Se telefonando…

di - 9 Ottobre 2017
Esattamente 20 anni fa apriva a Londra “Sensation”, la mostra che avrebbe consacrato definitivamente gli YBA (Young British Artists) e con essi il loro mentore, Charles Saatchi, trasformatosi da guru della pubblicità a guru dell’arte contemporanea, e mostrandoci crudelmente come le due cose potessero sovrapporsi perfettamente sull’ultimo scorcio del XX secolo.
Una scena strana e scintillante quella della Londra del 1997, da cui emersero rabbiosamente varie, e spesso sconcertanti, personalità artistiche destinate a resistere fino ad oggi con esiti alterni: se per tutti noi i nomi Damien Hirst, Rachel Whiterhead, Sarah Lucas, Jake & Dinos Chapman, e tanti altri, suonano ormai familiari quasi come il nome di un nostro cugino, il caso è diverso per artisti come Simon Patterson o Abigal Lane, rimasti più in ombra rispetto ai compagni più celebri. E questo ci dovrebbe far riflettere su come la “trovata”, in arte come ovunque, è un’arma a doppio taglio se non contestualizzata in un percorso intellettuale e creativo più che solido e strutturato.
La mostra destò scalpore, proteste, malumori sia a Londra sia a New York – dove si spostò nel 1999 – e per opere differenti (a Londra scandalizzò l’opera di Marcus Harvey, a New York la Virgin Mary di Chris Ofili), e molti di quegli artisti avrebbero continuato a creare scompiglio negli anni a venire (ricordate solo tre anni fa l’affaire fratelli Chapman al MAXXI, quando venne rimossa la loro Piggyback considerata “pedopornografica”?).
Poter viaggiare nella Londra del 1997, sentire che aria tirava, respirare un poco di quella ingenuità tipica del passato quando ancora il futuro non è successo, sarebbe incredibile vero? Come un viaggio nel tempo. Fatto sta che ho trovato in soffitta questo vecchio telefono, di quelli grigi a disco, e ho provato a fare un numero, così per gioco, un numero che iniziava per +44-2- e…

Sensation: Young British Artists From The Saatchi Collection, installation view at The Royal Academy of Arts, London, 1997. Courtesy Saatchi Gallery, London. Photography by Stephen White

Londra, Novembre 1997
È il 1997, Londra, siamo in piena Cool Britannia. Squilla il telefono.
-Io alternativo – Hello?
-Io – Ciao, sono io, volevo chiederti qualcosa su una mostra che stanno facendo lì da te.
– Ok, spara. Aspetta un attimo però, abbasso la radio. [Rumore di passi. In sottofondo arriva Spice Up Your Life. Le Spice Girls, le avevo dimenticate. Per fortuna.] Eccomi, scusa.
– Allora, che si dice?
– Tutto ok, è un buon momento qui. Sai, abbiamo un primo ministro labourista, Tony Blair.
– Bambi, sì, lo so.
– Bambi, esatto [ride] così lo chiamano, è il primo ministro più giovane dal 1812! Non sai, c’è un’aria euforica da qualche anno. Vedessi Bankside! È tutto un cantiere! Sai il progetto per la nuova Tate? L’hanno assegnato a Herzog & de Meuron, dovrebbe essere pronto per il 2000.
– Bisogna vedere se ce la fanno!
– Ma va, certo che ce la fanno mica stiamo a Roma bello! [ride] Insomma, è un nuovo Rinascimento, come negli anni ’60, London swings again! Allora, di che mostra vuoi sapere?
– Quella alla Royal Academy of Art, Sensation. Ha aperto pochi giorni fa.
– Ah! La combriccola di Saatchi! Sta facendo molto scalpore, gli Young British Artists è già un po’ di anni che scorrazzano per Londra e anche fuori: ricordi tre anni fa a Minneapolis, Brilliant! ?. Già erano aggressivi e boriosi all’inizio, figuriamoci ora che Saatchi li sta spingendo come se non ci fosse un domani! Tra l’altro Sensation dovrebbe andare anche a Berlino e New York nei prossimi due anni.

Sensation: Young British Artists From The Saatchi Collection, installation view at The Royal Academy of Arts, London, 1997. Courtesy Saatchi Gallery, London.

– Perchè aggressivi?
– Perchè lo sono, sono un po’ spavaldi un po’ sbruffoni, si atteggiano a nuovi ribelli punk, ma in realtà gli interessa eccome entrare nel mercato, fare soldi, e in effetti ci stanno riuscendo [Penso tra me e me, chissà che direbbe se gli raccontassi dell’asta del 2008 che ha fatto Hirst da Sotheby’s, vendendo opere per centoundici milioni di pounds scavalcando completamente le gallerie] . Ora sembrano più rockstar che artisti, in questo un poco la strada la ha spianata Jeff Koons. Devo dire che si sono sempre dati da fare, da soli, sono self made artists, se vogliamo dirla tutta. Le prime mostre, a partire da Freeze nel 1988, furono tutte autoprodotte, in alcuni capannoni, e autocurate. Poi Saatchi comprò tutto, e…il resto lo sai, lui è il più grande della pubblicità e dei media, e se controlli i media controlli tutto, il Turner Prize, tutto! E poi sul mercato è scaltrissimo, è un vero…squalo! Scusa la battuta, non ho resistito! [ride] E nonostante tutto riesce a fare la parte del mecenate, del nuovo Lorenzo de Medici…
– Insomma mi stai dicendo che questa mostra è la consacrazione sia di Saatchi re del mercato d’arte britannico, sia dei suoi artisti, giusto? E com’è? Vale la pena?
– Beh, è comunque imponente, fastidiosa, provocatoria. Non si capisce bene se dietro ci sia solo provocazione però, la vecchia tattica di épater les bourgeois, o qualcosa di più. Gli artisti sono molto diversi tra loro, non sono accomunati da nulla, tranne da una certa crudezza e violenza nei soggetti e nel modo di trattarli. Qualcosa di eccessivo. Tendono a colpire il pubblico nello stomaco. Sono viscerali, diretti, cinici. Secondo me è lo stesso meccanismo di certe pubblicità, lo shock, tipo prete-bacia-suora di Oliviero Toscani, no? Poi ci sono tanti esempi anche nella musica, pensa a Marylin Manson, oppure a certi video dei Prodigy…è lo Zeitgeist, fratello! Gli YBA hanno intercettato lo Zeitgeist e lo stanno cavalcando alla grande.
E poi c’è anche questa ricerca della carnalità, della materialità….

Sensation: Young British Artists From The Saatchi Collection, installation view at The Royal Academy of Arts, London, 1997. Courtesy Saatchi Gallery, London.

– Sì, sì, ma non divagare, mi stavi dicendo degli YBA?
– Per esempio Hirst, lo conosci no? Lo squalo… Qui presenta anche – oltre a un maiale tagliato a metà in formalina – l’opera della quale si innamorò Saatchi: One thousand Years, una enorme teca con un pezzo di carogna e mosche che in allegria mangiano, si riproducono e muoiono in continuazione. Si sente anche la puzza, è tremendo!
– Dio mio che schifo! E poi?
– Chris Ofili ha esagerato, indovina? Hai presente quello che tutti hanno sempre sognato di fare ma nessuno ha mai osato farlo, dipingere con lo sterco? Lui l’ha fatto. E con sterco di elefante per di più. In un’opera intitolata The Holy Virgin Mary, per di più. Che poi a dirla così chissà che sembra, sono sfere di sterco che lui applica sulla tela, o usa come supporto per le tele, non è proprio che dipinge con la merda! In un certo senso è un ritorno ai materiali poveri, più poveri di così! E comunque sta attirando un sacco di proteste. Mai quanto l’opera di Marcus Harvey, ha fatto un ritratto enorme di Myra Hindley, la serial killer di ragazzini degli anni sessanta.
– Non mi sembra così scioccante…
– Fatta con le impronte di mani di bambini, però. Questa sta veramente scatenando il finimondo. Già è stata vandalizzata, hanno dovuto mettere un perspex davanti, pensa. E a proposito di bambini, credo che faranno discutere anche le sculture dei fratelli Chapman, Jake e Dinos. [Rido tra me e me, penso alla querelle su una loro scultura al MAXXI. Nel 2014. Diciassette-anni-dopo]. Hanno un che di surreale, di disturbante, sono corpi seminudi di bambini e adolescenti fusi tra loro in modo innaturale, ma con parecchi riferimenti sessuali pesanti. Poi c’è Mat Collishaw che porta un primo piano di quello che sembra un buco di proiettile in un cranio. Anche il Dead Dad di Ron Mueck è abbastanza impressionante, il farlo in scala tre quarti è stato geniale, aumenta il senso del perturbante, senza parlare delle implicazioni psicanalitiche, quindi vedi, è vero, cercano l’effetto facile, per impressionare i visitatori, ma a volte ti sembra di intravedere una lettura più profonda (ok, diciamo meno superficiale!) in alcuni casi. Anche l’autoritratto di Marc Quinn fatto col suo sangue congelato, alla fine se vuoi lo puoi leggere come metafora dell’artista e della sua opera fatti della stessa sostanza, sangue, e bla bla bla…

Sensation: Young British Artists From The Saatchi Collection, installation view at The Royal Academy of Arts, London, 1997. Courtesy Saatchi Gallery, London.

– Ok, ho capito. Ma che dici, cosa rimarrà tra dieci, venti, trenta anni? Riusciranno a crescere o rimarrà solo il ricordo di una carnevalata horror?
– Mah, chi può dirlo…alcuni sono già più forti di altri, lo percepisci, lo vedi. Altri sembrano essere in scia di quelli più forti, prendi Alain Miller che fa delle arcimboldate con organi e viscere…cercano di creare un piccolo effetto shock anche loro, ma gli artisti del gruppo più grandi e cattivi li surclassano senza pietà. Poi bisogna vedere anche come sapranno gestire il personaggio che si stanno cucendo addosso, che è anche una gabbia, ma anche un brand, un marchio. Guarda Tracey Emin, ok, la ragazza cattiva, ma tra vent’anni? Riuscirà a evolversi? Al di là di questo – le provocazioni passano velocemente – ho l’impressione che il loro valore, quello che resterà, sarà l’aver inventato un nuovo modo per l’artista di relazionarsi con il mercato, e con i media, più scaltro e disinibito, e moltiplicato a livello di branco. In fondo, si stanno muovendo come un branco, no? E tu, che mi dici?
– Lo sai che non posso dirti niente, sono le regole.
– Dai, dimmi almeno se la Apple è riuscita a rendersi competitiva ora che è tornato Steve Jobs!
Click.
Mario Finazzi

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