Perché non ci sono grandi artiste donne? Si chiedeva Linda Nochlin nel suo celebre testo del 1971. La risposta rovescia il punto di vista: perché la categoria di “grandezza” è sempre stata declinata al maschile, escludendo le donne dalla narrazione della storia dell’arte. Anche se i paradigmi stanno progressivamente cambiando, ancora adesso la posizione delle artiste rimane secondaria, soprattutto in alcune zone del mondo. Per questo nasce Secondary Archive, il nuovo archivio digitale che presenta le artiste donne del Centro e dell’Est Europa.
Secondary Archive, il Secondo Archivio – come Il Secondo Sesso, celebre saggio di Simone de Beauvoir del 1949, dove emerge la posizione subordinata attribuita alla donna nella società. Così, nel settore dell’arte, le donne artiste sono state spesso trascurate, marginalizzate, dimenticate (ne parlavamo anche in occasione dell’uscita di Great Women Artists di Phaidon).
In particolare, alcuni paesi dell’Europa centrale e dell’est hanno subito un’invisibilizzazione anche introiettata, al punto che «conoscevamo meglio la storia dell’Occidente che quella dei Paesi a noi vicini». Così racconta Agata Cieślak, artista e coordinatrice di Secondary Archive.
A partire da questa affermazione e per costruire una nuova consapevolezza del contributo che le donne hanno dato in questo campo, la Katarzyna Kozyra Foundation di Varsavia ha selezionato un gruppo di artiste e ha creato Secondary Archive. Un progetto unico nella sua specie, che intende restituire spazio e voce alle donne, generando una nuova cartografia della storia dell’arte. Una mappatura preziosa per immaginare nuove mostre e ricerche, impostate su criteri finora inediti.
La piattaforma intende essere di facile fruizione – una sorta di Wikipedia di settore. Per ora sono 250 le artiste inserite nell’archivio online, con l’obiettivo di una progressiva espansione. Ognuna di loro dispone di una pagina personale in cui raccoglie i propri lavori e presenta uno statement originale in cui spiega le ragioni dietro la sua produzione. «L’obiettivo era invitare le artiste donne a parlare per loro stesse», ha spiegato Cieślak ad ArtNet.
Le artiste sono divise in più categorie, per esplorare l’archivio secondo criteri differenti. C’è una categorizzazione a partire dal paese di provenienza: Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria sono quelli finora presenti, anche se è in programma l’espansione in Bielorussia e Ucrania, come in Lettonia, Estonia e Lituania.
Riunire tutti questi Paesi all’interno del progetto è particolarmente significativo. Tutti partono da un retroterra storico-culturale simile, ma, con il passare degli anni, questi Stati hanno assunto traiettorie completamente differenti, e così anche le loro artiste. Ricercare punti di connessione e di lontananza può essere un interessante spunto di riflessione sulla storia delle varie regioni europee.
Un altro criterio di divisione dell’archivio è quello generazionale: le artiste selezionate sono infatti divise in tre generazioni. Dalle artiste della neo-avanguardia, operative negli anni successivi alla Seconda Guerra Mondiale, alle generazioni testimoni della caduta dei regimi comunisti, fino alle più giovani, che stanno partecipando al cambiamento attuale.
L’ultimo criterio di categorizzazione dell’archivio, è quello tematico. Dai tag più semplici, per esplorare la piattaforma in base ai mezzi espressivi delle artiste – pittura, scultura, fotografia, performance,… – ai temi affrontati nella loro produzione. Si possono così conoscere le artiste che si occupano di cristianità, queerness, razzismo, maternità, patriarcato, rivoluzione, solo per citarne alcune.
Questo perché uno dei principali obiettivi dell’archivio è quello non solo di custodire la memoria delle artiste, ma anche inserire i loro discorsi all’interno dei dibattiti contemporanei, particolarmente vivaci in questi Paesi. Basti pensare alle recenti proteste in Polonia per il diritto all’aborto.
Per le artiste, la produzione creativa rappresenta in queste circostanze uno strumento politico, che rinforza il messaggio delle manifestazioni di piazza. Anche questo ha trovato spazio in Secondary Archive, per esempio nella pagina di Alexandra Ska, che scrive: «Oggi in Polonia sono vista dai circoli di estrema desta come una diversa, un’aliena, una zitella di mezza età, una vedova, una concubina, contagiata dal COVID, un’artista!».
Potete visitare Secondary Archive qui.
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