“
Alla maniera d’oggi”: così scriveva il
Vasari nelle sue celeberrime
Vite, fornendo inoppugnabile
testimonianza di una coscienza critica in seno al suo secolo. E se ancora si
può dibattere sulla effettiva consistenza e opportunità del termine
Rinascimento – questione affrontata con straordinaria compiutezza in una serie
di saggi firmati da Erwin Panofsky – non c’è però motivo di dubitare che,
rispetto a quello stile talvolta definito “greco” talvolta “barbarico”, gli
uomini del Quattrocento e del Cinquecento ravvisarono in sé una particolare
capacità d’innovazione e perfezionamento. È innegabile che da loro scaturirono
modi diversi di realizzare la pittura e di pensare la realtà: modificazioni che
col tempo sono entrate stabilmente nel nostro stesso essere uomini, al punto
che potremmo considerarle cardine di un’eredità genetica occidentale.
Ma ogni retaggio, come ben sappiamo, porta con sé
conseguenze positive e negative; per esempio il razionalismo di quel tempo –
seppur per via involontaria – indusse nei periodi successivi e induce ancora
oggi il senso comune a esaminare con forte circospezione, e se possibile a
“condannare”, ogni espressione che proceda contro la figurazione e le sue norme
canoniche.
Un aspetto speculare dell’azione spasmodica con cui gli artisti,
determinati a liberarsi dal giogo di un modello ineguagliabile, hanno in
seguito ricercato il risultato originale e sconvolgente.
Sarebbe interessante tracciare, relativamente a tali
dinamiche, una “mappa” della comprensione; perché se nel passato almeno fino al
Manierismo, in un’epoca in cui la cultura media era certamente inferiore
all’odierna, nessuno si sognò di deridere un’artista – complice il ruolo
narrativo della pittura,
Biblia pauperum – oggi invece le maggioranza è solita etichettare i
risultati della contemporaneità come una stravaganza fine a se stessa
(conclusione questa solo occasionalmente vera, e comunque non accettabile
poiché derivante dal rifiuto pregiudiziale più che dall’analisi).
Dunque, sembra che il trascorrere dei secoli non abbia
portato a una progressione nel ruolo partecipativo dell’arte all’esistenza:
certo, siamo ormai ben disposti a guardare un’opera perturbante dentro un museo
o dentro una galleria, ma lo siamo molto meno nel considerare la stessa opera
quale elemento attivo della vita quotidiana. Un orinatoio rovesciato, per non
dare fastidio, bisogna che sia staccato dalle tubature e innalzato su un
piedistallo. Per simile dinamica, seppur con movimento inverso, una grande
scritta blu al neon –
all art has been contemporary – installata all’esterno del
corridoio vasariano di fronte al fiume e ai colli, si trasforma
nell’immaginario comune in un’invasiva pubblicità di ristorante.
Ecco il senso dell’ampia introduzione: si dia fiducia alla
critica per cui Firenze, città natale del Rinascimento, sarebbe rimasta sepolta
tra le polveri di un genio trascorso. Ebbene, al di fuori degli artisti e di
coloro che contemplano l’arte per lavoro o per passione, chi è davvero disposto
ad aprirsi alle proposte, alle incertezze e alle conquiste della
contemporaneità?
Il 2009 ha segnato l’inizio di un progetto dal titolo
Toscana
incontemporanea,
tentativo concreto della regione di aprirsi alle espressioni artistiche
attuali. Tra i momenti salienti dell’iniziativa ci sono state una
conferenza-spettacolo di Achille Bonito Oliva sul Futurismo, la rassegna
cinematografica
Lo schermo dell’arte in collaborazione con la Strozzina, la mostra su arte e
natura ospitata da Palazzo Fabroni. In sintesi, una rete – per adesso limitata
a Firenze, Prato e Pistoia – che ha trovato il momento culminante proprio con
Alla
maniera d’oggi. Base a Firenze, esposizione in partecipazione con il Centro Pecci.
L
‘idea del curatore Marco Bazzini è semplice e audace al contempo, poiché pone
in relazione – uno dinanzi all’altro senza pregiudizio – il passato e il
presente:
“L’iniziativa ha origine da una doppia ispirazione. Innanzitutto
dimostrare la possibilità di un dialogo tra l’arte antica e quella
contemporanea, attraverso interventi decisi ma non invasivi. A ciò si aggiunge
la volontà di riconoscere l’attività di Base, che dal 1998, con grande
determinazione e talvolta con sacrifici economici, è divenuto un luogo fondamentale
di incontro ed aggiornamento; in qualche modo è come se la città rendesse agli
otto artisti un po’ di quello spazio che loro hanno messo a disposizione degli
altri.”Mario Airò,
Marco Bagnoli,
Massimo Bartolini,
Paolo Masi,
Massimo Nannucci,
Maurizio Nannucci,
Paolo Parisi e
Remo Salvadori: sono questi gli autori chiamati
a intervenire, nel rispetto dello stile originario e di quello proprio, in
luoghi cittadini di primaria importanza, ossia il Museo di San Marco, la
Galleria dell’Accademia, la Colonna di San Zanobi in Piazza del Duomo, per
menzionarne alcuni. Inoltre, come ricorda la soprintendente Cristina Acidini,
ulteriori siti, di norma esterni agli itinerari turistici, sono stati
selezionati con intento promozionale:
“Se al termine della mostra saremo
riusciti ad attirare visitatori non residenti nel Chiostro dello Scalzo,
piuttosto che nel Cenacolo d’Ognissanti, potremmo già considerarlo un ottimo
risultato”.
Le voci sono concordi nell’affermare che ogni singola
installazione è stato concepita con cura e riflessività, così da non
danneggiare né a livello materiale né a livello espressivo le opere antiche;
rassicurazione che però non pare aver frenato le polemiche e le preoccupazioni.
In risposta al paradosso di una componente cittadina che d’improvviso si è erta
a paladina del passato splendore – con solerzia superiore a quella
istituzionale – invitiamo Marco Bazzini a una considerazione:
“Sapevamo che
ci sarebbero state polemiche ed esortazioni, critiche e apprezzamenti, è
normale per un’iniziativa del genere. Per la verità io spero che se ne parli
molto, perché ‘Alla maniera d’oggi’ potrebbe servire da catalizzatore per
l’arte contemporanea”.
In tale ottica ci sarebbe bisogno che l’esposizione non si
limitasse al singolo episodio, ma trovasse una continuità annuale (fatto che
pare confermato almeno per l’edizione 2010 di
Toscana incontemporanea). E se per questa prima occasione
c’è stato il comprensibile bisogno di ricorrere a un gruppo di artisti ben
affermati a livello internazionale, per le successive si potrebbe osare di più:
unire a nomi riconoscibili, la novità di giovani autori di qualità.
È un invito, questo, a insistere e a sperimentare,
affinché in città tutti imparino a conoscere, semplicemente guardandosi
intorno, che cosa accade nell’arte del presente.
Visualizza commenti
Idea semplice e audace? un attimo distinguamo tra ciò che è innovazione e trita riproposta di ciò che è già stato...1980 Lara Vinca Masini cura Umanesimo/Disumanesimo 10 artisti contemporanei espongono nei palazzi storici fiorentini e sono chiamati proprio a stravolgere la regola rinascimentale. Questa è storia.Dunque niente di nuovo all'orizzonte....e poi tutto questo accattivarsi il buon senso (i richiami al Rinascimento e al Vasari si sprecano) si capisce proprio che la piazza in questione è Firenze, che si è giocato al risparmio energetico. L'osare non è proprio più di questi tempi, d'altronde non è questo il luogo nè tantomeno la regìa giusta....
Che l'Arte sia sempre contemporanea,personalmente, la vado dicendo da diverso tempo, e l'evento è senz'altro importante. Ma chi si confronta col passato usando mezzi, diciamo, tradizionali,quali pennelli e tinte, magari mesticate all'antica, rileggendo i modi trascorsi in un discorso attuale, cercando di riprendere discorsi interrotti, o di proseguire ricerche abbandonate per l'incalzare di avanguardie, può ritenersi"contemporano"?
All art has been temporary. C'è un artista molto bravo, Driant Zeneli, che ha fatto un video con l'opera di Nannucci alla Gam di Torino, quando tre lettere non funzionavano. Fico!