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Economia dell’empatia e degli atti d’amore: la mostra manifesto a Bologna
Progetti e iniziative
Curata da Kenny Alexander Laurence a Palazzo Vizzani (Bologna), “Tu mi chiami a compiere un atto d’amore” è una mostra-manifesto, una restituzione, una visione verso il futuro che accoglie le opere di sei giovani artisti. Presentata dall’associazione culturale Alchemilla, in collaborazione con il collettivo Slug, l’esposizione vede opere – tutte inedite – di Nicola Bianco (Pietra Ligure, SV, 1993), Riccardo De Biasi (Pordenone, 2000), Camilla De Siati (Milano, 1997), Kenny Alexander Laurence(Fort-de-France, Martinica, 1998), Rebecca Momoli (Castelfranco Veneto, 2000) e Marco Resta (Milano, 1997).
Desiderio della mostra è quello di costituirsi come veicolo per pensare a nuovi immaginari, considerando l’importanza dell’empatia. In particolare, il peso dell’economia dell’empatia, “Un sistema economico aperto e partecipativo basato sulla relativizzazione”. Attraverso un sistema di partecipazione in grado di coinvolgere artisti e pubblico, le singole pratiche artistiche si intrecciano creando un discorso corale con l’obiettivo di creare nuovi codici d’esistenza. “Tu mi chiami a compiere un atto d’amore” dimostra la necessità di sovvertire le censure della contemporaneità per poter riscoprire un’umanità organica, risignificando il sistema mondo con amore e empatia.
Alla luce di una contemporaneità complessa, «Che ci ha lasciati depauperati di ogni organicità emotiva e relazionale, facendo così gravare sul singolo il peso di una collettività illusoria», “Tu mi chiami a compiere un atto d’amore” si impegna a decostruire la realtà e a creare nuovo spazio per «Discorsi liberi dalle costrizioni di un distorto paradiso convenzionale». La mostra si propone dunque come un intreccio di voci, possibilità e immaginari, per tessere connessioni e relazioni.
Ma per il curatore Kenny Alexander Laurence, la mostra rappresenta anche un omaggio a Bologna, un tributo personale, un vero e proprio atto d’amore per la città in cui è cresciuto. Il progetto espositivo manifesta dunque un desiderio: che Bologna torni a essere un luogo vivo, attraversato da realtà alternative che si possano discostare dalle narrazioni dominanti. In questo senso, è da leggere il coinvolgimento di Slug, realtà internazionale fondata dallo stesso Laurence e da Lucia Russo Thomson, incentrata sul desiderio aprire la città al mondo.
Come spiegato da Laurence, la mostra si è sviluppata in modo armonico e organico all’interno di Slug, portando avanti gli intenti del collettivo e creando così un spazio aperto e amorfo, in grado di prendere la forma di cui i partecipanti hanno bisogno. La curatela di questo progetto è stata orizzontale e basata su un forte rapporto di amicizia e di fiducia. Nessun lavoro è stato “voluto”, piuttosto le opere si sono incontrate. Gli intenti si sono abbracciati. Rebecca Momoli ha proposto il titolo, Nicola Bianco l’estetica, nel rosa e nelle sue sfumature.
Slug: una visione amorfa e aperta
Slug è un’impresa collettiva internazionale, amorfa e aperta che si impegna a offrire spazi fisici e virtuali in cui artisti selezionati possano unire le loro esperienze specifiche per generare, creare ed esporre opere al di là dei propri confini. Il nome si riferisce allo spazio al di fuori delle aree di stampa e di taglio di una pagina e il suo intento è decostruire l’idea stessa di margine, per promuovere contaminazioni tra le arti e le culture. Slug è una realtà attiva in Italia e nel Regno Unito e porta come centrale il senso di comunità in quanto realtà collettiva di giovani artisti.