Attraverso l’associazione TEVERETERNO da lei fondata, Kristin Jones ha lottato per circa 12 anni con tenacia e furore visionario, fino ad attivare un crowdfunding per mettere insieme gli ultimi 80mila euro. Il tutto per realizzare un sogno: uno spazio pubblico sul Tevere dedicato all’arte contemporanea per Roma. La prima opera monumentale è Triumphs and Laments, di William Kentridge: un impressionante fregio di silhouette per raccontare le grandi ma effimere vittorie e disfatte della storia di Roma. La realizzazione è avvenuta pulendo la secolare patina di sporco accumulata sui muraglioni del fiume, che in pochi anni si riformerà facendo scomparire l’opera. Mille sono stati gli ostacoli incontrati ma, come diceva un altro William, tutto è bene quel che finisce bene. E da ieri, 21 aprile, per il suo compleanno, Roma ha la sua Piazza Tevere. E probabilmente l’opera di Kentridge più grande del mondo.
Perché il Tevere?
«Un romano, che vive a New York da 30 anni, mi ha chiesto recentemente: “Perché stai curando questo progetto sul Tevere? Ai romani non importa nulla del fiume, non ha mai veramente fatto parte della città”. E io ho risposto: “Proprio per questo è importante!”. Il fiume è la spina dorsale della città, è dove Roma inizia. È un’opportunità di riconnettere la città e creare nuova vita. Immagino un futuro Parco del Fiume Tevere che porti la gente sul fiume, un posto di riflessione e di ricreazione per vivere gli elementi, il sole e l’acqua. Immagino un rettangolo perfetto nel cuore del centro storico, come luogo vivo per un’arte contemporanea ispirata da Roma, che dia opportunità ad artisti italiani e internazionali di confrontarsi con una città sempre in cambiamento, e celebrarla».
Alla fine la sua perseveranza ha vinto e Roma potrà vedere Triumphs and Laments sui muraglioni del Tevere. È felice?
«Sono allo stesso tempo estatica e terrorizzata. Ci è voluto tanto ottimismo, e resistenza. Sono stata incoraggiata da molti, e da William Kentridge stesso che ha accettato la sfida di lavorare con la ricca e complessa storia della città. Alcuni dicono che la gloria del passato e la storia sono un peso enorme. Ma io sono interessata al dialogo vivo tra passato e presente. Lo dico da cittadina di New York, dove ciò che è presente e attuale è il centro delle nostre vite, e la storia si dimentica facilmente. Guadagnare il consenso di vari livelli di burocrazia è stato un grande trionfo. Sono impaziente di vedere la reazione dei cittadini di Roma e speranzosa che il loro entusiasmo possa aiutare a costruire un luogo non commerciale per l’arte contemporanea, dove dibattere e dialogare e sperimentare la pulsazione viva della città. Triumphs and Laments sarà disfatto dal tempo, l’opera non vuole durare – per creare le figure del fregio abbiamo semplicemente pulito uno strato infinitesimale di tempo accumulato – ma solleva domande su come la storia è ricordata e include figure a cavallo e migranti che arrivano in barca sulle coste italiane».
Quali sono le luci e le ombre che ricorderà di questa straordinaria avventura?
«Nel 2013, arrivò la notizia più devastante, che il progetto di Kentridge non si sarebbe mai realizzato in centro, ma che avremmo dovuto proporlo solo al di fuori del Primo Municipio. Venni a Roma in dicembre per un appuntamento con il nuovo sindaco Ignazio Marino, che però fu cancellato al mio arrivo. Ero devastata e frustrata e determinata a “pulire” almeno una o due delle sei figure preparate durante l’estate. Insieme al direttore di una “cooperativa sociale”, che poteva avere dei permessi speciali, pulimmo due figure nel giorno dell’anno più corto e buio, il 21 dicembre, e tornai a casa per Natale. Nel giugno 2014, avevo programmato un workshop per sviluppare l’aspetto performativo del lavoro con il compositore Philip Miller. L’idea era di incoraggiare i funzionari pubblici a concedere i permessi necessari per il lavoro sul Tevere, offrendo una performance pubblica di musica e ombre. Visitai il sito insieme a William, in barca, per discutere i particolari. Mentre stavamo navigando dove erano le figure che avevo “pulito” a dicembre, scorgemmo due uomini ben vestiti, in bici lungo la pista ciclabile, e uno era il sindaco Marino! Immediatamente mi alzai in piedi sulla barca e lo chiamai “Sindaco Marino, vorrei che incontrasse William Kentridge, sono Kristin Jones di TEVERETERNO!”. Ero stupita e emozionata di fronte a quella strana coincidenza. Ci avvicinammo a riva, Marino stesso ci tese la mano per aiutarci a scendere! William gli parlò sorridendo dell’idea del grande fregio, indicando le due figure davanti a noi. Io parlai di TEVERETERNO, di Piazza Tevere e del mio desiderio di promuovere un futuro Parco del Fiume Tevere, che offrisse una programmazione di arte contemporanea, gratuita e pubblica, ispirata a Roma, Roma-specific».
C’è un episodio memorabile accaduto durante la realizzazione del progetto che vuole raccontare a Exibart?
«Nel febbraio 2005 ero ritornata a Roma, da New York, dove Christo e Jeanne Claude erano riusciti finalmente – dopo 26 anni di lavori preparatori – a presentare Gates, in Central Park. Mi sentii incoraggiata dalla loro determinazione così tenace, dal loro esempio, e dal consiglio personale che mi diedero riguardo il mio lavoro a Roma “Non accettare mai un “No” come risposta”. Ero tornata a Roma alla fine di Febbraio, e camminavo lungo il Tevere immaginando una magnifica lupa animata, una animazione fluida di figure che emergevano dal tempo prendendo vita, proiettate sui muraglioni come una vigile mascotte che circondasse il luogo e proteggesse il fiume, l’acqua nella principale arteria della città. Davanti a me c’era una squadra di lavoratori con canotti e una potentissima e gigantesca pompa dell’acqua, che stavano lavando il fango dal camminamento: guardandomi intorno vidi che Ponte Mazzini brillava di bianco travertino, mentre i muraglioni erano neri. Allora gli gridai “Senti, una domanda, chiedo se con quel grande tubo con acqua a pressione si potrebbe anche pulire il muraglione qui di fronte? Quel ponte lì – come si pulisce – con sabbia o acqua o altro?”. Allora loro girarono la pompa verso il muro e un cerchio di bianco travertino cominciò ad apparire. Fu in quel momento che realizzai di poter usare l’acqua come un aerografo per rimuovere lo sporco e creare un’immagine semplicemente pulendo! Mi sono allora ricordata della risposta di Michelangelo alla domanda “Come trovi la forma dentro il blocco di solido marmo?” e la sua enigmatica risposta “Semplicemente levando ogni cosa che non sia la scultura”. Avevo già dedicato molti anni a disegnare lupe da fonti storiche, sperando di costruire una parata storica e artistica di lupe lungo il Tevere. Ebbi l’idea che forse il dipartimento della pulizia di Roma, AMA, avrebbe potuto essere orgoglioso di fare arte “pulendo” la mascotte simbolica di Roma, che è anche il simbolo della squadra di calcio della città, AS ROMA. Avevo incontrato precedentemente un rappresentante di Roma, all’inaugurazione di Gates a New York, e andai a parlargli di una possibile collaborazione per “pulire” lupe, e celebrare così il compleanno di Roma: insieme con le Università americane di Roma avremmo acceso 2758 candeline per il compleanno di Roma, il 21 aprile 2005!»
In che modo Triumphs and Laments secondo lei potrà influenzare il panorama contemporaneo di Roma?
«L’intento del progetto TEVERETERNO è anche unire le istituzioni di Roma con i luoghi dell’arte contemporanea del mondo. Come la grande Turbine Hall alla Tate Modern di Londra, Piazza Tevere potrebbe diventare una meta di appassionati di arte contemporanea da tutto il mondo. E come la Biennale di Venezia, Roma potrebbe ospitare delle mostre biennali nazionali e internazionali che portino persone a Roma, per sperimentare la vitalità della Città Eterna attraverso una serie di lavori effimeri! La natura temporanea dei lavori immaginati per Piazza Tevere vuole esaltare la transitorietà della nostra stessa esistenza. Lasciamo che il passato ispiri lavori su grande scala godibili dal pubblico. Anche Triumphs and Laments svanirà».
Mario Finazzi