“
Un
solo industriale”,
scriveva
Fortunato Depero negli anni ‘30, “
è più utile all’arte moderna e alla
nazione che 100 critici d’arte o 1000 inutili passatisti”
.Questa
frase, scritta in rosso su un’intera parete gialla, chiude la mostra
Depero
con Campari,
curata da Marina Mojana e Ada Masoero per celebrare i 150 anni di
storia-Campari e l’inaugurazione della nuova sede museal-industriale,
disegnata da
Mario Botta e ubicata quasi nel centro di
Sesto San Giovanni.
La rassegna,
visitabile al secondo piano della Galleria Campari, “
è stata dedicata alla
produzione di Depero sia a causa del suo legame con il Futurismo, del quale è
considerato uno dei suoi esponenti, sia per l’attività estetica di Campari,
azienda per la quale l’artista ha lavorato come autore della comunicazione
dell’azienda dal 1926 al 1936”, spiega Marina Mojana, guida d’eccezione durante le
prime ore d’apertura del museo. “
ll rapporto di Depero con Campari inizia
nel 1926”,
ricorda la curatrice, “
quando
l’artista espone alla Biennale di Venezia la tela ‘Squisito al Selz’ dedicato a
Campari; non
bisogna dimenticare inoltre che è a lui che si deve, nel lontano 1932, la
realizzazione dell’iconica bottiglia del Camparisoda ancora oggi in uso”
.Il percorso della mostra si
sviluppa sul modello del pupazzo della china
Presi il Bitter Campari tra le
nuvole ed è
costituito da pareti che hanno forme geometriche elementari come rettangoli,
cerchi e triangoli e colori quali blu, rosso e giallo; elementi che dirigono
gli spazi espositivi e rappresentano un ulteriore omaggio a Depero, come
interprete cromatico del Futurismo. “
La mostra”, prosegue Marina Mojana, “
raccoglie
una settantina di opere di cui quarantaquattro sono grafiche originali in
bianco nero realizzate per il libro ‘Numero Unico Futurista’ pubblicato
dall’artista trentino in omaggio a Davide Campari; sei disegni a colori inediti
e sette quadri di grande formato provenienti da collezioni private. Infine sono
presenti anche i due ‘pupazzi tridimensionali’ segnaletici del distributore
automatico di Bitter, scolpiti da Giovanni Sacchi su progetto dello stesso
Depero, e il plastico realizzato per la Fiera di Milano”
.E in futuro? “
A partire da fine
giugno, dopo la chiusura di ‘Depero con Campari’”, anticipa Marina Mojana,
“
questa galleria ospiterà una
programmazione continua di mostre temporanee. Il primo evento della lista verrà
dedicato agli oggetti creati da designer e artisti contemporanei che hanno
lavorato per Campari; uno fra i tanti, il designer Matteo Thun. Si deve
ricordare inoltre che per i suoi 150 anni l’azienda ha istituito il Campari Art Label,
inserendo tre opere grafiche di
tre grandi nomi dell’arte contemporanea sulle etichette delle bottiglie vendute
in edizione limitata”
. Gli artisti, come Exibart ha già anticipato, sono gli
AVAF,
Tobias Rehberger e
Vanessa Beecroft.
Sarebbe
in effetti uno spreco se uno spazio di tale portata venisse lasciato vuoto
troppo a lungo. Depero, infatti, si inserisce solamente al secondo piano della
nuova, bottiana sede del Museo Campari. La Galleria nella sua totalità è uno
spazio di 950 metri quadri distribuito su due livelli allestitivi da 400 metri
quadri. Al primo piano, Campari ha riunito il proprio
memorandum. Un percorso visivo altamente
digitalizzato che approfondisce tre aree tematiche (comunicazione, arte e
produzione), nelle quali – tra videowall, filmati e schermi interattivi – il
visitatore può ripercorrere la storia estetica di Campari, sulle note
aromatiche di profumi d’
agrume bitter. Le tre aree tematiche sono caratterizzate da tre luoghi
distinti: la parete/muro di 32 metri dove è proiettata una selezione dei
contenuti delle tappe fondamentali della storia Campari; il percorso/carpet,
ovvero l’allegoria di un viale cittadino illuminato, reso sensoriale da suoni,
immagini e profumi; il tavolo/archivio multimediale in cui, attraverso
postazioni multimediali touch-screen, il visitatore può sfogliare la storia del
marchio; infine, il completamento della visita è accompagnato da una parete/videowall
che proietta una selezione delle campagne pubblicitarie Campari e da una
curiosa macchina del tempo, la
Time Traveller, che fornisce le fondamentali
tappe storiche del marchio.
Da
Fortunato Depero a
Bruno Munari, geniale anticipatore della videoarte, attivo per Campari
dal 1932 al 1982 circa; da
Federico Fellini, che firma nel 1984 il primo spot
per Campari, a
Ugo Nespolo, sperimentatore di film pop e d’animazione in 3D
ante
litteram, che nel
1990 orchestra la pubblicità Campari per i Mondiali di Calcio ’90 (oltre a esser
stato l’autore della recente installazione che celebra i 150 anni di Campari
sull’arco della Stazione Centrale di Milano), la Galleria è concepita come luogo del
presente e del passato, un microcosmo rutilante e colorato (seppur tendente ai
toni rubino), ricostruendo un universo in miniatura, vivo, ricco e avvolgente.
Non bisogna infine dimenticare che, fra enormi
videowall, filmati, installazioni multimediali e montaggi spericolati, gli
appassionati potranno ritrovare esposti (in versione originale) opere su carta,
chine, pastelli, tempere e manifesti litografici di artisti quali
Glaser,
Sambonet,
Mochi,
Brunetta,
Sinopico,
Tofano;
senza dimenticare le icone di grafica del geometrico
Diulgeroff,
dell’equilibrista
Dudovich, dell’incisivo
Nizzoli e, per ultimo, del poco ricordato
Leonetto Cappiello.
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Bella Storia!
Peccato che i nomi siano sempre gli stessi.
Mi risulta che Campari fosse anche una scuola
di innegabile qualità, molto attiva nella seconda metà del secolo scorso, e credo che una ricerca negli archivi, se esistono, o dove i validi ricercatori sanno, potrebbe portare all'attenzione proposte all'epoca trascurate, ma magari buone da essere considerate, e qualche nome meritevole di notorietà.
A scanso di dietrologie maliziose, dichiaro che io non ho frequentato la Scuola in questione.