Rosso e Pontormo, gemelli diversi

di - 31 Marzo 2014
I curatori Antonio Natali e Carlo Falciani della mostra di scena a Palazzo Strozzi fino al 20 luglio propongono una nuova lettura della figura e dell’opera dei due pittori che, nati ambedue nel 1494, erano sempre stati assimilati tra loro e considerati “fratelli” nell’arte e nella vita. Seppure tutti e due siano stati allievi nella bottega di Andrea del Sarto – il pittore “senza errori” come lo aveva definito Giorgio Vasari – è il 1514 l’anno della svolta quando i due artisti rompono con gli schemi classici e si orientano verso una pittura di “maniera” che portano avanti in modo autonomo e differente. Se gli affreschi realizzati nel Chiostrino dei voti alla Santissima Annunziata vedono i due pittori, ancora molto giovani, partire da un’esperienza comune, di lì a poco le loro strade si diversificano e questo porterà Pontormo a realizzare gli affreschi per la villa medicea di Poggio a Caiano e Rosso a rivolgersi a una problematica d’ispirazione più arcaizzante che lo allontana definitivamente da Firenze.
Le divergenze formali tra i due artisti rispetto al Maestro sono evidenti nel confronto fra le tre pale d’altare dove, in mostra, alla Madonna delle Arpie di Andrea del Sarto sono affiancate sulla sinistra la Pala Pucci di Pontormo e sulla destra la Pala di Spedalingo di Rosso: è evidente come il complesso classicismo compositivo dell’opera di del Sarto lasci il posto da un lato a un colorito dolce e misurato di leonardiana memoria (Pontormo) e dall’altro a una composizione improntata ai modi quattrocenteschi con personaggi scarni e dall’aria disperata (Rosso).

Se inoltre Pontormo si lega all’entourage mediceo che di lì a poco riprende possesso di Firenze dopo la parentesi repubblicana, Rosso ha contatti con una certa aristocrazia legata al mondo repubblicano e assume l’eredità religiosa savonaroliana. E qui le strade si dividono: Pontormo si lega alla Firenze dell’epoca, mentre Rosso appare più aperto alla scoperta di nuovi mondi, anche perché, non avendo commissioni a Firenze, lascia la città natale per andare prima a Piombino, poi a Napoli e di lì a Volterra, dove lascia una impressionante Deposizione, e ancora Roma, Sansepolcro (altra memorabile Deposizione), Città di Castello e poi alla corte francese dove tratta anche temi non religiosi che risultano molto meno drammatici.
Pontormo invece guarda molto alla pittura tedesca, di Dürer in particolare, mantiene una maggiore adesione ai modi naturalistici leonardiani e si orienta, salvo poche eccezioni, quasi esclusivamente su soggetti sacri. Le adesioni alla maniera tedesca sono particolarmente evidenti nel ciclo di affreschi della Certosa del Galluzzo, che furono aspramente criticati da Vasari, e nella Cena di Emmaus (oggi agli Uffizi) che fanno  parte della stessa committenza. Pontormo lavora poi su forme d’ispirazione michelangiolesca negli affreschi (oggi scomparsi) del coro della chiesa di San Lorenzo a Firenze che rielabora in modo eccentrico e del tutto personale.

La mostra, organizzata in dieci sezioni tematico-cronologiche, propone dunque due percorsi monografici paralleli entro i quali è possibile percepire similitudini e differenze tra i due pittori. Sia Rosso che Pontormo sono stati dei grandi innovatori nella pittura del Cinquecento, ma ognuno dei due, fatto salvo il magistero di Andrea del Sarto, attinge a un diverso mondo politico e culturale. Una prova viene anche dalla ritrattistica, che agli inizi del XVI secolo aveva avuto in Raffaello un autorevole innovatore e che prosegue sia con Rosso che con Pontormo, i quali ne lasciano un’ampia produzione. Pontormo può essere definito il pittore della famiglia Medici fino all’avvento di Bronzino, mentre Rosso è stato ritrattista di grande maestria, ma nessuna delle sue effigi è stata identificata con sicurezza; questo sottolinea ancora una volta quanto Rosso fosse la voce di una fazione politica e culturale “sconfitta” in quegli anni e lontana dalla centralità del potere mediceo. Le linee figurative sperimentali portate avanti dai due artisti risultano quasi alternative tra loro e animarono un dibattito piuttosto vivace in quegli anni.

Tra il 1527 e il 1530 l’Italia conosce profondi sconvolgimenti politici e di conseguenza anche culturale. Nel 1527, anno del sacco di Roma, Rosso – reduce dal lavoro mai concluso alla cappella Cesi in Santa Maria della Pace – è nella città eterna ed è testimone del brutale evento, ma presto va a Sansepolcro dove lascia un segno evidente con la Deposizione. Pontormo, invece, negli stessi anni rimane a Firenze – tornata repubblicana – e realizza la Visitazione per la chiesa di San Michele a Carmignano. Questi dipinti ben evidenziano la distanza che si è creata tra i due artisti. Da un lato una drammaticità vibrante e dall’altro una affascinante compostezza.
Dopo il 1530 con il ritorno dei Medici a Firenze, Pontormo riprende ad essere il pittore di riferimento della famiglia, mentre Rosso non tornerà più in città e si rifugia in Francia, insieme ad altri fuoriusciti, alla corte di Francesco I per il quale lavora al castello di Fontainebleau.

Da questo momento in poi Pontormo si orienta verso modi pittorici più complessi ed eleganti mentre Rosso aderisce maggiormente allo stile michelangiolesco. Questo porterà Vasari – che in particolare nell’edizione delle Vite del 1568 celebra una fiorentinità letteraria e figurativa – a esaltare Rosso per aver portato Oltralpe quest’aspetto di cultura fiorentina e a criticare Pontormo per la poca adesione ai modi michelangioleschi che Vasari stesso tanto celebrava.
La fortuna critica dei due artisti ha subito nel corso dei secoli fasi alterne, ma ai nostri giorni l’impronta lasciata dalla “maniera moderna” è consueta e molto diffusa sia in pittura che nel cinema e questo mette in luce ancora una volta quanto i due artisti siano da sempre stati proiettati nella modernità.
Già Pasolini, nel 1963, nell’episodio La Ricotta del film RoGoPag, aveva ricreato in modo fedele alcuni tableau vivant tratti sia dalla Deposizione di Rosso Fiorentino sia da quella di Pontormo. Tra le più recenti “riletture” deve essere ricordata The Greeting, la video installazione che Bill Viola realizzò nel 1995 ispirata alla Visitazione di Pontormo. L’opera, che venne presentata alla XLVI Biennale di Venezia, è visibile a conclusione del percorso espositivo di palazzo Strozzi. In quest’opera per la prima volta Bill Viola si è posto direttamente a confronto con uno dei grandi capolavori del passato e utilizza lo slow motion, tecnica attraverso la quale viene sottolineata la fissità dell’opera di Pontormo.

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  • trovo la mostra esaustiva ben allestita e mi riconosco nell'articolo, belle foto

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