Il regista dell’inatteso torna nella sua città d’adozione e invita, una volta in più, a non fidarci del tutto dei nostri schemi cognitivi. Oltre duecento opere raccontano
René Magritte (Lessines, 1898 – Bruxelles, 1967) in tre piani d’esposizione, organizzati in un ordine cronologico costantemente permeato e interrotto da manifesti pubblicitari, schermi, riferimenti e citazioni che creano una dimensione densa, da indagare più che da leggere in linea temporale.
Ogni livello si apre con una fotografia a grandi dimensioni dell’autore. Si comincia con “La conquête du surréalisme: 1898-1929”, al piano più alto dell’edificio: un tuffo nell’atmosfera del movimento surrealista e un’introduzione ai leitmotiv cari all’artista. “L’échappée belle: 1930-1950”, al secondo piano, presenta un Magritte meno noto ma altrettanto prolifico: 39 tele esplorano le relazioni con temi e tecniche artistiche – la guerra, il comunismo, la vicinanza all’impressionismo, il periodo “vache” -, testimoniando come la ricchezza creativa si rifletta in un’incessante ricerca artistica. Al primo piano, “Le mystère à l’ouvrage: 1951-1967” conduce al cuore dell’esposizione, percorrendo i più grandi lavori dell’artista, come
L’oiseau de ciel (1965),
La Mémoire (1945) o
L’Empire des Lumieres (1954).
Il Museo Magritte occupa l’edificio dell’Hôtel Altenloh, accanto alle sale dei Royal Museums of Fine Arts of Belgium.
E se qualcuno non gradisce l’aspetto imponente dell’edificio, bisogna riconoscere che la sua collocazione appare naturale completamento al complesso dei musei già esistente. Per tutta la durata dei lavori, un’enorme tela di oltre 1600 metri quadrati ha ricoperto la facciata dell’edificio con i temi dell’artista, creando un piacevole effetto illusionistico nello scorrere del traffico cittadino.
Dall’inaugurazione in poi, la tela lascerà il posto a pannelli solari che alimenteranno il museo. A cura dell’allestimento interno, la sapiente regia di
Winston Spriet – architetto e scenografo che ha curato progetti innovativi non solo in Belgio – e Michel Draguet – storico dell’arte e curatore – ha voluto sfruttare al massimo uno spazio punteggiato da molte finestre e non sempre adatto all’esposizione. Il risultato è un percorso che coniuga architettura e tecnologia in un itinerario multiforme e labirintico, dove le pareti scure fanno risaltare le opere, lasciando che il mistero si annidi in angoli di sorpresa e pause di riflessione.
Magritte viene moltiplicato, a partire dalla sua stessa produzione, in una più ampia sensibilità filosofica, tradotto in una maniera di guardare il mondo. False mura nascondono le attrezzature tecniche e movimentano la linearità della visita con soluzioni architettoniche interessanti, collocando l’osservatore ad esempio in una sorta di “cervello dei bambini”, tana dove frasi e immagini proiettate innescano associazioni d’idee o pongono domande esistenziali; o, ancora, mettendo a confronto due versioni de
L’Empire des Lumières, una delle quali è su scala umana. Un curioso rimando tra quadri e realtà, che innesca un gioco di finzione dove il visitatore resta sospeso, inevitabilmente, tra realtà e sogno.
Dalla collaborazione tra Suez Group, lo Stato belga, il Royal Museums of Fine Arts of Belgium e la Fondazione Magritte nasce un punto di partenza indispensabile per conoscere, esplorare e apprezzare l’opera del maestro. Vero tributo al genio del Surrealismo, che ha trasformato i cieli e le pianure in paesaggi ammiccanti, riscoprendo il mistero nell’ovvio e spezzando la corrispondenza dei linguaggi, il museo di Magritte è un gran regalo alla città di Bruxelles e ai 700mila visitatori che conta di accogliere ogni anno.
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grande surrealista, visionario, permettetemi anche un pò grafico.
Ma scarso pittore.