Non esiste, forse, modo migliore di quello di RespirArt per aprire connessioni viscerali con l’arte e la natura. E non esiste, parimenti, luogo migliore: a 2200 metri sul livello del mare, dove la bianca dolomia del gruppo del Latemar, con i suoi fossili, racconta una storia marina di 200-265 milioni di anni fa. «Beep. Beep. Drooow. Broom. Broomm. Crash. Driiing. Beep. Beep. Clacson, rombi di motori, telefoni sono la cifra acustica delle città contemporanee. Ma quando si arriva alla seggiovia Agnello di Pampeago la colonna sonora cambia», vi raccontavamo l’anno scorso (qui l’articolo completo) esplorando il parco di Pampeago, nel cuore della Valle di Fiemme, in occasione della 15^ edizione. «Beep. Beep. Drooow. Broom. Broomm. Crash. Driiing. Beep. Beep. Clacson, rombi di motori, telefoni sono la cifra acustica delle città contemporanee. Ma quando si arriva alla seggiovia Agnello di Pampeago la colonna sonora cambia», ribadiamo quest’anno che – vogliano i corsi e ricorsi storici cari a Vico, mai casuali e sempre guidati da un disegno provvidenziale – siamo, ancora una volta, ad alta quota.
Lungo il giro ad anello che caratterizza RespirArt, esteso per 3 chilometri e costellato dalle opere d’arte ambientale di artisti di fama internazionale, fanno la loro nuova e permanente comparsa le opere Trittico, di Alberto Timossi, e Unforte – 0724 di Anelo1997. Trittico – di titolo e di fatto perché «quando lavoro con la scultura ambientale ormai spesso faccio opere che sono gruppi e insisto molto sul trittico in ragione del numero tre, che è un numero dispari, quindi dà un senso di non finito e permette di continuare ancora e sempre, ed è anche un numero che ha del sacro con un riferimento all’arte sacra e alla storia dell’arte in generale, che mi piace conservare nella mia pratica» spiega Timossi – è una scultura che ha, e dà, l’idea del movimento. I tre elementi con cui è stata creata sembrano uscire dal terreno, come radici, come animali, per muoversi verso l’alto. Innalzandosi assumono la forma del tubo minimale, pulito e di colore rosso. Perché rosso? Perché – spiega Timossi – «è il colore con cui riconosciamo un segnale, un avvertimento, un pericolo e anche una passione, e al contempo è il colore complementare del verde». Quel verde che circonda il Trittico, che nasce in relazione al cambiamento e risponde all’identità della poetica di Timossi: «Lavoro su un pensiero che è quello del cambiamento, che è in natura ed è nella società, come anche nel nostro tempo. Perché lo faccio? Perché credo sia efficace là dove simulo la presenza di una nuova vita, che sia una pianta o un animale, che esce dal terreno e prima di assumere la sua forma, quella artificiale del cilindro, vive tutte le dinamiche della sofferenza e dell’adattamento all’ambiente».
Site e people specific – «perché le nostre installazioni si relazionano con il luogo, a livello formale e costruttivo, e con il pubblico fruitore, che è agente, attivo e trasformatore» spiega Anelo1997 – è Unforte – 0724. Luogo di rifugio, simbolo di resistenza, architettura difensiva e meditativa, trincea sopra terra da cui poter guardare ed essere guardati, o soglia di transito tra l’umano e l’immenso, la nuova installazione sembra istituire, a livello visuale e percettivo, una separazione tra un dentro e un fuori in uno spazio che però è solo fuori: un corridoio veicola il percorso e attrae verso uno spazio triangolare dove potersi riparare dal sublime circostante, le sezioni alternate di ferro ossidato e spazio aperto creano feritoie che fanno da cornice alla bellezza di una natura che sembra poter essere ridotta a dimensione più umana che sovraumana, e le tre torri che le danno rappresentazione fisica – di cui una accessibile e due no – contribuiscono ad acuire la sensazione paradossale di potersi ritirare in un momento di intima e privata serenità per comprendere, capire e guardare, seppur esposti agli sguardi di chi si trova all’esterno. Nata da suggestioni di carattere storico – rimanda alla memoria delle fortificazioni, erette a difesa del Trentino e utilizzate durante la Prima guerra mondiale – e anche di carattere sensibile – «come si vive e cosa si prova, da soli, con il proprio corpo, in un luogo così imponente? Che sensazione può comportare avere un ambiente apparentemente chiuso ma di fatto vedo non vedo?», si sono chiesti gli artisti nel mentre della genesi – Unforte – 0724 mette a suo modo in crisi «la visione, la relazione, il posizionamento» che ci si aspetta per favorire, vivendo in esso e con esso, lo sforzo di uno sguardo nuovo.
In una cornice di unicità ineguagliabile – il parco di RespirArt è uno dei parchi d’arte più alti al mondo, è l’unico “museo” che si visita anche con gli sci, è l’unico che si raggiunge con una Seminovia, ed è anche l’unico dove si può camminare su un sentiero sonoro – ci troviamo, allora e da questo momento, di fronte a una natura che sta cambiando e che si manifesta lattraverso tre esseri che sono metà naturali e metà artificiale – «dichiarando la loro natura artificiale» come afferma Timossi – e nel cuore di un esperimento che ha a che fare con lo spazio e con il tempo – «il nostro massimo obiettivo è trasformare il tempo in qualcosa che c’è ma in maniera non lineare, che non segue più il vettore tempo dunque ma si aggroviglia, torna indietro, va avanti, ed è passato presente e futuro insieme», spiega Anelo1997 – e con l’essere umano, perché con lui si attiva e attraverso lui si ripete ogni volta sempre diverso.
Anche le parole, insieme all’arte, raggiungo l’alta quota: la nuova edizione di RespirArt – introdotta da Maria Concetta Mattei – prosegue l’esperimento editoriale avviato lo scorso anno e lungo il percorso Parole in Alto, dal Rifugio Monte Agnello al Ristorante In-Treska, propone quest’anno di ascoltare il racconto di Daniele Rielli, finalista al Premio Strega con Il fuoco invisibile, e l’avventurosa fiaba per bambini di Sergio Camin, La cintura di Machebella, che rivela, proprio, come sia nato il sentiero che si sta percorrendo. Ad arricchire ulteriormente l’esperienza, inedite opere sonore Risuoni d’Arte di Carlo Casillo e Mariano Detassis del collettivo Miscele d’Aria Factory sono fruibili davanti alle installazioni d’arte, oggi con esecuzione del violinista Nicola Fadanelli e sempre tramite le cuffie noleggiabili alla biglietteria di Pampeago dove – raggiunta la vetta, le sensazioni si incastrano tra il respiro e le vene.
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