Surrealismo e tecnologia, colori e forme, universi fantastici che si espandono nel nostro mondo. È una immersione in un altro spazio e in un altro tempo, l’esperienza immersiva presentata da Giovanni Motta in occasione di “Like Tears in Rain”, la sua mostra recentemente inaugurata al W1 Curates, un incubatore digitale situato in un edificio storico nel cuore di Londra, a Oxford Circus.
L’opera che dà il titolo all’esposizione è ispirata dalla frase, divenuta idiomatica, ripresa dal monologo pronunciato dal controverso replicante Roy Batty, interpretato da Rutger Hauer, nell’iconico film Blade Runner. Nel suo flusso di discorso, il personaggio allude alla natura effimera dell’esistenza e all’importanza di preservare i momenti più significativi della nostra vita. Dall’immaginario cinematografico alle suggestioni della letteratura, in particolare quella di Marcel Proust e della sua recherche del tempo perduto e rievocato attraverso sensazioni e oggetti ritrovati casualmente nella quotidianità.
Ed è a questa condizione di scoperta di se stessi che ritorna anche la ricerca artistica di Giovanni Motta, il cui fulcro è incentrato su Jonny Boy, alter ego di tutti noi, che incarna il bambino interiore e rappresenta la purezza e la genuinità. Nato in Italia nel 1971, Motta ha iniziato la sua carriera nel settore della comunicazione come creativo e pubblicitario. Tuttavia, la sua passione per l’arte figurativa e contemporanea, in particolare per gli Anime e i Manga, lo ha portato a esplorare il tema della fanciullezza, arrivando a disegnare un personaggio dei cartoni animati chiamato Jonny Boy, che è diventato un elemento ricorrente in tutte le sue opere, tra dipinti, sculture e arte digitale.
Da W1 Curates, prende così vita un’esperienza immersiva, da vivere attraverso un video in tre parti della durata totale di sei minuti, trasmesso su un grande schermo LED lungo 30 metri e alto tre metri in uno spazio di 400 metri quadrati. Inoltre, l’edificio ha una facciata esterna con 36 finestre LED WALL di 2,5 metri per 4 metri ciascuna, dove verranno trasmessi quotidianamente, per un mese, 36 video collegati al progetto.
«La mostra offre una profonda meditazione sulla natura dell’esistenza umana e sul passare del tempo», spiegano gli organizzatori. «Contemplando la metafora della vita e della morte come passaggio in un’altra dimensione, l’opera ci invita a considerare la transitorietà finale di tutte le cose e a riflettere sui misteri della mortalità umana. Evocando i ricordi dell’infanzia e l’innocenza giocosa della giovinezza, la mostra ci ricorda l’importanza di custodire le nostre esperienze e di abbracciare l’impermanenza della vita come parte naturale e necessaria del viaggio umano».
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