Tra arte e cinema. L’ibridazione continua

di - 21 Novembre 2016
Si è chiuso ieri a Firenze Lo Schermo Dell’arte Film Festival, progetto internazionale che indaga e promuove le relazioni tra arte contemporanea e cinema, giunto alla IX edizione, diretto e fondato da Silvia Lucchesi e che anche quest’anno si è rivelato un festival di grande qualità. Un ricco programma, proiettato per questa edizione al Cinema La Compagnia, nuova sala ristrutturata dopo anni di inattività e dove è anche stata allestista (benissimo) la mostra “VISIO. Outside The Black Box” a cura di Leonardo Bigazzi, che raccoglie le opere dei 12 artisti partecipanti alla V edizione di VISIO European Programme on Artists’ Moving Images.
Uno dei temi ricorrenti sia nelle varie sezioni del festival che nella mostra, è l’emigrazione, prendendo in considerazione però quello che produce nella sfera più intima del migrante, come il ricordo alterato dei luoghi, la perdita dell’identità costruita fino al momento della fuga, la malinconia, il ricordo del dolore che viene trasmesso alle generazioni future. Di questi intimi disorientamenti parla, per esempio, il poetico film Ismyrne (2016) di Joana Hadjithomas e Khalil Joreige. Il film parte dall’amicizia della stessa Hadjithomas con la poetessa e artista Etel Adnan, entrambe originarie della città turca, che le loro famiglie abbandonarono dopo il devastante incendio doloso del 1922, senza che nessuno di loro ci ritornasse nel corso della vita, forse per poterla ricordare sempre come un paradiso perduto. Ci tornerà solo Joana e rifletterà sui cambiamenti della città, raccontandoli all’amica e al suo anziano padre. Nel bellissimo film di Selini Halvadaki, In Sight (2016), proposto nella mostra VISIO. Outside The Black Box, per raccontare ancora questi temi, l’artista mette invece insieme spezzoni di pellicole cinematografiche, più o meno recenti che poi unite, raccontano la storia, un po’ come il bellissimo film The Clock, di Christian Marclay, premiato nel 2011 alla Biennale di Venezia, riuscendo a catturare lo spettatore per 49’.

Gli artisti Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi sono i protagonisti di Focus On 2016 che riunisce sette dei loro celebri film mentre nel programma della sezione “Sguardi” si sono visti documentari sull’arte contemporanea, tra cui le prime italiane dei ritratti del fotografo americano Robert Frank e degli artisti Eva Hesse e David Hockney, lavori puliti, interessanti, ben costruiti.
Molto interessante e coinvolgente l’artista israeliano Omer Fast che presenta al festival nella sezione “Cinema d’Artista”, le prime italiane di due sue opere: Remainder, (2015) e Continuity (2016). Il primo, tratto dal romanzo omonimo di Tom Mc Carthy, è il primo film a soggetto di Fast, interpretato dal giovane attore inglese Tom Sturridge, acclamato al Festival di Berlino. Uno psico-trhiller che si svolge in un loop reale, esplorando il tema della realtà-irrealtà e spingendo a una riflessione sulla natura effimera della mente umana. Il secondo, realizzato per Documenta 13 e presentato nel 2015 al Jeu de Paume di Parigi, ma integrato, ora, da una parte di 30 minuti inediti, narra delle lacerazioni e dei turbamenti emotivi del giovanissimo soldato tedesco Daniel, reduce dall’Afghanistan, che deve rientrare in una realtà per lui ormai estranea che lo porta ad un rapporto quasi schizofrenico con ciò che lo circonda. Questo è un altro tema importante: la guerra e la sua devastazione non solo fisica – come nel video esposto nella mostra “VISIO. Outside The Black Box”, di Caterina Erica Shanta, Palmyra (2015), dove per 44’ si testimonia della tragica distruzione della meravigliosa città e della sua cultura – ma psicologica.

Tra i film d’artista del programma anche le anteprime di Nightlife (2015), primo film in 3D di Cyprien Gaillard, Faux Départ (2015) di Yto Barrada, candidata al Prix Duchamp 2016, che parla di come in alcuni villaggi marocchini si fabbrichino artigianalmente finti fossili, con lentezze, procedimenti e utensili che quasi richiamano al processo artistico. Volker Sattel con il suo La Cupola (2016), storia della casa costruita per Michelangelo Antonioni e Monica Vitti nel 1969 in Sardegna dall’architetto Dante Bini, un’architettura molto affascinante, che oggi sta andando incontro ad un inesorabile declino. Luca Trevisani con la prima europea del suo ultimo lavoro Sudan (2016) co-prodotto dallo Schermo dell’arte, in associazione con Marsèll e 999 Films, recentemente proiettato in anteprima mondiale all’Expo Week di Chicago. Sudan è l’ultimo esemplare vivente di maschio di Rinoceronte Bianco e rappresenta la memoria di una specie già estinta, quasi un’opera d’arte vivente, protetta 24 ore su 24 da guardie armate. Del film, cronaca di un’estinzione vissuta in diretta, Trevisani dice che è «un lavoro sull’uomo e la sua idea di natura, sul disegno del mondo, sull’idea di memoria e di scultura come cosa viva, effimera, destinata a perdersi nelle pieghe del tempo».

Molto poetico Assaf Gruber con il corto The Right (2015), che racconta di una lunga lettera scritta da un’anziana custode di un museo in Germania, che si offre come volontaria al direttore del museo della città in Polonia da dove da piccola dovette scappare. La lettera è scritta nella lingua polacco-tedesca, che usava la comunità tedesca prima della fuga e con la quale le parlava sempre sua madre, perciò ancora un rimando al tema dei profughi, ma, attraverso le sue impressioni sulle opere esposte nella sala che ha custodito per 40 anni, fa riflettere anche intorno allo “sguardo sull’arte” delle persone che normalmente pensiamo meno preparate ad affrontarlo.
Sempre all’interno del Festival, si è svolta la parte conclusiva della seconda edizione di Feature Expanded, programma di training unico in Europa, nato con la volontà di ampliare le competenze e promuovere il lavoro di artisti che desiderano realizzare il loro primo lungometraggio, ideato e promosso da Lo schermo dell’arte Film Festival e da HOME, diretto da Leonardo Bigazzi e Sarah Perks e sostenuto da Creative Europe/MEDIA. Sembra possa continuare anche per le edizioni future e questa è veramente un’ottima notizia.

Interessanti e propositivi i Festival Talks, dove si è discusso per esempio del metodo di distribuzione dei film d’artista. (Museum and Artists’ Feature Films Distribution and Exhibition a Palazzo Strozzi)
Prosegue inoltre la partnership del Festival con Palazzo Grassi–Punta della Dogana, arricchita quest’anno dalla collaborazione con la Biennale de l’Image en Mouvement (BIM) di Ginevra con la proiezione di The Challenge, (2016), ultimo lavoro di Yuri Ancarani premiato all’ultimo Festival di Locarno e presentato in collaborazione con la Biennale de l’Image en Mouvement (BIM) di Ginevra.
Ogni proiezione è stata preceduta da una presentazione e conclusa con un dibattito con il pubblico e l’artista e anche questo è molto interessante.
Cristina Cobianchi

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