02 giugno 2008

REPLAY SULLA FONDAZIONE

 
Una nuova realtà per proporre creatività nel campo dell’arte contemporanea, del design, della moda. Nasce a Venezia un’istituzione non profit con una filosofia trasversale, un’apertura al mondo. E la volontà di aiutare i giovani a realizzare i propri progetti...

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Un concept internazionale, ambizioso, con nomi di prestigio nel campo del design, della moda, del contemporaneo. Un piano di lavoro articolato in workshop, conferenze, mostre, borse di studio, residenze. E un sito internet che rappresenta un osservatorio sulla creatività giovanile. Tutto questo è la Fondazione Claudio Buziol, titolata al fondatore del marchio Replay, prematuramente scomparso. Ne abbiamo parlato con il direttore artistico Renzo di Renzo.

Come è nata l’idea?
È stata innanzitutto una scelta di cuore, una reazione emotiva alla scomparsa di Claudio Buziol, prima da parte della famiglia e poi anche dell’azienda stessa che lui aveva creato.

Chi era Claudio?
Prima ancora di essere imprenditore, era un creativo, un sognatore che partendo da zero è riuscito a conquistare il mondo della moda con il marchio Replay. Replay vuol dire “ripetere, rigiocare” e certo questa fondazione è nata anche per farlo rivivere, ma guardando come faceva lui verso il futuro.
Claudio Buziol - photo Thierry Le Gouès
Quindi verso i giovani?

Certo. Per questo abbiamo pensato al motto Replay/Fast Forward, che identifica l’oggetto principale della Fondazione, ovverosia l’attenzione verso la creatività. La Fondazione vuole offrire ai giovani un’opportunità in più per realizzare i loro sogni in ambito creativo e artistico. Senza peraltro dimenticare l’aspetto sociale, come il sostegno a due scuole nel sud del’India, in cui stiamo proseguendo alcune attività già intraprese da Claudio Buziol.

Modelli di riferimento?
La Fondazione è nata quasi d’istinto due anni fa, sotto la grande spinta ideale -che forse a tanti può apparire ingenua- di creare una realtà per aiutare i giovani a realizzare i propri sogni. Poi si è cominciato a pensare al modo e, come spesso accade, le cose nascono per caso o per destino.

Lei infatti aveva già avuto incarichi importanti nel mondo della creatività…
A novembre dello scorso anno il presidente della Fondazione Paola Dametto Buziol si è rivolto a me e da subito abbiamo condiviso il progetto e iniziato a lavorare affinché si potesse realizzarlo. Avevo da poco lasciato Fabrica (laboratorio creativo di Benetton), dopo sette anni di incarico come direttore creativo.

Renzo di RenzoCosa si porta dietro da Treviso?

Non solo l’esperienza, ma soprattutto un bagaglio di storie, di persone, di conoscenze. Uno tra tutti, Giorgio Camuffo con cui ho lavorato tanti anni, è stato prezioso per avviare un primo confronto e uno scambio di idee.

Come avete cominciato a lavorare?
La prima cosa che ho fatto quando mi è stato chiesto di occuparmi della Fondazione, è stata quella di rivolgermi ai giovani creativi che conosco, in giro per il mondo. Ho mandato una mail a tutti, chiedendo semplicemente loro che cosa dovesse fare un’istituzione per aiutarli nel loro percorso creativo. Così, semplicemente.

E quali sono state le risposte?
Hanno confermato le mie ipotesi. La costante era la richiesta di aiuti economici, di finanziamenti per i progetti, la possibilità di realizzare le loro opere svincolandosi da impedimenti quotidiani di sopravvivenza. Ma c’era anche una forte consapevolezza sulla necessità del confronto e della formazione e la richiesta di visibilità. Quindi abbiamo lavorato ricercando partnership con organizzazioni che operano nello stesso territorio, in senso culturale ovviamente. La nostra filosofia è quella della condivisone e della collaborazione, in un ottica internazionale. Ad esempio inizieremo una collaborazione con la prestigiosa scuola francese di Le Fresnoy.

Ma nei vostri campi d’azione ci sono moda, design, arte contemporanea. Quali i vantaggi di svilupparne la ricerca in coordinazione?
È nei presupposti della Fondazione. L’interdisciplinarietà fa sicuramente parte del mio retaggio culturale ma, più in generale, credo sia un sintomo del nostro tempo, dell’evoluzione della cultura, dell’arte e della società. Il fatto che alla base della nascita della Fondazione ci fosse questa idea del “sogno” non ha fatto che rafforzare questa scelta, dato che il sogno necessita di mezzi, linguaggi, strumenti diversi. La mostra Daydream Fields (curata da Andrea Lissoni) che inaugura la sede, testimonia il lavoro di otto giovani artisti con approcci diversi, che testimoniano l’eclettismo e la transdisciplinarietà dell’arte contemporanea. E per lo stesso motivo abbiamo voluto Jodorowsky per la lecture di apertura, perché è sicuramente un personaggio eclettico, che ha frequentato generi e discipline diverse, il cinema, la letteratura, finanche la magia…

Anche il vostro comitato scientifico ha una composizione trasversale…
È la naturale conseguenza di queste scelte. Abbiamo per comodità mentale individuato i settori, moda, arte e design (ben sapendo che in realtà vogliono dire tutto e niente), e abbiamo cercato tra i giovani -anche questa una scelta atipica rispetto ai comitati scientifici tradizionali che spesso sono dei reparti geriatrici- qualcuno che li potesse rappresentare al meglio.
Palazzo Mangilli-Valmarana
Chi sono?

Per l’arte Andrea Lissoni, che è molto stimato dagli stessi artisti, e conoscevo da tempo. È una persona che ha esattamente l’orientamento transdisciplinare che noi perseguiamo. Per quanto riguarda il design, invece, la questione era più complessa. Da un lato perché è difficile trovare un giovane critico e dall’altro lato perché spesso i designer sono chiusi in se stessi o giocano a fare le star. Martino Gamper invece è un designer atipico, anche lui con un approccio diverso e che non disdegna la contaminazione di materiali e idee. Angelo Flaccavento è sicuramente il più interessante tra i giovani critici e giornalisti di moda. Devo ringraziare Maria Luisa Frisa che me lo ha suggerito!

Che tipo di risultati vi attendete, sul territorio, nell’azienda che vi finanzia?
Quando si parla di arte e creatività, il territorio è il mondo. La scelta stessa di Venezia come sede della Fondazione è in un certo senso una scelta extra territoriale, nel senso che anche Venezia è una città atipica, fuori da tempo e per questo sempre contemporanea. Il prototipo stesso di un sogno che diventa realtà, come ha scritto il sindaco Massimo Cacciari nell’introduzione del profilo della nostra Fondazione. L’azienda ha logiche differenti, ma credo che anche degli spazi “commerciali” possano e debbano servire a portare l’arte e la creatività fuori dai luoghi codificati. Mi piacerebbe che i negozi potessero ospitare l’installazione e la performance di un artista, mi piacerebbe poter creare un nuovo circuito attraverso cui veicolare l’arte contemporanea…

Alejandro JodorowskyReplay sviluppa ora un progetto molto importante sulla creatività. È un caso oppure le aziende di moda sono tra le poche ad aver capito l’importanza di sostenere la ricerca creativa contemporanea nel Nordest?
Credo che la creatività non abbia un territorio, un confine e sia senza frontiere. Il termine Nordest non è che mi piaccia molto, perché ha via via assunto una connotazione politica e sociale, ma è indubbio che qui ci sia stata e ci sia una vitalità diversa. La storia di Diesel e della Replay e del famoso “Genius Group” di Goldsmith, che riuniva talenti così diversi, più ancora di quella singola e straordinaria di Benetton, è significativa in questo senso. La creatività diventa sempre più il discrimine tra un’azienda moderna e di successo e una tradizionale: Munari sosteneva che niente passasse così di moda come la moda, e questo è tanto più vero in questo momento di velocità anche del mercato!

Ma non basta il marketing?
Suppongo le aziende di moda cerchino un approdo all’arte poiché è lo strumento più efficace per guardare, interpretare e anticipare il futuro. Ricerche sociologiche e di marketing riescono solo a dare una fotografia del presente e gli strumenti oggettivi si rivelano spesso inefficaci, impotenti. Occorre un scarto, un intuito, una visione, che è proprio del processo artistico e creativo.

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a cura di daniele capra

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 50. Te l’eri perso? Abbonati!


Fondazione Claudio Buziol – Palazzo Mangilli-Valmarana
Cannaregio 4392 (zona Strada Nova) – 30121 Venezia
Info: tel. +39 0415237467; info@fondazioneclaudiobuziol.org; www.fondazioneclaudiobuziol.org

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