Un sabato contemporaneo

di - 14 Ottobre 2005

Amaci è e vuole essere una alleanza. Un punto di dibattito e di confronto comune tra i centri d’arte contemporanea italiani. Il nome stesso dell’associazione è un po’ melenso, ma la sensazione è che -tra voi- vi amiate sino ad un certo punto.
Il principale punto di forza dell’AMACI è il lavoro di gruppo, una modalità che in passato non faceva parte delle abitudini dei direttori di musei, almeno nel nostro paese. Anche per una ragione contingente: fino a pochi anni fa in Italia i musei d’arte contemporanea si contavano sulle dita di una mano. L’AMACI, nata nel 2002 su iniziativa di Giacinto di Pietrantonio, direttore della GAMEC di Bergamo, ha seguito passo passo l’evolversi di una situazione politica e culturale che ha portato alla creazione di nuovi spazi pubblici dedicati al contemporaneo nelle diverse regioni italiane, dal Piemonte al Friuli fino alla Sardegna.
Senza fare nomi, quali sono gli argomenti (dopo due anni dalla nascita dell’associazione la casistica sarà nutrita) su cui trovate maggiore difficoltà ad accordarvi? Quali sono le difficoltà che incontra i centri d’arte contemporanea italiani quando parlano tra loro?
La più grande difficoltà che l’associazione ha dovuto superare è stata proprio la loro diversità istituzionale, che sta diventando una forza. Si tratta ovviamente di realtà istituzionali diverse, divenute complementari grazie all’AMACI, che ha messo a punto, attraverso una continua serie di confronti e discussioni, una strategia comune.

Su quali esperienze straniere vi siete basati? Esistono alleanze simili, cui magari ispirarsi, all’estero?
Direi che forse la situazione più simile all’AMACI è costituita dalla rete dei FRAC francesi, nata però per iniziativa dello Stato. In mancanza di un interesse specifico dello Stato italiano in questo settore, ci siamo associati in maniera “spontanea”, e abbiamo coinvolto nell’associazione ben tre musei nazionali: la GNAM ed il MAXXI a Roma e Castel Sant’Elmo a Napoli.

Il vostro primo “prodotto” completo e realizzato è stata la rivista “I Love Museum”. Serve realmente a qualcosa? Siamo certi che sia lo strumento migliore per far uscire le ‘cose’ dell’Amaci
La rivista “I Love Museum” è uno strumento molto utile per l’AMACI. Innanzitutto per la sua visibilità: è il primo “prodotto” realizzato in comune da 23 musei italiani (e non è poco). Poi perché rappresenta la possibilità di approfondire le problematiche dei nostri musei e portarle a conoscenza di un pubblico più ampio. Infine perché permette di dare vita ad alcune stimolanti contaminazioni tra i vari campi dell’arte: in uno dei prossimi numeri pensiamo di invitare i giovani scrittori italiani a “raccontare” i musei dell’AMACI, per creare un ponte tra arte e letteratura.

Parlamo di soldi. Come funziona adesso l’Amaci? Con quali finanziamenti? Esiste anche un minimo di struttura economica? Vi sono dei trasferimenti, delle quote associative che l’associazione riceve dai vari musei associati?
Ogni museo socio dell’AMACI versa una quota annuale all’associazione, per permettere di mantenere una piccola struttura organizzativa, che pensiamo di ampliare nel tempo. Inoltre, grazie ad un accordo tra AMACI e Goodwill, abbiamo attivato alcuni contatti con importanti aziende, come l’UniCredit.

Uno dei vostri obiettivi, diremo la vostra mission, è effettuare una analisi sullo stato di salute delle istituzioni italiane dedicate al contemporaneo. Che risultati avete reperito? Quale è lo stato dell’arte (appunto!) e quali sono le criticità da affontare?
Lo stato di salute dell’arte contemporanea in Italia è in netto miglioramento. Basti pensare al numero di nuovi spazi espositivi che si sono inaugurati (o stanno per inaugurare) nel nostro paese: dalla Villa Manin di Passariano al Pan, dal Madre all’Arcos di Benevento, fino al nuovo museo regionale di Palermo, che aprirà i battenti nel gennaio 2006.

La vostra è un’orgazzazione con scopi primariamente culturali, ma non secondariamente politici. Questo è fuori di dubbio. Siete impegnati in una attività di lobbing nei confronti delle istituzioni pubbliche e delle maggiori aziende private che possono garantirvi flussi finanziari. Dunque nell’ottica “politica” non sarebbe opportuno iniziare da una “politica di comunicazione” adeguata? Alcuni dei vostri associati non hanno neppure un sito web aggiornato, non rispondono alle email, non adottano neppure l’abc di quella che si chiama “comunicazione istituzionale”. Come vi muoverete in questa direzione?
Abbiamo attivato il sito Internet www.amaci.org, che diventerà il veicolo per una nuova politica di comunicazione on line , che dovrebbe servire da stimolo per i musei membri ad adeguare la loro comunicazione alle nuove tecnologie

Torniamo alla politica. Quali sono i vostri principali referenti a livello istituzionale. Su quali sponde potete contare nel Palazzo?
Come ho già detto, fanno parte dell’AMACI tre musei statali: la GNAM, il MAXXI e Castel Sant’Elmo. Questo ci ha permesso di avviare una solida collaborazione con la D.A.R.C. , grazie alla quale abbiamo ottenuto un appuntamento col ministro Urbani, che aveva ribadito l’appoggio del ministero alla Giornata del Contemporaneo. Un appoggio ribadito da Pio Baldi , Maria Vittoria Marini Clarelli e Anna Mattirolo, che hanno organizzato la conferenza stampa della Giornata del Contemporaneo al MAXXI.

Parliamo del traguardo della Prima Giornata Italiana del Contemporaneo. Ventitré musei partecipanti, ciascuno -nella propria città- invita le istituzioni culturali a lui affini a partecipare ad una giornata di mostre, convegni e incontri. Per un totale di 150 istituzioni. Quali tra i vostri associati sono già all’avanguardia nella fondamentale attività di coinvolgimento del tessuto locale?
L’invito rivolto dall’AMACI ai musei membri di gestire le partecipazioni alla Giornata del Contemporaneo ha dato esiti molto diversi, anche per le caratteristiche dei singoli musei. Tutti i musei si sono attivati secondo le loro possibilità, e così siamo riusciti a coinvolgere 150 istituzioni diverse, che vanno dalle gallerie private alle fondazioni fino agli studi degli artisti. Una corrente di energia che attraverserà tutta Italia per esprimere la vitalità del sistema dell’arte contemporanea, finalmente visibile in tutta la sua stimolante complessità.

Il partner ufficiale dell’iniziativa è UniCredit, il più grande istituto di credito del paese. Vi siete dati anche l’obiettivo di reperire papabili sponsor di grandi dimensioni a vantaggio dei singoli associati? Esiste un’intenzione o una linea operativa in Amaci volta al coinvolgimento delle grandi aziende private nel finanziamento degli eventi d’arte?
Come ha dichiarato il Presidente dell’AMACI Gabriella Belli questa prima giornata del contemporaneo è una sorta di “prova tecnica”. Dopo il 15 ottobre ringrazieremo pubblicamente tutte le istituzioni che hanno partecipato: in quella occasione faremo un bilancio dell’iniziativa, e vedremo se e dove correggere il tiro.

Che target vi siete dati per la Giornata del Contemporaneo? Cosa deve accadere affinché la si possa definire, dopo, un successo?
Ci auguriamo che il pubblico risponda con entusiasmo a questa sollecitazione, e cominci a rispettare il motto di Gabriella Belli “Vivere il proprio tempo, vivere l’arte contemporanea”.Se così avverrà, l’iniziativa potrà essere considerata un successo.

Sabato sera questo evento, effimero come abbiamo detto, si concluderà. Quale è il prossimo progetto di Amaci. Su cosa vi metterete a lavoro?
Sul prossimo numero di “I Love Museum”. Sarà dedicato ai nuovi musei d’arte contemporanea in Italia. Inoltre, per dare ulteriore visibilità all’associazione, stiamo preparando una guida dei musei dell’AMACI,che verrà pubblicata da un importante editore d’arte la primavera prossima.

a cura di massimiliano tonelli


www.amaci.org
sabato 15 ottobre i centri d’arte contemporanea italiani saranno tutti aperti gratuitamente
per consultare la lista degli eventi previsti, guardare l’elenco delle inaugurazioni per il 15 ottobre su Exibart.com


[exibart]


Visualizza commenti

  • Bravo prof. Pratesi, finalmente ho un docente adetto ai lavori.
    Ottimi propositisi ce fanno ben sperare quelli di Amaci. Saluti da Alessandra Crescioli.

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