Un museo da banlieue |

di - 28 Febbraio 2006

Da tempo si è diffusa anche in Italia la mania di utilizzare sigle sibilline per battezzare le nuove istituzioni museali: dal MAXXI al MACRO, dal MADRE al PAN, fino al bolognese MAMBO. Ma va riconosciuto che, in questo campo, gli specialisti restano i francesi, che hanno predisposto sigle per ogni cosa, così radicate nel linguaggio comune che nessuno sa più di quali parole siano abbreviazione. Al proposito, ma con un acronimo invero più bruttino, ha finalmente aperto i battenti il MAC/VAL, ovvero il Museo d’arte contemporanea della Val-de-Marne a Vitry, alle porte di Parigi, direzione sud-est. Qualche cifra? 10.000 m² di giardini, 13.000 m² di superficie di cui 4.000 dedicati alle mostre; un budget di 30 milioni di Euro per la costruzione, in sinergia tra il Comune e il Ministero.
Il momento non poteva essere più propizio, trattandosi difatti della prima istituzione dedita a promuovere l’arte contemporanea nella famigerata banlieue parigina. Come si ricorderà, questa è stata teatro a fine 2005 di violenti scontri che hanno fatto il giro del mondo, restituendo un’idea falsata delle aree satelliti della capitale. Tuttavia l’inaugurazione di questo nuovo spazio in periferia non è affatto improvvisata e non è un tentativo maldestro di trovare una soluzione veloce ai problemi della Repubblica. Compito, per inciso, non facile e finora del tutto disatteso dalla classe intellettuale francese la quale, come noto, non perde occasione per far sentire la sua voce nei dibattiti d’attualità politico-sociali più scottanti.
Il museo è, al contrario, il compimento del lavoro ventennale del Comune della Val-de-Marne a sostegno della creazione contemporanea, cominciato nel 1982. Questa progettualità giocata sui tempi lunghi ha permesso a questa piccola istituzione di spuntarla sull’ambiziosa e onerosa Fondazione Pinault, che doveva aprire a Boulogne, sempre alla periferia di Parigi, e si è rivelata un buco nell’acqua.

Nelle intenzioni, il museo –“spazio di scambi e d’espressione per gli artisti e strumento al servizio d’ogni tipo di pubblico”– promuoverà una politica ben radicata nel territorio. Del resto, secondo una tendenza che va ormai per la maggiore, è stato concepito come un vero e proprio centro polifunzionale, con un cinema, un centro di documentazione e di ricerca, residenze-atelier per artisti stranieri, la libreria Bookstorming (che ha già una sede nel cuore di Parigi).
Si è inoltre investito molto sugli spazi di “mediazione culturale”, per dar vita ad un luogo dinamico e permeabile e non ad un archivio in cui catalogare e venerare capolavori.
La collezione permanente, che conta già un migliaio di opere esposte a rotazione, è incentrata sulla creazione francese dagli anni Cinquanta ad oggi. Una politica d’acquisizioni dovrà arricchire tanto la parte storica che quella contemporanea. L’allestimento segue un filo tematico piuttosto che meramente cronologico, permettendo ad opere di periodi diversi di dialogare su tematiche sia artistiche (Il paesaggio, Luce! Azione!) che sociali (La vita moderna, Davanti al mondo). Se questo è uno stratagemma, come esplicitamente dichiarato, per supplire alle lacune della collezione, più visibili in una disposizione cronologica, questo allestimento risulta nondimeno efficace. Per quanto riguarda la programmazione, è attualmente visitabile Detour, una personale di una cinquantina di opere dell’ottantenne Jacques Monory distribuite in un percorso a spirale (fino al 26 marzo). A seguire si terrà un’altra personale, stavolta dedicata a Claude Lévêque (da aprile a luglio).

La struttura del museo, infine, è situata al centro della città, ariosa e aperta verso l’esterno. Uno specchio fedele della democratizzazione e dell’emancipazione culturale che resta la principale vocazione del museo (un ingresso costa solo due Euro). Una costruzione in controtendenza con le scenografie di quegli architetti-scultori per cui il progetto di un museo è un pretesto per siglare la loro opera d’arte, per costruire il proprio monumento. L’architetto Jacques Ripault rivendica del resto esplicitamente che le sue intenzioni sono “anti-Guggenheim”: “Sono andato alla ricerca di una grande semplicità di tinte e di geometrie. La costruzione non è altro che un supporto alle opere, sono queste che portano le forme e i colori”.
Dal successo immediato di pubblico si ha l’impressione che la sfida del Mac/Val punti nella direzione giusta. Nonostante l’acronimo.

riccardo venturi


MAC/VAL, place de la Libération, 94400 Vitry sur Seine. Aperto dal martedì alla domenica, dalle 12 alle 19, il giovedì dalle 12 alle 21. Ingresso: 4 euro, ridotta 2 euro. Per raggiungere il museo da Parigi in metro: linea 7 fino a Porte de Choisy, poi autobus 183 direzione Orly Terminal Sud, fino a Moulin de Saquet-Pelletan. Oppure: RER C fino a Gare de Vitry-sur-Seine, poi autobus 180 fino a Moulin de Saquet-Pelletan. Info 0033 01 43 91 64 20 www.macval.fr

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