Come
si sviluppa l’idea di questo spazio dedicato all’arte contemporanea, il Maraya
Art Center?
L’idea
è nata circa un anno e mezzo fa, quando ho iniziato a frequentare Al Qasba, che
aveva già una sua galleria piuttosto conservatrice. Si facevano soprattutto
mostre di arte calligrafica e pittura, sia figurativa che astratta, ma comunque
tradizionale. Vista la mia esperienza di artista
attivo nel panorama italiano ed europeo, il manager
capo di Al Qasba – Marwan Al Serkal – mi chiese consiglio sulle nuove tendenze dell’arte
contemporanea. Così è nato il progetto, che non è solo quello di una galleria
d’arte, ma di un vero centro propulsivo dell’arte e della cultura
contemporanea.
Ho fatto delle ricerche viaggiando tra Italia, Londra, Turchia,
Kuwait, Egitto
e anche negli Emirati stessi, per vedere la struttura del sistema dell’arte
contemporanea. Ho raccolto una serie d’informazioni che sono alla base di
questo progetto, finalizzato a contenere in un unico centro tre diverse entità:
la galleria di arte contemporanea, la collezione permanente di arte araba e
l’art community. The Shelter Art Community, in realtà, è un brand già
esistente a Dubai.
workshop, seminari, concerti… Ci sono cinema, coffee shop, un ristorante e
anche un “casual business center” per giovani imprenditori.
Ho
trovato questo messaggio abbastanza potente, così Al Qasba ha coinvolto Shelter
creando una partnership. Naturalmente, essendo in un contesto artistico,
Shelter/Maraya enfatizzerà maggiormente l’aspetto di arte, cultura e design.
Parli
di arte contemporanea riferendoti al mondo arabo. È prevista anche un’apertura
ad artisti internazionali?
Negli
Emirati, e in generale nel Golfo, si avverte l’esigenza di scoprire nuovi
talenti locali. Motivo per cui il governo e le istituzioni cercano di
promuovere i giovani artisti arabi e del Medio Oriente, quelli che saranno i
nuovi Damien Hirst e Shirin Neshat. Come curatore, anch’io ho cominciato a
muovermi all’interno delle università e delle gallerie per scoprire gli artisti
più interessanti. Qui non è come in Europa, gli artisti sono più nascosti, ma
ho trovato idee molto forti che vorrei portare nell’art center, tra i cui scopi
c’è anche quello di occuparsi della produzione. Quando avremo una certa
sicurezza a livello d’identità araba, Maraya si potrà aprire anche agli artisti
internazionali.
All’ultima
Biennale di Venezia debuttava il padiglione degli Emirati Arabi Uniti, mentre
Abu Dhabi lanciava la Adach Platform for Visual Arts e, tra gli eventi collaterali, faceva capolino
la collettiva The Edge of Arabia. Questa fase ottimistica ha subito ripercussioni con il crollo di
Dubai World?
No,
penso che siano due cose separate. Il crollo di Dubai è stato legato
all’industria immobiliare e dell’edilizia. Crollando il pilastro principale
dell’economia, inevitabilmente tutti i settori ne risentono. Ad esempio,
diversi progetti culturali hanno subito ritardi. Ma questo crollo non ha
realmente intaccato la cultura, tant’è vero che altri progetti sono nati
durante questo stesso periodo. C’è da dire che negli Emirati, molte gallerie
private commerciali si trovano a Dubai e Abu Dhabi, dove sono anche in
costruzione il Guggenheim e il Performing Art Center di Zaha Hadid, mentre a
Sharjah si trovano istituzioni come la Biennale di Sharjah e lo Sharjah Museums
Department che conglomera diciotto musei.
Il
budget, solitamente, è una nota dolente…
Maraya
Art Center è un centro per metà privato – appartiene alla sceicca Boudur Al Qassemi – e per metà pubblico. Quindi può
contare sia su fondi privati che governativi. Al Qasba è un’authority, quindi
Maraya, che fa parte di Al Qasba, prende i soldi da questo ente. Il
budget è in via di definizione e includerà il supporto di diversi sponsor con
cui siamo in trattativa, alcuni dei quali vorrebbero essere attivi in veste di
“partner” e “patron”.
Esiste
un comitato scientifico? Quali sono i poteri e i limiti del tuo ruolo di
curatore?
Ci
sarà, ma al momento non è ancora stato nominato ufficialmente. Da quando è nato
il progetto sono stata l’unica persona incaricata di occuparsene: dai contatti
con gli artisti, le istituzioni e i progetti vari. Ora ho due collaboratori con
cui porto avanti i progetti che verranno realizzati nei prossimi mesi. Per
quanto riguarda la scelta degli artisti, è un compito che svolgo insieme al
collezionista e ad alcuni consiglieri interni. Se parliamo di poteri del mio
ruolo di curatore, sicuramente c’è quello decisionale nei confronti del lavoro
degli artisti.
Accenniamo
alla programmazione.
Ad
aprile ci sarà una nuova collettiva di artisti dell’Emirato, che curerò insieme
a Noor Al Suwaidi, giovane curatrice locale, che avrà l’obiettivo di presentare
al pubblico cinque progetti inediti di altrettanti giovanissimi artisti locali.
Continueremo con la promozione di artisti della regione araba per quasi un
anno. In occasione della Biennale di Sharjah 2011 è in programma la mostra Edge
of Arabia, presentata come dicevi
all’ultima Biennale di Venezia. Seguirà un focus sull’India e, successivamente,
sull’Asia Centrale. Parallelamente cureremo l’attività didattica. Sono in
programma seminari, conferente e workshop per la formazione professionale del
curatore, figura che al momento non è contemplata nei corsi accademici locali.
House of Arab Art è un ampio spazio dell’art center riservato alla collezione
privata di Sultan Soud Al Qassemi. Quale è il
taglio della collezione?
Sultan Soud Al Qassemi ha
32 anni e appartiene alla famiglia reale dell’emirato. La sua collezione è nata
dieci fa, quando acquistò un’opera di Abdul Qader Al Rais, artista molto noto negli Emirati e nella regione.
Così è cominciato il suo amore per l’arte contemporanea araba. La sua
collezione di 250 opere – destinata a crescere in seguito alla collaborazione
con Maraya Art Center – abbraccia un periodo che va dagli anni ’50 ai nostri
giorni. Il progetto è dinamico, perché se una parte dello spazio espositivo
sarà destinato alla mostra permanente di pezzi storici della collezione,
nell’altra ci saranno mostre temporanee di opere della stessa collezione. Tra
gli obiettivi del progetto c’è anche quello di far conoscere la collezione
all’estero.
In
che modo Maraya Art Center si relaziona a manifestazioni come la Biennale di
Sharjah e Art Dubai, che rappresentano importanti punti di riferimento per il
mercato dell’arte, nonché vetrina per gli artisti arabi? Ci sono altre istituzioni
pubbliche o private con cui interagite?
Il
mio intento, quando ho cominciato a lavorare al progetto, era quello di entrare
in contatto sia con realtà commerciali che istituzioni. Prima di tutto,
naturalmente, la Biennale di Sharjah e la Sharjah Art Foundation, con cui
lavoriamo in stretto contatto. A marzo sono in programma dei March Meeting, una serie di workshop e conferenze in
collaborazione con la Sharjah Art Foundation. Sempre nel mese di marzo cureremo
anche una mostra degli ultimi vincitori dell’Abraaj Capital Prize.
Contemporaneamente parteciperemo alla Bastakiya
Art Fair, una fiera parallela che ha luogo a Dubai nello stesso
periodo di Art Dubai.
Siamo
in contatto, soprattutto attraverso la collezione di Sultan Soud Al Qassemi,
anche con istituzioni straniere tra le quali fondazioni, musei e gallerie
private sia del mondo arabo che a livello internazionale. In programma anche
altri progetti con importanti riviste come Bidoun, Contemporary Practices e Art Asia Pacific Magazine. Inoltre ci piacerebbe proporre progetti site
specific dei giovani artisti con cui lavoriamo non solo nei paesi arabi, ma
anche all’estero. In Italia penso a Volume!, Careof e 26cc, spazio romano
indipendente – quest’ultimo – che ritengo particolarmente interessante.
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Abu
Dhabi Art 2009
a cura di manuela de leonardis
Maraya Art Center
Al Taawun Road (Al Qasba) – Sharjah
Info:
tel. +971 65560777; fax +971 6556044; www.alqasba.ae
[exibart]
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