Il 31 gennaio termina
Twister, ultimo progetto lombardo di avvicinamento
e condivisione istituzional-territoriale, un
processo all’insegna della cultura inaugurato lo scorso ottobre. Ma, dopo
quattro mesi, dopo la sua realizzazione, Twister è stato davvero un efficace
network di scambio? Dopo le sue campagne promozionali, visibili fino alla
perdita di senso, quali sono stati gli effetti e le effettive innovazioni
apportate? La risposta non è semplice né, per adesso, immediata.
Twister non avrebbe dovuto rimanere soltanto una
rete museale. Il progetto avrebbe dovuto assurgere alla statura di premio
biennale, di collettiva territoriale, fungendo da
linguaggio creato
per e
su dieci
istituzioni; diventando anche, da non dimenticare, l’ultimo stadio di
un’accurata selezione
internazionale di artisti (rigorosamente chiamati su invito). Twister avrebbe dovuto
essere una piattaforma di scambio artistico e contenutistico che, grazie al
contributo di 400mila euro (340mila per le installazioni e 60mila per la
realizzazione del progetto di rete) da parte della Regione Lombardia, avrebbe
dovuto coprire le voci di spesa relative alla realizzazione e all’acquisizione,
da parte dei dieci enti coinvolti, dei relativi progetti creati site specific.
Nella realtà, anche gli enti della cordata-Twister
(il FAI con la Villa e la Collezione Panza di Varese, la Fondazione Stelline di
Milano, la Galleria del Premio Suzzara, la Civica Galleria d’Arte Moderna di
Gallarate, la GAMeC di Bergamo, il Museo d’Arte Moderna e Contemporanea di
Gazoldo degli Ippoliti, il Museo Civico Floriano Bodini di Gemonio, il Museo
d’arte contemporanea di Lissone, il Museo del Novecento di Milano e il Premio
Nazionale Arti Visive Città di Gallarate) hanno partecipato all’ammontare
stanziato per l’operazione, raccogliendo un importo pari a 210mila euro. La
Fondazione Cariplo, poi, ha stanziato un contributo di 250mila euro, utili a
coprire i costi per la comunicazione.
Sebbene gli undici interventi artistici (firmati da
Mario Airò,
Massimo
Bartolini,
Carlo Bernardini,
Loris Cecchini,
Madame
Duplok,
Chiara Dynys,
Lara Favaretto,
Maik con
Dirk Löbbert, Marzia
Migliora,
Ottonella Mocellin con
Nicola Pellegrini,
Ofri
Cnaani) abbiano realmente
instaurato la possibilità di un
fuorimercato, un sistema sincronico di acquisizioni ed
esposizioni che intrecciasse pubblico e privato, talvolta le distanze tra le
sedi (non solo geografiche, ma anche organizzative) hanno creato disequilibri.
Un esempio è l’insolita e quanto mai riuscita
installazione di
Marzia Migliora.
La traccia sonora porta il barthiano titolo
Quelli che trascurano di
rileggere si condannano a leggere sempre la stessa storia; è stata promossa dal non ancora esistente Museo
del Novecento di Milano ed era visitabile (solamente fino al 22 novembre) nelle
sale al piano terra di Palazzo Reale.
Lo scopo di questa
operazione era attribuire una sovra-lettura alle collezioni del futuro Palazzo
dell’Arengario. Attraverso l’impiego di un dispositivo audio, progettato come
appendice espressiva, Migliora ha
dato voce a parte della collezione dei
Musei del Novecento, “interpellando” dipinti di
De Pisis,
Fontana,
Licini e
Russolo. L’artista ha infatti chiesto a
diversi autori (fra letteratura, arte, teatro, musica o esperienza d’eccezione)
di registrare le loro impressioni emerse di fronte a ciascuna opera, mettendole
poi a disposizione del pubblico, che ha potuto riascoltarle sotto forma di
appunti sonori, come una sorta di audio-guida.
“
Franco Malerba,
Angje Prenga,
Steve Piccolo,
Mara Cassiani,
Vitaliano Trevisan,
Fabrizio Gatti,
Francesco Dillon e
Dario Voltolini hanno lavorato sull’opera, e
tuttora continuano le loro testimonianze, trascurando l’esattezza di una sede
che per ora esiste solo in qualità di cantiere”, sostiene l’artista. “
È così
che mi sono indissolubilmente aggrappata alla collezione, perché è lì che ho
individuato il centro, il cuore del futuro Museo del Novecento, il museo
dell’Arengario, intendo, agibile ad ora soltanto dentro i depositi del Museo
del Novecento. Ho dovuto quindi lavorare su quel che appariva, su quel che
apparentemente poteva essere fruizione individuale e che avrebbe dovuto
diventare materiale condivisibile”
.Ma, come ricorda Marina
Pugliese, direttrice del venturo Museo del Novecento, “
per noi, essere in
rete con Twister ha potuto prevedere soluzioni applicabili solo sulla media
facciata del Palazzo dell’Arengario e nelle tre sale di Palazzo Reale. Il
nostro vincolo spaziale era forte: con qualsiasi artista contemporaneo noi
avessimo dovuto relazionarci, avremmo dovuto sempre tenere presente
l’inserimento della sua opera nella collezione dei Musei Civici. In alternativa
al progetto di Tuttofuoco è stata scelta l’installazione della Migliora, perché
diventava un atto arricchente nei confronti della collezione moderna, sulla
quale si andava a intervenire, rendendola, in seconda istanza, una nuova opera.
Si è così definito”,
prosegue Pugliese,
“
un dialogo impalpabile che unisce diversi periodi di tempo,
diverse epoche e differenti supporti espressivi, restando vivo in relazione
alla collezione”
.E il concetto di
“rete”? “
Trovavamo certo molto interessante e sfidante lavorare su un
‘prodotto’ creato su misura, anche se in assenza di uno spazio. Vero è che
un’opera aperta di questo genere poco si relaziona con i lavori realizzati ed
esposti nelle altre sedi di Twister, musei che hanno acquisito progetti
decisamente diversi, a fronte dell’ingente investimento stanziato per ciascuno”, sottolinea la direttrice
. “
Resto infatti molto perplessa
sull’idea di ‘rete’ che, forse ostinatamente, lega musei troppo estranei tra
loro (a livello di intenti) e decisamente distanti, per poter intravedere un
dialogo omogeneo che li metta in relazione”
.Assai
condivisibile, dunque, l’intento di fare sistema. Necessario, forse, trovare
grazie ai prossimi eventi ed alle prossime iniziative, delle chiavi e delle
proposte che interpretino il network in maniera attiva e innovativa. Andando
oltre alla formula espositivaconcorsuale, magari chiamanto in causa le nuove
tecnologie, la creazione di un portale, l’armonizzazione degli orari di
apertura, un bigliettotessera unico per visitare tutti i musei, delle
facilitazioni per la visita (navetta dei musei, convenzioni con il trasporto
pubblico). Sta di fatto che la Lombardia, a far network, almeno ci prova!
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Questo non e arte e un mangia mangia di soldi , le opere sono completamente inutili brutte e enormi.Per piacere Basta di tanto spreco e di continuare a riempiere il spazio di tutti .
La fondaziocrazia continua a fare i suoi danni...