THIS IS SO (CON)TEMPORARY

di - 7 Aprile 2010

I numeri contano e la qualità con loro. Nel 2008, nella
sua prima settimana di apertura, sono stati registrati 14.000 ingressi. Nel
2010, 26 mostre ed eventi, 147 artisti italiani e internazionali e 20 curatori,
sono diventate cifre che non lasciano più troppo riflettere sullo spessore
delle quantità. L’ingresso gratuito, poi, e la posizione strategica, nei luoghi
del più noto Fuori Salone d’aprile, hanno reso (Con)Temporary una rassegna d’interesse. Se si
pensa inoltre che, per questa edizione 2010, il MiArt ha abbassato la
profondità (e la diversificazione) dell’offerta, in vista di una domanda con
poco potere d’acquisto, allora, un’altra volta, (Con)Temporary è emersa,
brillando anche se solo per contrappunto.

La rassegna
espositiva di via Tortona, dunque, aperta in parallelo nella settimana dedicata
al MiArt, si è proposta e mostrata a Milano con un certo riguardo. Sebbene non
siano mancati omaggi poco appropriati (si veda The Vogue lesson di Flavio Lucchini) ed esempi di Street art
addomesticata (Bansky e Andipa Gallery), (Con)Temporary ha, in vero, saputo mettere in
scena un teatro artistico complanare dal quale è stato possibile, finalmente,
scindere il nuovo dal bello (l’installazione luminosa di Bernardini).
Mostre personali, collettive,
installazioni, performance, musica live, party, incontri con gli autori ed
eventi speciali di breve durata si sono concentrati in un unico luogo, puntando
i fari su una ristretta area del centro-città. Come vessillo di (Con)Temporary
è stata promossa la rassegna di Shepard Fairey, artista divenuto fenomeno di
culto con l’iconografia di Barack Obama. La rassegna, curata da Gisella
Borioli, ha incluso e prodotto una serie di eventi: da Future will beat (il progetto esterno di
murales/arte pubblica di Ivan e Neve) ai padiglioni di via Tortona 27 e 31, destinati a enormi
installazioni, al chiuso o all’aperto; senza escludere proiezioni video e
piccole cornici.
Da vedere, al civico 17, era Mirabilia, la collettiva di Rojo Artspace:
50 artisti internazionali e italiani per un mix di pittura, grafica,
illustrazione, scultura e poesia visiva. Il percorso è continuato in via
Savona, con una mostra personale e una performance (Alfredo Rapetti con A Nudo e le sue “lettere tattili). Fra gli eventi speciali, è
rimasta encomiabile l’asta organizzata da Christie’s per
i tombini-art, asta che si è tenuta il 29 a Palazzo Clerici con la
collaborazione di Metroweb (titolare della più grande rete metropolitana di
fibre ottiche in Europa). La vendita ha chiuso la mostra open air apertasi
nello scorso mese di giugno, quando 32 tombini colorati e scolpiti,
interpretati da 17 urban painter, hanno invaso il quartiere milanese.
All’esterno del quartier generale
di (Con)Temporary, in vetrina è stata esposta Waiting for… Cardiaco, l’installazione con
lavori di Franko B, Michelangelo
Galliani
e Matteo
Basilè
, a
cura di Alessandro Trabucco.
Il loro progetto è stato incentrato sul cuore, sia esso umano o animale, centro
vitale di emozioni che assorbono il ritmo dell’esistenza.

All’interno delle sale di
Superstudio Più, (Con)Temporary ha proposto ExtraExtraLarge, mostra che ha presentato sculture giganti, progetti
monumentali, quadri di grandi dimensioni. La collettiva, a cura di Alberto Zanchetta, includeva
progetti di Marco Cingolani, Kim Dorland,
Giovanni Frangi, Omar Galliani, Robert Pan
, Mario Schifano, Fabio Viale. All’opposto (in merito alle
misure dei supporti), ExtraExtraSmall ha allestito opere di piccole e
piccolissime dimensioni, a cura di Emma
Gravagnuolo. Tra gli artisti selezionati: Nathalie
Alony
, Tadashi
Moriyama
, William Marc
Zanghi.
Passando nel piano sottoterra, il Basement
ha ospitato lo spazio dedicato ai giovani talenti, sotto la curatela di Chiara Canali, che ha scelto opere
di J&Peg, Daniela
Cavallo
, Elena Monzo e le installazioni ben orchestrate di Daniele
D’Acquisto.
In
esterno nello spiazzo del cortile, ha
invece campeggiato la Macchina Celibe, lavoro che Giacomo Cossio ha corazzato di lastre una enorme escavatrice.

Resta da citare la divertente recycle art di Marillina
Fortuna
, gli
oggetti pop di art design di Andy e le installazioni cartoon di Umberto
Voxci
. Da lodare, infine, la
rassegna di videoarte curata da Daniele Capra: nella sezione Black room
Daylight
è stata
proiettata infatti Let’s go outside, che ha ospitato lo strabiliante Continuum di Devis Venturelli e il (seppur già visto)
strabiliante episodio fra i ghiacci di Guido Van Der Werve.

ginevra bria


dal 23 al 30 marzo 2010
(Con)Temporary

Superstudio
Più e zona Tortona – Milano
Info:
www.con-temporaryart.it

[exibart]


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  • "Mostre personali, collettive, installazioni, performance, musica live, party, incontri, talks, preview, postview, festivals, spazi no profit, workshop aziendali, con gli autori ed eventi speciali di breve durata si sono concentrati in un unico luogo, puntando i fari su una ristretta area del centro-città."

    E' curioso rilevare già da poche immagini come i contenuti veri e propri, siano assolutamente omologati e standardizzati. "fare il verso all'arte contemporanea". In tempi di crisi, in un italia accortasi di essere indietro, l'arte contemporanea diventa il trucco, il make up per una signora troppo vecchia e troppo rugosa. Questo pulsare mi sembra ancora più amaro e più stonato alla luce dei fatti. Meglio una mostra nel deserto, più sincera, cruda; ma con la possibilità di risalire.

    http://whitehouse.splinder.com/post/22413428/...

  • ciao luca
    non so, ti leggo, leggo il blog ....
    arrivo al racconto/lavoro per la biennale di C. e m'annoio: mi viene in mente The Land di tiravanija + quest'artista americano che usa il blog per scrivere racconti/altro sulle gallerie/musei (ma c'è pure un blogger artista russo che fa la stessa cosa _ scusa se ometto i nomi, scrivo in velocità) + l'ennesima declinazione dell'attitudine alla andrè cadere + gli spot della diesel (le argomentazione sullo smart, sul cretinismo, sul re nudo...)+ la casistica degli spettatori intrapendenti (la tipa che bacia i quadri... mi pare belga)

    poi ti metti pure a citare Levi S. e la teoria delle stringhe, come mille altri e come mille altri a scrivere che lo si fa per esasperare un tendenza degenere che è in atto, che ..

    le mie critiche sono, palesemente, mie proiezioni ("vedo cose che ho negli occhi"):
    il tuo partecipare alla biennale (e fai bene), l'infiltrarti qua e là negli spazi espo., appare come l'esserci dei colleghi partecipanti all'evento meneghino: niente di nuovo: ma è bello seguirvi

    (...poi forse ti uso come il cestino delle cartacce delle redazioni/gallerie: ci trovo, ogni tanto, qualche notizia/gossip utili)

    stammi bene

    ciao

  • vedi. hai dimenticato che ci sono anche gli anticorpi verso una certa superficialita' di fruizione. Anche tu mi stai giudicando totalmente avvolta in un fitro, quali mie "mostre" hai visto??? io sto solo scrivendo un blog. Tutti i ruoli in uno. Ma veramente, non solo spettatore artista . Il racconto e' solo in preparazione della biennale
    di giugno. Ti assicuro che non riesco ad avere aspirazioni artistiche in senso tradizionale. Ma non per presunzione. Ma solo perche' vedo la solita definizione di artista come accessoria; una pesante "burocrazia della creativita'".

  • ciao luca. la cosa divertente è che stai scrivendo solo un blog come mille altri (come intelligentemente ammetti tu stessa, vedi i tizi americani-russi): dacci un'occhiata: le stesse argomentazione sulla sintesi dei ruoli nel blog, sulla non monoliticità della propria identità e sulle possibilità della crisi. Credo sia rilevante questo appiattimento delle espressioni, come whitehouse, che si propongono complementari e autosufficienti rispetto al sistema.

    è buffo, quindi, che whiteh. appaia intercambiabile con mille altri blog sia sul piano dei contenuti (scrivi cose che si leggevano già da qualche anno a questa parte in altri blog), sia nelle forme, (il mitico "linguaggio"), con cui questi contenuti, talvolta noiosetti/..., tentano d'essere veicolati.

    non so, mi dispiace che, pure sul campo della complementarità al sistema, all'estero lo fanno meglio: poi sarà la mia superficialità a rendermi pesantino, ora come ora, il tuo racconto per la biennale (per non parlare delle tue corkiniane autointerviste _ forse un tantino seventies: ma, come sagacemente palesi con il tuo operare, è dura non adottare non-strategie novecentesche _ vedi tattiche sessanta-settanta di “presenza” alla mostre degli altri o, anni novanta, “fare” mostre con le “cose” di colleghi, talvolta inconsapevoli, talvolta …)

    sarebbe bello, infine, che gli "operatori silenti" non ti rispondano non tanto perchè la tua attitudine sia in qualche modo problematica/incisiva/interessante/altro, ma per un eccesso di "tizi" che vogliono interloquire con loro: quindi, anziché immaginare un tempo in cui tutti possano esporre ovunque (per misurarsi, finalmente, sui fantomatici contenuti), perchè non fantasticare sul cortocircuito di gente con caselle di posta elettronica intasate di richieste di interviste/chiarimenti/collaborazioni/duelli, le cui mancate risposte scatenano magnifici disappunti, brillanti e gratuite interpretazioni ed iperboliche reazioni in milioni di piattaforme sintetiche e cervellotiche, blog, in cui si riproducono allegramente le amenità del secolo scorso.

    (ti prego, non giustificarti con "questo è blog, libero di non leggere" _ smart cretinism_ o con il discorsetto che non sei l'asl, ma un “fanciullo”, che fa tanto risposta di gioni per le interviste di c.)

    un abbraccio

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