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Tra la BACS e il futuro Museo privato Arte e Cibo. Intervista a Mauro Marabini
Progetti e iniziative
«Un’opera d’arte deve parlare al cuore e alla mente: se ha bisogno di essere spiegata, non è un’opera d’arte». Mauro Marabini, collezionista da sempre e mecenate che esercita la sua attività filantropica a favore dell’arte e degli artisti, ci ha raccontato della sua collezione, delle sue attività – BACS, Biennale d’Arte Contemporanea Sacra, e Artists in Residence – e dei suoi progetti, uno in particolare: il Museo privato Arte e Cibo che aprirà nel 2022 nella storica dimora bolognese.
Collezionista e mecenate, la sua attività filantropica a favore degli artisti è molto impegnata. Quali sono gli obiettivi, gli strumenti e gli aiuti?
«Gli obiettivi sono spirituali e materiali: i primi hanno lo scopo di incoraggiare gli artisti e di renderli sicuri di sé; per raggiungere i secondi, facilitiamo loro l’esposizione delle proprie opere per potere essere viste, apprezzate e finalmente comprate da musei e collezionisti. Naturalmente noi stessi, io e mia moglie, compriamo molto per la nostra collezione. Gli strumenti sono perciò non solo la nostra collezione, per la quale acquistiamo regolarmente delle opere, ma anche l’organizzazione di eventi quali mostre (personali e collettive), boutique effimere (dove invitiamo artisti ad esporre e collezionisti a comprare) e soprattutto la BACS, la Biennale d’Arte Contemporanea Sacra, che ha luogo a Mentone, sulla Costa Azzurra, ogni due anni. Invece negli anni in cui la BACS non ha luogo, abbiamo lanciato l’operazione ”Artists in Residence”: selezioniamo ogni anno tre artisti fra coloro che si candidano e li ospitiamo per un mese, nella sede della BACS, che è il Palace des Ambassadeurs a Mentone».
Quando ha iniziato a collezionare? Quali media colleziona? Su cosa si concentra?
«Direi che collezioniamo da sempre. La Collezione Marabini-Martac è ampia e varia: abbiamo dipinti, sculture, stampe, incisioni, litografie, libri rari d’artista e manoscritti. Circa la metà delle opere hanno come soggetto il cibo, il vino e l’art de vivre. Nel suo insieme la collezione ospita opere che coprono sei secoli».
Cosa la attrae in un’opera d’arte e quali qualità cerca?
«Un’opera d’arte deve parlare al cuore e alla mente: se ha bisogno di essere spiegata, non è un’opera d’arte. Mi attrae spesso la storia dell’artista che l’ha creata: un’opera è sempre la riflessione dell’io di un artista e amo questa ”prolunga” dell’interio
Cosa distingue e differenzia la sua collezione da quella di altri collezionisti italiani?
«Ogni collezionista ha una sua storia, che rende unica la collezione. Ci sono raccolte di opere d’arte ereditate, altre costitute di sana pianta, altre ancora ricevute dai genitori e che sono state arricchite nel tempo. Certi collezionisti comprano opere che li fanno vibrare, altri per investimento, altri ancora per ”show off”. La mia collezione è un misto di tutto questo. Ho ereditato qualche opera da mio padre, che amava l’arte, ma comprava in modo sporadico e soprattutto artisti locali bolognesi; poi ho continuato a comprare, insieme a mia moglie, le opere che ci piacciono, io soprattutto contemporanee, lei antiche. Così, in quarant’anni abbiamo messo insieme una bella collezione, che continua a crescere e che condividiamo con il prossimo, tenendola a disposizione degli appassionati e degli studiosi».
Cosa ha influenzato la sua visione e prospettiva collezionistica?
«Direi la passione in primo luogo. Amo l’arte in tutte le sue forme, è una delle più alte espressioni del genio umano. Ho anche la fortuna di essere italiano, perciò di fare parte di un popolo che respira l’arte e che ce l’ha nel DNA. Viviamo in città che sono loro stesse opere d’arte, caminiamo su strade costruite millenni fa, siamo circondati da costruzioni che sono pezzi museali In queste condizioni, l’arte ce l’hai nel sangue. Ho anche consolidato la mia conoscenza della storia dell’arte, che mi sembra necessaria per ogni persona: leggo libri e articoli, visito musei, assito a conferenze sul tema. Benché laureato in scienze politiche, a quarant’anni mi sono anche iscritto al Dams di Bologna, proprio per approfondire la mia conoscenza teorica».
Metà delle opere della sua collezione hanno come tema il cibo. Come è nato questo focus, quali sono state le prime opere acquistate e che forma assume, nella collezione, il rapporto tra arte e cibo?
«Trovo che la gastronomia è un’arte complessa e completa, che tocca tutti i sensi: la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto. La rappresentazione del cibo nell’arte ha radici molto antiche: troviamo rappresentazioni nei dipinti rupestri, nelle tombe egizie e in quelle etrusche. Più tardi, soprattutto a partire dal Cinquecento, le nature morte con il loro tripudio di frutta, verdura, cacciagione, fiori, formaggi ecc, sono delle vere ”fotografie” dei prodotti del tempo, ma anche di tovaglie, calici e posate che spesso figurano in questo tipo di opera.
Nella nostra collezione ci sono anche delle ”chicche” come le etichette di vini create da artisti o i blasoni di famiglie nobili che contengono anche simboli ”commestibili”: frutta, cacciagione, verdura o fiori. Vivendo all’estero poi, mi rendo anche conto di quanto sia importante l’Italia dal punto di vista dell’alimentazione. Sono molto interessato delle attività degli italani all’estero: esiste un’Italia fuori d’Italia che crea e produce e fa onore al nostro Paese. Infatti, nel quadro della BACS (Biennale d’Arte Contemporanea Sacra) di Mentone, del cui Comitato d’Onore faccio parte, nell’edizione di quest’anno ho organizzato una mostra intitolata ”Italica”, che riuniva opere di artisti italiani, ma anche di stranieri attivi in Italia o che si inspirano all’Italia».
Ci parli un po’ del Museo ”Arte e Cibo” che sarà inaugurato nei prossimi mesi.
«Si tratta di un Museo privato, nato con mezzi propri, senza aiuti di nessun genere, da nessuna istituzione. La sede è una nostra proprietà nel Bolognese, una dimora storica, costruita tra il Quattrocento e il Settecento che su mille cinquecento metri quadrati ospita una parte della collezione. Non la può ospitare tutta perché non ci sarebbe lo spazio. Perciò la collezione permanente occupa solo una piccola parte dello spazio, l’altra parte è lasciata ”libera” per mostre e esposizioni. Le opere della collezione privata vengono esposte a rotazione. L’idea di mettere a disposizione le opere è nata dalla nostra convinzione che spesso i collezionisti ”ammazzano” per così dire le opere, quando sono ”seppellite” in una collezione dove solo chi la possiede le può vedere. Noi invece amiamo condividere le nostre opere con quanti amano l’arte.
Attualmente stiamo terminando diversi lavori di adattamento degli spazi e stiamo anche selezionando i guardiani e il sistema di sorveglianza del Museo: una delle voci di spesa più significative è la sicurezza.
Al Museo privato ”Arte e Cibo” si accederà su invito, la collezione è a disposizione degli studiosi e degli appassionati d’arte. Il Museo sarà inaugurato nel 2022. Stiamo costituendo un Comitato scientifico composto da critici d’arte, giornalisti specializzati, collezionisti e personalità del mondo della cultura. Anche qui funzionerà il programma “Artists in Residence”».