Prima di iniziare a scrivere questo articolo, durante le giornate di Live Arts Week, mi sono chiesta tante volte, fino ad ossessionarmi, che cosa avrei scritto, cosa di quello che coglievano i miei occhi, orecchie e sensi, avrebbe interessato qualcuno che non aveva partecipato al festival o perché qualcuno che invece era stato presente avrebbe dovuto leggere le mie impressioni senza possibilità di discutere. Ho scelto la strada del racconto, allontanandomi dalla didattica e dalla critica; sono andata a sciogliere i nodi dei ricordi azzardando poi qualche conclusione, in maniera del tutto soggettiva con una punta di ansia di esaustività.
Un’estate prematura mi ha accolto a Bologna, un sole violento e prepotente come le temperature nelle quali ci ha condotto Live Arts Week.
Il festival sotto la direzione artistica di Xing (Silvia Fanti e Daniele Gasparinetti) ha abitato la città in maniera sotterranea ma pulsante.
Molti sono i luoghi coinvolti in questa settima edizione, come del resto nelle passate edizioni, il team organizzativo – curatoriale è votato a un lavoro attento di ricerca e sinergia con spazi esistenti o da riscoprire dove possano accadere, o nascere, i diversi appuntamenti del festival.
Antonia Baehr, Latifa Laâbissi e Nadia Lauro – Consul & Meshie – Ex Gam – LiveArtsWeek7
La giornata inaugurale si è svolta tra alcune delle gallerie più interessanti attive a Bologna, che Xing ha intelligentemente coinvolto per ospitare le diverse performance e installazioni che si sono susseguite nella giornata di apertura. Localedue/CAR DRDE, P420 e Gallleriapiù hanno ospitato, rispettivamente, il progetto di Luciano Maggiore e Louie Rice Unrewarding task based actions, HighWay di Julian Weber e Paralleling di Mark Fell.
Il secondo giorno, nel pomeriggio, raggiungo il MAMbo (il Museo d’arte Moderna di Bologna) per assistere all’incontro ù, dal blog analogico alla disinstallazione con Davide Da Pieve e Tripla. Prima però un’immersione nel Bad mood di Kroot Juurak, forse il progetto più delicato e rischioso di Live Arts Week quest’anno. Non è una performance ma una condizione performativa dalla quale si viene contagiati subito, dal momento in cui si chiedono informazioni: il personale del museo, istruito dall’artista estone, è condizionato da un cattivo umore potenzialmente contagioso.
La serata continua in zona fiera di Bologna tra il padiglione Esprit Nouveau e l’Ex Gam, che sono diventati il fulcro centrale del festival per i giorni a seguire.
L’Esprit Nouveau è la replica esatta, ricostruita nel 1977, del padiglione che Le Corbusier realizzò nel 1925 a Parigi. Questa costruzione progettata da uno dei pionieri dello stile moderno, è stata abitata nei giorni di Live Arts Week da Goodiepal & Pals con The crypt of the fading composer. Il performer e compositore nato nelle isole Faroe e i suoi compagni di lavoro hanno trasformato il padiglione in museo, sfidando il concetto stesso di museo: le opere, ovvero la collezione di visual & sound art del compositore, non erano organizzate con un display canonico, ma venivano tirate fuori a seconda del momento e discusse insieme all’autore. Il programma della cripta è stato fitto e articolato, un pomeriggio, ad esempio, Goodipal ha raccontato di sé e del concetto di fading composer in una lecture di più di quattro ore. Sfogliando il suo quaderno di composizioni musicali ha travolto, chi ha deciso di seguirlo, con un fiume di parole e un linguaggio articolato trascinando gli astanti nel suo universo. Per l’apertura lui e i suoi collaboratori hanno offerto al pubblico un concerto dal titolo Pro Monarchistica.
Foreigners, please don’t leave us alone with the danes! recitavano i poster all’interno e all’esterno del padiglione, uno slogan che ricalca, con ironia, quello usato come sostegno ai migranti. L’attivismo politico è, infatti, parte integrante del lavoro di Goodipal & Pals che anche nella cripta hanno affrontato il tema dei rifugiati e dell’arte come strumento politico.
Leandro Nerefuh Libidiunga Cardoso Cecilia Lisa Eliceche_Caetano – Orphic Exuberance versus Solar Capitalism. Transambient Cryptolombra – Ex Gam – LiveArtsWeek7
Anche quest’anno Live Arts Week ha riaperto gli imponenti locali dell’Ex Gam. È qui che abbiamo passato le serate del festival. Nei diversi giorni si sono susseguite le performance di Rodrigo Sobarzo de Larraechea, Mette Edvardsen, David Wampach. Tre lavori molto diversi che hanno abitato la grande sala al primo piano dell’ex galleria d’arte moderna.
Sobarzo ha presentato un lavoro dal titolo APNEA che si muove al confine tra performance e arte visiva, con l’uso di elementi naturali quali terra e aria trascina il pubblico in una spirale ipnotica che fa l’effetto di una composizione di musica elettronica. In qualche misura anche la performance Oslo di Mette Edvardsen è un concerto. Lavorando sui limiti del linguaggio ci offre un lavoro sulle infinite forme del possibile invadendo la scena con la scrittura, conducendo lo spettatore in un viaggio mentale.
È un altro viaggio quello proposto da Leandro Nerefuh che con il suo Orphic Exuberance versus Solar Capitalism. Transambient Cryptolombra fa incontrare al pubblico delle figure misteriose un mix tra divinità orientali e candore infantile in una performance dal forte carattere rituale. Un viaggio in una dimensione temporale sospesa tra il molto antico e un futuro da romanzo di fantascienza.
Antonia Baehr e Latifa Laabissi hanno abitato la zona al piano terra dell’Ex Gam. Un lavoro ironico sull’identità le ha portate a diventare scimmie e a giocare con gli stereotipi sulla femminilità e a tirare in ballo alcuni dei riferimenti più importanti di intellettuali contemporanei in un gioco raffinato e visionario.
Non sono mancati, infine, veri e propri concerti. Particolarmente potente il live di
Mark Fell and the Drumming, una perfetta sintesi di questo festival, i performer suonavano dei metallofoni progettati da
Iannis Xenakis, interpretando in tempo reale una partitura generata da un computer. Una vera commistione delle temperature calde e fredde che hanno permeato questo festival, alle quali aveva fatto riferimento Silvia Fanti in un’
intervista proprio qui su Exibart.
Mark Fell Justin Kennedy – Parallelling – LiveArtsWeek7
Considerazioni al margine di un festival:
Immateralità, impalpabile, vulnerabilità, umore, aria, spray, rumore bianco, solido, liquido, gassoso, natura, tecnologia, macchine, uomo…queste sono alcune delle parole che ho annotato durante i giorni di Live Arts Week, la costante sensazione era quella di riuscire ad afferrare una cosa che nello stesso istante sfuggiva. Non una sensazione frustrante ma qualcosa che faceva stare perennemente all’erta, senza sosta. La sensazione che generalmente si ha di fronte a qualcosa di complesso.
Live Arts Week non è un festival facile, e non lo vuole essere, non lo è per lo spettatore al quale è richiesto di fare un salto, lasciarsi andare e in qualche modo fidarsi di ciò che è proposto senza abbandonare un’attitudine critica. Non si può parlare di temi ma cogliere delle suggestioni e per questa edizione parlerei di stati che portano lo spettatore a una condizione sempre mutevole. L’idea che stia accadendo qualcosa va al di là del bello e del brutto, dei momenti di noia, è qualcosa di necessario perché si crei la possibilità che un discorso immaginato sulla carta prenda forma e faccia incontrare artisti, spettatori e opere.
I festival, si sa, sono creature complesse e Live Arts Week scorre sotterraneo e parallelo in una città come Bologna, sempre più sovraesposta e piena, lavorando ostinatamente, come da dichiarazione programmatica, per rompere con la concezione di un festival visto come punta consumistica della vita culturale di una città.
Paola Granato