo (domenica!) il proprietario. “Non
c’è un giorno stabilito per gli affari“, dissi all’agente. A me va benissimo anche
domenica. E così Mariana ed io ci incontrammo col misterioso proprietario che,
a nostra insaputa, era il boss del marito di una inconsapevole Mariana. E che
aveva comprato a sua volta lo spazio molti anni fa da un parente di Paola, il
mio braccio destro. Insomma, ho pensato che tutto era già stato predestinato! E
così tutto fu molto più semplice.
La location è anche un’evidente reazione alla moda del
trasferimento in estrema periferia che ha caratterizzato lo scorso decennio a
Milano. Perché Lia Rumma ha deciso di non trasferirsi in Zonaventura?
Le nostre città sono ben differenti dalle città americane,
ben attrezzate per far vivere le periferie senza disagi! Le città europee sono
state concepite intorno a un centro e come tali si sono organizzate. La piazza,
il bar, la macchina sono ancora riferimenti fortissimi per chi vive nei nostri
centri urbani. E le nostre periferie non sono così convincenti da far spostare
intere categorie di imprenditori o professionisti così com’è accaduto a New
York. Ecco perché non ho mai preso in considerazione quella opzione.
Torniamo alla nuova galleria. Una volta trovato lo
spazio come avete operato? Di chi è il progetto di restauro e architettonico?
Quanto tempo sono durati effettivamente i lavori?
Non è il restauro di un capannone attrezzato a contenere
opere d’arte. È un vero e proprio progetto di uno spazio pensato per l’arte. Il
progetto architettonico è dello studio C.L.S. di Milano; il progetto
illuminotecnico è dell’architetto Nunzio Vitale. Sono riuscita (cosa molto
difficile) a far interagire gli architetti tra loro.
Su quale idea si è basato l’intervento?
Volevo uno spazio architettonico
“aristocratico”, classico e moderno allo stesso tempo, che contenesse
e dialogasse con l’opera d’arte senza prevaricarla. Che si offrisse all’occhio
del visitatore senza disvelarsi completamente. Che avesse la sacralità di un
tempio e dove l’opera potesse entrare immediatamente in relazione con colui che
la guarda, così come avviene appena si entra in una chiesa e lo sguardo va
dritto all’altare. La luce? Quanto più naturale possibile.
Una struttura del genere necessita di uno sforzo notevole in termini di
investimento. Quanti fondi ha impiegato la Galleria Lia Rumma per ottenere uno
spazio simile?
Il vero investimento è stato di energia, più che
economico. Io sono una attenta e ho dovuto imparare col tempo a non sprecare il
danaro che tanto faticosamente si guadagna e a distinguere ciò che è utile da
ciò che non lo è. E a concentrare le forze economiche solo sulla qualità
essenziale a un buon progetto.
né a Milano né in Italia: la galleria avrà il suo baricentro sempre più a
Milano trascurando Napoli?
Tutto il contrario! Oggi a Napoli c’è una nuova,
meravigliosa galleria: l’operazione di rinnovamento sull’asse Napoli-Milano è
stata contemporanea. Non ho alcuna intenzione di dimenticare il “vecchio” amore
per il “nuovo”… Era la mia casa storica, al primo piano di un bel palazzo
napoletano di fine Settecento. Ma era anche tempo (dopo più di trent’anni) che
io separassi l’attività galleristica dal mio privato. Mi sono buttata fuori, un
auto-sfratto! Ho avuto fortuna e ho trovato una casa carinissima proprio di
fronte alla galleria, in piazza Vittoria, in un meraviglioso palazzo del
Settecento di fianco al famoso Marinella, artigiano delle cravatte. Napoli e
Milano, insomma, vanno di pari passo. L’una dà forza all’altra. Gli stimoli li
prendo da entrambe le città. Le amo dello stesso amore. Si vive di amore, non di “un” Amore. Per questo,
con gli amici, spesso mi firmo Biancanera…
E al posto della casa napoletana oggi cosa c’è?
La mia ex casa oggi si è tutta trasformata in spazio
espositivo, con un terrazzo che affaccia su un affascinante giardino napoletano
e una cucina piccola ma grandiosa. Il secondo piano, invece, dov’era la
galleria, è stato tutto sistemato a uffici.
Torniamo a Milano. Siete pionieri in una nuova zona che
però, grazie alla vostra presenza, si appresta a diventare una nuova mecca per
gli spazi espositivi milanesi. Vi aspettate l’arrivo di altri colleghi in zona
e avete già notizia di qualcosa?
Mi auguro che presto arrivino altri colleghi. Ma non
dimentichiamo che questa è già una zona ben coperta: c’è la Fabbrica del
Vapore; la fonderia (proprio di fronte a me) a cui si rivolgono Arnaldo
Pomodoro, Giuseppe Maraniello e molti altri artisti; il Docva è a due passi da via
Stilicone; c’è Villa Simonetta. E presto, in effetti, sentiremo di altre
gallerie che si stanno già muovendo in questa zona.
Nello stesso cortile aprirà i propri spazi una nuova
fondazione… Di che si tratta?
La cosa meravigliosa è che sono riuscita a trascinare in
questa avventura mia sorella Maria Pia Incutti-Paliotto. Lei ha una delle più
belle collezioni di bacheliti e plastiche artistiche dagli anni ‘30 e ‘40 ai
giorni nostri. Ha fondato un centro di ricerca per il restauro della plastica,
ha comprato l’ultimo edificio accanto al mio e ha già affidato il progetto agli
stessi architetti della mia galleria. Dunque, più che un Rumma Art Center, un
luogo per le arti.
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Un carissimo augurio di belle mostre e prosperità, un abbraccio Lia !
Sicuramente un grande coraggio in questi tempi!
Augurio sincero!