Rifondazione pratese |

di - 20 Aprile 2006

Sei stato per anni il vice di Bruno Corà, poi è arrivato Daniel Soutif e non ha funzionato. Ma, a posteriori un’analisi la si può fare e tu sei quello che ne ha più titolo, cosa non ha funzionato?
I sette anni trascorsi sotto la direzione artistica di Corà sono stati contrassegnati da una forte impronta curatoriale e da una serie di mostre di altissimo livello dedicate ad alcune tra le massime personalità artistiche nazionali e internazionali (Burri e Fontana, Tápies, Remo Salvadori, Sottsass jr., Gerhard Richter, Araki, Yves Klein, Kounellis, Paladino), da varie collettive di artisti europei, italiani, giapponesi, da importanti mostre tematiche: Habitus Abito Abitare, Fotografia e Metropoli, Continuità dell’Arte in Toscana, Irradiazioni sul territorio, ecc.
Soutif ha portato a Prato e in Italia un altro tipo di esperienza, modificando innanzi tutto la nostra organizzazione di lavoro, aggiornando i nostri strumenti tecnici, ottimizzando e aumentando gli spazi espositivi, consolidando le capacità e le offerte del Centro. Credo sia ingiusto dire che non ha funzionato. Basta guardare ai risultati conseguiti in poco più di due anni di attività: Wim Delvoye è una star e la sua Cloaca farà storia; Gnoli e Lo Savio sono stati due pionieri solitari che abbiamo riproposto all’attenzione del pubblico italiano ed europeo (la mostra di Lo Savio è andata anche a Digione); la personale di Vitali, la prima in un museo italiano, è andata successivamente a Bilbao e a Linz; Lavier, di cui abbiamo presentato gli ultimi lavori, lavora perfino in Cina, la nuova frontiera; le opere di Robert Morris in Italia non si erano mai viste come le abbiamo mostrate noi. Oltre a questo abbiamo prodotto nuovi progetti d’artista, mostre di nicchia quali Le Corbusier e i suoi libri (presentata anche al Mart e a Strasburgo), o Il cinema d’artista toscano degli anni ’60-’70; abbiamo ampliato e promosso la collezione, potenziato la didattica, migliorato i servizi al pubblico. Il bilancio non può che essere positivo.

Insomma secondo te al Pecci è andato tutto liscio in questi anni?
No. Quello che non funziona, per contro, è la situazione di un Centro articolato, complesso e unico in Italia che vive con risorse di poco superiori a quelle che aveva alla sua apertura, nel 1988, e molto inferiori a quelle di altri musei d’arte contemporanea italiani per non dire europei. Per una struttura di respiro nazionale e internazionale il solo sostegno del Comune di Prato non può bastare. Del resto, da diciott’anni a questa parte, sono cambiate le condizioni economiche, politiche, sociali e culturali in cui ci troviamo ad operare e questo ha delle evidenti ripercussioni sulla vita del Centro.

In effetti Prato, concentratissima sul mercato del tessile, è una delle vittime principali della globalizzazione e dei mercati emergenti.
Esatto, negli ultimi anni è la stessa struttura della città, se non il nostro “sistema-paese”, a risentire dei profondi cambiamenti in corso.

Come è stata risolta la grave situazione finanziaria del Pecci?
Per i motivi che ho appena accennato, il museo ha dovuto affrontare difficoltà anche negli anni precedenti. Nonostante tutto sono state prodotte grandi mostre, realizzati svariati eventi e attività di rilievo.

C’è stato un passaggio dell’intera collezione del Museo dal Pecci al Comune. Un passaggio controverso…
Quanto al passaggio amministrativo che la stampa ha riportato, secondo me, in modo distorto, ancora una volta il Comune ha confermato il suo sostegno e ribadito l’importanza di un’istituzione come la nostra, garantendo che la tutela, la manutenzione e l’esposizione delle opere restasse in toto a carico del museo. Lo stesso vale del resto per i numerosi prestiti a lungo termine di artisti e collezionisti, i depositi degli Amici del Museo, ecc.

E’ vero che il museo è stato costretto a vendere al Comune di Prato la collezione ad un prezzo più basso del corretto valore di mercato?
Il valore di mercato di un patrimonio museale è difficilmente quantificabile. A meno ché non si intenda veramente disperderlo.

E ora si parla addirittura di nuovi investimenti. Di che si tratta? Il Pecci allargherà i suoi spazi espositivi?
Se ne parla dal 2003, quando abbiamo prospettato un percorso che conducesse Verso un nuovo Centro (titolo di una mostra e di una giornata di studio sul tema). Adesso l’idea sembrerebbe matura: stiamo andando verso un’intesa con la Regione che potrebbe dotare Prato e la Toscana di un grande museo d’arte contemporanea, in un panorama museale in continua espansione in Italia quanto all’estero. L’interesse della Regione per il nostro museo e per l’arte contemporanea in generale appare indispensabile soprattutto in termini di politica culturale. Innanzi tutto ci permetterebbe la definitiva valorizzazione della collezione, finora esposta in spazi secondari e a rotazione. Tuttavia va fatta un’attenta riflessione sulla struttura e sui costi di gestione che un’operazione di tale portata implicherebbe in proiezione. Si tratta di fare un investimento economico e culturale a lungo termine, non solo un ampliamento architettonico.

Il tuo incarico è a termine. Ti senti un direttore pro tempore oppure lavori con la speranza (e la convinzione?) di essere riconfermato per un periodo più lungo?
L’attuale dirigenza del Centro mi ha offerto un’occasione professionale che ho accettato senza riserve, pur consapevole delle difficoltà e delle responsabilità che l’incarico comporta. Devo molto a questa istituzione e a questa città, tanto che non lesinerò il mio impegno per conseguire i migliori risultati possibili. In questi anni ho imparato che il nostro lavoro dipende da molteplici volontà e capacità: spero quindi di riuscire a dare il massimo contributo insieme a coloro i quali hanno a cuore il patrimonio e le attività del Centro Pecci.

A tal proposito, le voci più accreditate parlano di un ritorno di Bruno Corà…
No comment.

Di cosa ti stai occupando personalmente a livello espositivo?
Opera Austria è un progetto che ho concepito e sto curando personalmente insieme a due curatori austriaci, Christoph Bertsch e Silvia Höller; ci stiamo lavorando da oltre un anno e mezzo. Si tratta di una grande mostra prodotta ex novo dal Centro Pecci, all’interno di un’importante collaborazione internazionale con istituzioni e sponsor austriaci e italiani. Soprattutto sarà il primo vero banco di prova per me e per il museo in questa nuova fase, a un anno esatto dalla personale di Robert Morris.
Tengo particolarmente a questo nuovo progetto perché rappresenta non solo l’occasione per celebrare l’Austria e il suo straordinario apporto alla cultura contemporanea europea, nel semestre della presidenza austriaca dell’UE, ma anche perché si sviluppa secondo un percorso originale, incentrato su artisti di assoluta levatura (Valie Export, Flatz, Gerwald Rockenschaub, Lois e Franziska Weinberger, Erwin Wurm), intorno ai quali ruotano premesse storiche (i capolavori del passato) e proposte di artisti emergenti in una concatenazione temporale e spaziale inedita.
Oltre a questo sto portando avanti il programma stilato alla fine del 2005 con Soutif e lo staff curatoriale del Centro, ridotto in seguito alla scadenza dei contratti di collaborazione: sono previsti due nuovi progetti speciali degli artisti Marco Neri e David Smithson in primavera; la presentazione in estate di un’importante collezione privata, composta prevalentemente da opere storiche di Poesia Visiva, Poesia Concreta, Poesia Sonora, Fluxus che in gran parte verranno donate al Centro; una personale, in via di definizione, dedicata ad un artista di chiara fama internazionale per l’autunno.

E per quanto riguarda i progetti fuori dal museo?
Sono impegnato in vari progetti culturali e attività espositive promosse sul territorio dal museo insieme alla Regione Toscana e a numerosi enti locali, a cominciare da una mostra che si terrà a breve a Carmignano e ripercorrerà la produzione pittorica astratto-geometrica e informale di Alberto Moretti (fra l’altro, esponente del Movimento Arte Concreta e del MAC-Espace) e una nuova edizione della rassegna Territoria che coinvolgerà l’intera provincia di Prato con interventi di artisti provenienti da tutto il mondo.

a cura di massimiliano tonelli

*articolo pubblicato su Exibart.onpaper n. 29 – marzo/aprile 2006

[exibart]

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