La strana coppia è sbarcata a Milano, grazie alla Fondazione Trussardi che festeggia dieci anni di mostre curate da Massimilano Gioni diffuse in edifici o palazzi storici significativi, dimenticati o non accessibili al pubblico, trasformati in temporanei luoghi espositivi, dove artisti di fama internazionale si relazionano con lo spazio. Dopo la mostra di Peter Fischli e David Weiss a Palazzo Litta, Pipilotti Rist nell’ex cinema Manzoni e l’anno scorso Cyprien Gaillard nella Caserma XXV Maggio, vista la collaborazione avviata con l’Esercito italiano e il successo di critica e di pubblico riscontrato, Gioni ha osato di più, portando opere di artisti dichiaratamente contro il potere dentro al Comando dell’esercito Lombardia nel cuore di Brera, ex quartiere generale austriaco, un palazzo “blindato” che ospita il salone del ballo Radetzky, il Circolo degli Ufficiali e attualmente la sede rappresentativa della N.A.T.O .
Allora & Calzadilla, etnografi post-colonali, rappresentanti di un’arte impegnata nel panorama internazionale, quelli del carro armato capovolto e trasformato in un gigantesco tapis- roulant, nel padiglione Usa, in occasione della Biennale di Venezia del 2011, come metafora della inutile ginnastica militare e contro la politica imperialista statunitense, a Palazzo Cusani, gioiello architettonico di Milano, da secoli teatro di avvenimenti politici e mondani, sono partiti dalla relazione tra la sede militare, la musica e il potere, ripensandolo come un ideale teatro “epico”, adatto per la visione e l’azione della “musica di potere”.
La loro ricerca artistica interdisciplinare comprende diversi linguaggi e tecniche: scultura, fotografia, performance, suoni e video e a palazzo Cusani, 52 interpreti, musicisti e ballerini alterano la percezione dello spazio. Protagonista sono la musica, le voci, i gesti, il suono che si intrecciano con la storia del luogo, fattori che combinati insieme superano le barriere culturali, politiche, sociali, cronologiche e agiscono come collettori di energie, assumendo un valore performativo. Il filo narrativo lo tiene la musica e le voci liriche che rimbombano nello spazio e sembrano emergere dalle macerie del tempo. Performance di “sculture sonore” e immagini che seguono uno spartito originale, alternando sorpresa, poesia e brani musicali che non si raccontano ma si devono ascoltare. Per la coppia, l’arte è un presupposto d’indagine della complessità del presente globalizzato, ma con leggerezza anche se vengono affrontati temi impegnati, come l’identità nazionale, la democrazia, il potere, la libertà e i possibili capovolgimenti sociali.
La mostra milanese concepita ad hoc per la Fondazione Trussardi, nel titolo “Fault Lines”, dice già tutto: un termine che tradotto significa linee di confine e frastagliate, ovvero quelle fratture del suolo che si formano nel punto d’incontro tra due masse rocciose in movimento, instabili punti che nascondono fragilità profonde e che potrebbero sfaldarsi da un momento all’altro. La debolezza, diventa un punto di forza per indagare concetti di confine, metafore di quelle linee fisiche e simboliche che creano divisioni tra due mondi, zone di demarcazione che generano tensioni.
Le guerre da sempre seguono il ritmo di musiche celebrative, che nel passato hanno avuto una funzione psicologica e comunicativa di valori militari e dell’amor di patria, ma per Allora & Calzadilla è tutta “un’altra musica”, in cui tempo e spazio si fondono in potenti metafore che rimbombano nella testa anche quando si esce da Palazzo Cusani. Varcata l’entrata del Palazzo, nel cortile ridisegnato dal Piermarini spiazza Sediments, Sentimens (Figures of Speech, 2007): una perfomance dal vivo eseguita da soprani e tenori della Civica Scuola di Musica di Milano, scomodamente imprigionati dentro ad una grande massa di poliuretano mentre interpretano brani tratti dai più significativi discorsi ufficiali pronunciati dai protagonisti della storia del Novecento, da Martin Luther King a Nikita Khrushchev, dal Dalai Lama fino a Saddam Hussein che, svuotati dalla retorica, smascherano artifici, attraverso voci che sembrano plasmare una sorta di “geologia” della storia in forma di musica.
Sullo scalone d’onore, Wake Up(Rising 2013): un’altra performance di un trombettista jazz che improvvisa note della sveglia militare, reinterpretandola in chiave sperimentale, evidenziando il ruolo simbolico della musica nella vita militare. Al primo piano del Palazzo, nel maestoso Salone da ballo con specchi e stucchi, dedicato a Radetzky, generale austriaco che qui s’insediò dal 1848, la musica viene incontro allo spettatore, instaurando un filo con la storia con l’opera Stop, Repair, Prepare, Variations of ‘Ode to Joy’ for a Prepared Piano (2008), già esposta al MoMA e al Castello di Rivoli, composta da un pianoforte Bechstein a coda di inizio Novecento scavato da un buco circolare da cui spunta un pianista in piedi che da dietro la tastiera, e mentre si muove nella sala, suona il quarto movimento della Nona Sinfonia di Beethoven, meglio noto come Inno alla Gioia, che evoca il coro polifonico come rappresentazione della fraternità e fratellanza universale. Alle pareti del Salone stridono due tele che rappresentano fatti di cronaca di scottante attualità, della serie Intermission (Halloween Afganistan, 2012), che rappresenta soldati americani in missione di guerra, mentre festeggiano la notte di Ognissanti, mascherati da supereroi.
Nella Sala Garibaldi, fa capolino il video Returning a Sound (2004), incentrato sul tema della musica, in cui si vede un giovane mentre attraversa il territorio dell’Isola Vieques, a Portorico, su un ciclomotore cha ha una tromba saldata alla marmitta, producendo suoni provocati dai sobbalzi della strada e dalle accelerazioni del motore. Quest’isola è stata per sessant’anni sede di una base militare americana, dal 2011 è stata restituita a Portorico, e la coppia ha deciso di viverci. Il percorso prosegue nella Sala della Braida, con la perfomance da brivido: Revolving Door (2011): una “porta girevole” composta da dodici ballerini schierati in fila, che muovendosi fendono a metà lo spazio da una parte all’altra, creando una sorta di barricata umana. I performer del Teatro Scuola Paolo Grassi di Milano, marciano, camminano, si fermano, seguendo una coreografica circolare, scandendo passi ispirati a marce militari, cortei e coreografie di ballo. Questa imprevedibile parata invita a riflettere sull’utilizzo dei gesti e la loro funzione di costruzione di una comunità.
Nella Sala degli Intarsi, merita attenzione il video Apotome (2013), secondo capitolo di una trilogia esposta in anteprima assoluta in Italia, di cui Raptor’s Rapture è il primo episodio, anch’esso incentrato sul dialogo tra uomo e animale, attraverso la musica, girato all’interno del Muséum National d’Historie Naturelle di Parigi, ispirato a due elefanti portati nella Ville Lumiere come trofei di guerra del 1798. Nell’elegante Sala degli Amorini, stride Petrified Petrol Pump (2012), una pompa di benzina simile a un fossile, come un reperto archeologico del futuro, ready-made dello sfruttamento umano delle risorse naturali. Il tema uomo e ambiente, uomo e animale, natura e musica è poeticamente declinato anche nel video 3 (2013), che chiude il percorso espositivo e la trilogia di cui fanno parte Raptor’s e Apotome, in cui il suono instaura un legame con il passato e con l’ancestrale. Questo video ruota intorno al tema la Venere di Lespugne, manufatto in avorio di mammut, di 25mila anni fa, che riproduce una sagoma antropomorfa dalle sinuose forme femminili, custodita nel Musée de l’Homme di Parigi dai complessi significati simbolici, che traduce in termini visivi la relazione tra Venere e la musica, con una partitura per violoncello, eseguita dal vivo da Maya Beiser di fronte al misterioso reperto.
Qui si chiude la mostra di Allora &Calzadilla, archeologi di tracce primigenie e si apre una riflessione sulle culture primitive, sulle nostre origini e sulla funzione simbolica del suono che ha accompagnato l’evoluzione della storia della civiltà umana.
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