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23
febbraio 2018
Roberto Daolio, un complice dell’arte
Progetti e iniziative
Attraverso le opere che gli artisti hanno donato al critico bolognese, al MAMbo va in scena un omaggio che racconta della lungimiranza di un punto di riferimento, anche umano
Con un bel titolo alla Italo Calvino, “Vita e incontri di un critico d’arte attraverso le opere di una collezione non intenzionale”, e con la cura di Uliana Zanetti, presso il MAMbo fino a maggio c’è una mostra di opere che sono state donate allo stesso Museo da Stefano Daolio e Antonio Pascarella, e che appartennero a Roberto Daolio, il critico d’arte che nel 2013 ci lasciava come sempre aveva vissuto, con discrezione, signorilità, e un sorriso prezioso perché in ogni circostanza rigorosamente autentico.
Nel 2012 Roberto concludeva l’insegnamento all’Accademia di Belle Arti di Bologna, dove per decenni con il corso di Antropologia e Sociologia dell’Arte aveva dato tempo e ascolto a giovani studenti che a volte sarebbero divenuti artisti di grande notorietà, e gli sarebbero stati debitori di sostegno e concreti incoraggiamenti, veri lanci nel sistema dell’arte. E tutto questo da Roberto era portato avanti senza sottolineature e clamore, con una purezza d’intenti, quasi una severità, e un’assoluta gratuità, che ne faceva un punto di riferimento raro nel mondo dell’arte contemporanea.
Roberto Daolio, foto di Mili Romano
Una mostra di grande interesse, questa del MAMbo, tesa a ricostruire un vasto versante culturale e affettivo di Daolio, attraverso le opere donategli da artisti che si avvalsero del suo sguardo critico e che lo ebbero come compagno di strada, con un allestimento raccolto e denso, collettore di significativi frammenti biografici e lavori di personalità che hanno segnato i percorsi creativi dei nostri giorni, da Andrea Pazienza a Maurizio Cattelan, da Igort ad Alessandro Pessoli, da Piero Manai a Grazia Toderi…E fa bene Uliana Zanetti, a sottolineare che le “Evoluzioni della critica d’arte e del collezionismo sono da tempo oggetti di studio consolidati, benché restino spesso invisibili nelle mostre di arte contemporanea”.
Qui no, qui invece si fa strada un curioso intreccio, curioso come la vita: Daolio segue un artista, con l’impegno civile che da sempre lo caratterizza, l’artista gli dona un’opera, e dopo la sua morte tutte le opere vengono donate dagli eredi al MAMbo, che le accoglie all’interno delle proprie raccolte per indicare i punti di incrocio di un intenso percorso individuale “Con alcuni eventi e fenomeni salienti dell’arte recente, sondando, insieme alle tappe di una singolare biografia intellettuale, la possibilità di accoglierne gli indizi in un contesto narrativo più ampio”. Così i messaggi del carissimo amico Pier Vittorio Tondelli vergati su cartolina, la lunga intervista a Marcello Jori, che con Roberto divise casa a Bologna unitamente a Federica Cimatti, la testimonianza grata e commossa al limite dell’afasia di Eva Marisaldi, ne raccontano il carattere schivo e generoso, e la precoce attenzione alle contaminazioni linguistiche, divenute poi punti stabili della contemporaneità.
Roberto Daolio. Vita e incontri di un critico d’arte attraverso le opere di una collezione non intenzionale MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna, Project Room veduta della mostra
Un’attitudine già versata nell’organizzazione della famosa “Settimana della Performance”, inventata con Francesca Alinovi e Renato Barilli a fine anni ‘70 nell’allora Galleria d’Arte Moderna di Bologna, che portò in città artisti da tutto il mondo, tra cui Laurie Anderson, Marina Abramovic, Franco Vaccari, Giuseppe Chiari, Fabrizio Plessi, Vincenzo Agnetti, Luca Patella, Arrigo Lora Totino, Lamberto Pignotti, Fabio Mauri, Giorgio Colombo, Vettor Pisani. Fino ai tempi più recenti, fino ai progetti di arte pubblica e alla stretta complicità intellettuale con Mili Romano, tenace promotrice, sempre con la partecipazione amicale di Roberto, dell’utile e coraggiosissimo Cuore di pietra. “Si è parlato molto del lavoro di Daolio – ha scritto Lorenzo Balbi – degli artisti che ha “lanciato”, dei testi che ha scritto, delle lezioni che ha fatto… credo che la vera eccezionalità del suo lavoro sia nel lavoro stesso, nella modernità e nell’aggiornamento della figura del critico/curatore che con il suo impegno ha contribuito a modellare”.
Eleonora Frattarolo