Il 58esimo Festival Internazionale del Cinema di Berlino si è chiuso con l’assegnazione dell’Orso d’oro al regista brasiliano
José Padilha per il suo
Tropa de Elite. Il film racconta le relazioni che si sviluppano intorno al traffico di droga di Rio de Janeiro e che coinvolgono la mafia locale, la corrotta polizia brasiliana e le fasce più povere della popolazione urbana. Anche l’Orso d’argento è andato a un film fortemente marcato da un attivo intento sociale e politico.
Standard operating procedure è l’aspro documentario dell’americano
Errol Morris sulle torture subite dai detenuti nel carcere di Abu Ghraib.
Il superquotato
Paul Thomas Anderson ha ottenuto invece l’Orso d’argento per la miglior regia grazie al bellissimo
There will be blood. Jonny Greenwood dei Radiohead, che ha composto la colonna sonora originale del film, ha guadagnato l’Orso d’argento per il migliore contributo artistico.
L’Orso d’argento per il miglior attore è andato a Reza Najie per il film
Avaze Ginjeshk-ha (The Song of Sparrows) dell’iraniano
Majid Majidi, mentre il premio per la miglior attrice è stato assegnato a Sally Hawkins per il film di
Mike LeighHappy Go Lucky.
Zuo You (In Love we Trust) di
Wang Xiaoshuai ha guadagnato l’Orso d’argento per la miglior sceneggiatura. Il giapponese
Izuru Kumusakas con
Asyl – Park and Love Hotel ha invece ottenuto il premio per la migliore opera prima. Il messicano
Fernando Eimbke ha infine ricevuto una speciale menzione per il suo
Lake Tahoe.
La
Berlinale continua a rivelarsi un buon Festival. Il suo principale merito sta nell’essere un evento che offre allo stesso tempo diverse prospettive artistiche. Se da un lato propone una competizione ufficiale di film, più o meno validi, dall’altro offre la possibilità di assistere alle proiezioni di una miriade di produzioni indipendenti, cortometraggi ed esperimenti visuali che purtroppo continuano ad avere una scarsissima distribuzione.
L’offrire un’occasione di visibilità a tutte queste nuove opere, così importanti in questi anni postmoderni di sperimentazione artistica, è davvero un pregio. Non c’è dubbio dunque che le sezioni alternative
Forum, Forum expanded, Generation, Panorama, Berlinale short siano state quelle più interessanti del Festival, veri e propri momenti d’indagine sulle nuove tendenze del cinema contemporaneo. Oltre alla serie di corti sperimentali
Green Porno di
Isabella Rossellini e
Jody Shapiro, è stato ad esempio possibile assistere all’interessante performance-installazione
Wildflowers of Manitoba di
Noam Gonick e
Luis Jacob. Ancora legato al mondo dell’arte contempoaranea
With Gilbert & George, film-omaggio dell’inglese
Julian Cole alla coppia di artisti-performer. Tra i film underground è da segnalare, nella sezione
Panorama,
Otto; or, up with dead people di
Bruce LaBruce, geniale regista canadese che da oltre dieci anni mescola estetica queer con una forte fascinazione per gli anni ‘80.
Quest’anno il rock è stato molto presente: oltre alla presenza dei Rolling Stones per la prima dell’osannatissimo
Shine A light di
Martin Scorsese, si segnala quella di Neil Young che è volato a Berlino per la proiezione del documentario
CSNY Déjà Vu, di cui è regista sotto lo pseudonimo di
Bernard Shakey. Patti Smith è stata invece ospite del Festival per la presentazione di
Dream of Life, documentario del fotografo di “Vogue”
Steven Sebring sulla cantautrice americana.
La Berlinale 2008 è stata dunque molto fertile dal punto di vista artistico. Si è rivelata un evento stimolante che, accanto alle opere più strettamente legate alla realtà del mainstream culturale, ha affiancato momenti di valida e vivida offerta artistica. Di questa proposta non hanno goduto unicamente gli addetti ai lavori e i giornalisti, ma anche un folto pubblico: i biglietti per le proiezioni delle nuove opere indipendenti e per i cortometraggi sono infatti sempre stati quasi sempre, fortunatamente,
sold out.