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05
ottobre 2008
UNA LUNGA SETTIMANA DI DESIGN
Progetti e iniziative
Meno male che sulla guida ufficiale li hanno numerati, altrimenti sarebbe stato persino difficile contarli, i luoghi deputati di questa settimana viennese del design. Sono trentaquattro, più dieci negozi specializzati. E nonostante tutto, non è facile districarsi...
Non è facile districarsi tra gli innumerevoli appuntamenti in agenda della Vienna Design Week. Ma perché poi continuare a chiamarla “week” quando ogni anno la kermesse si allunga un po’ di più? Questa dura undici giorni, dal 2 al 12 ottobre. Il titolo, però, almeno in qualcosa non mente: A City Full Of Design. Un labirinto anche gli orari. Eppure possiamo garantire che, per gli appuntamenti pressoché quotidiani con il party serale, nessuno sta smarrendo la bussola spazio-temporale, almeno per l’andata: sono al Liechtenstein Museum (solo su invito), alla Volksgarten Clubdiccotek, all’Università dell’Arte Applicata e al Bombay Sapphire Lounge nello Ofroom, uno spazio, quest’ultimo, creato e diretto da Christine Bärnthaler e Manuela Hötzl, editrici e giornaliste di architettura e design.
Tra gli appuntamenti speciali tentiamo di leggere un impronunciabile e intraducibile, almeno per noi, groviglio di parole a forma di titolo per un’installazione che Daniel Spoerri sta allestendo per l’inaugurazione di martedì 7 alla Galerie Rauminhalt; eccolo, provateci voi: Strotzender Stuhlgestrüpp Strauch. Struppig sich sträubendes Gestühl. Störriges Stuhlstück Gesträuch. Dovrebbe trattarsi di un alto e folto cespuglio di sedie, dovrebbe.
E allora, chi non ha in mente la flessibile poltrona Sacco, firmata da Gatti, Paolini, Teodori e prodotta da Zanotta? Sì, proprio quella su cui doveva sedersi il pavido Fracchia/Villaggio. La quale poltrona, in realtà, esprimeva libertà e flessibilità del sedersi, per un vivere fuori dalle tradizionali imposizioni: fu un oggetto che contribuì enormemente al boom internazionale della creatività made in Italy. Era il 1968. Qui alla Vienna Design Week ne sarà presentata una ribattezzata Sacco di cemento by Bartolomeo Vanzetti (sic!), consistente in una netta trasmutazione rigida dell’oggetto, operata per dare espressione concreta – e in modo decisamente sarcastico, si direbbe – all’irrigidimento di certa classe dirigente di oggi che in gioventù aveva lottato contro le istituzioni, reclamando flessibilità. D’altronde, il titolo dell’installazione presso la Engholm Engelhorn Galerie parla chiaro: 1968 and the Conseguences.
Va sotto il nome di Design Dystopias una rassegna cinematografica che vuole indagare l’immaginario della modernità attraverso il design mostrato nei film, tra speranze, disfatte e sogni utopici, sogni visti fortunatamente anche con una prospettiva umoristica. C’è, per esempio, un quasi dimenticato film d’annata di e con Woody Allen, intitolato Il dormiglione – parodia dell’Uomo che fuggì dal futuro di George Lucas – in cui un individuo ibernato si sveglia nel futuro alle prese con le logiche rovesciate di un mondo a lui incomprensibile, tra robot, ortaggi giganti, droghe elettromagnetiche e macchine del sesso. “Il cervello? Il mio secondo organo preferito”, era una delle tante battute del film.
Guardando altrove, tra le varie sezioni – sono complessivamente nove – che danno corpo alla manifestazione, quest’anno se n’è inaugurata una dedicata al mondo dei bambini e si chiama semplicemente e per l’appunto Kids.
Il mondo del design, insomma, è sempre più globale. E c’è anche chi per mestiere riesce a dare del fenomeno una lettura in controluce, come la storica d’arte Christine Müller, caporedattrice di “Architectur & Bau Forum”, un magazine quindicinale molto seguito che, oltre all’architettura, con i suoi inserti Skin e Contract si occupa anche di design. “Innegabile che in Austria il design catalizzi sempre tanta attenzione. Il crescente interesse per questa manifestazione annuale dal taglio internazionale lo dimostra. Inoltre attribuisco ai giovani designer austriaci molta volontà e un certo talento”. Però? “Temo che la nostra epoca non sia paragonabile alla grande stagione del design austriaco, cominciata nell’Ottocento e che nel primo Novecento ha avuto il suo vertice in Adolf Loos o Josef Hoffmann e i suoi ultimi grandi esponenti a metà del secolo con Josef Frank e Oswald Härdtl”.
La ragione? “Forse oggi è venuto meno il senso autenticamente storico dell’industrial design e non è più il caso di parlare d’impegno sociale. C’è una sperimentazione diffusa e molta competizione in questa fase post-storica. Ma, per emergere, le semplici capacità creative non bastano: la qualità oggi si gioca sul piano dell’alta tecnologia, che non è facilmente abbordabile. In definitiva, però, se design vuol dire arte applicata al mondo del quotidiano, a quel vissuto che passa ogni istante attraverso l’esperienza diretta dei sensi, non possiamo certo lamentarci”.
Tra gli appuntamenti speciali tentiamo di leggere un impronunciabile e intraducibile, almeno per noi, groviglio di parole a forma di titolo per un’installazione che Daniel Spoerri sta allestendo per l’inaugurazione di martedì 7 alla Galerie Rauminhalt; eccolo, provateci voi: Strotzender Stuhlgestrüpp Strauch. Struppig sich sträubendes Gestühl. Störriges Stuhlstück Gesträuch. Dovrebbe trattarsi di un alto e folto cespuglio di sedie, dovrebbe.
E allora, chi non ha in mente la flessibile poltrona Sacco, firmata da Gatti, Paolini, Teodori e prodotta da Zanotta? Sì, proprio quella su cui doveva sedersi il pavido Fracchia/Villaggio. La quale poltrona, in realtà, esprimeva libertà e flessibilità del sedersi, per un vivere fuori dalle tradizionali imposizioni: fu un oggetto che contribuì enormemente al boom internazionale della creatività made in Italy. Era il 1968. Qui alla Vienna Design Week ne sarà presentata una ribattezzata Sacco di cemento by Bartolomeo Vanzetti (sic!), consistente in una netta trasmutazione rigida dell’oggetto, operata per dare espressione concreta – e in modo decisamente sarcastico, si direbbe – all’irrigidimento di certa classe dirigente di oggi che in gioventù aveva lottato contro le istituzioni, reclamando flessibilità. D’altronde, il titolo dell’installazione presso la Engholm Engelhorn Galerie parla chiaro: 1968 and the Conseguences.
Va sotto il nome di Design Dystopias una rassegna cinematografica che vuole indagare l’immaginario della modernità attraverso il design mostrato nei film, tra speranze, disfatte e sogni utopici, sogni visti fortunatamente anche con una prospettiva umoristica. C’è, per esempio, un quasi dimenticato film d’annata di e con Woody Allen, intitolato Il dormiglione – parodia dell’Uomo che fuggì dal futuro di George Lucas – in cui un individuo ibernato si sveglia nel futuro alle prese con le logiche rovesciate di un mondo a lui incomprensibile, tra robot, ortaggi giganti, droghe elettromagnetiche e macchine del sesso. “Il cervello? Il mio secondo organo preferito”, era una delle tante battute del film.
Guardando altrove, tra le varie sezioni – sono complessivamente nove – che danno corpo alla manifestazione, quest’anno se n’è inaugurata una dedicata al mondo dei bambini e si chiama semplicemente e per l’appunto Kids.
Il mondo del design, insomma, è sempre più globale. E c’è anche chi per mestiere riesce a dare del fenomeno una lettura in controluce, come la storica d’arte Christine Müller, caporedattrice di “Architectur & Bau Forum”, un magazine quindicinale molto seguito che, oltre all’architettura, con i suoi inserti Skin e Contract si occupa anche di design. “Innegabile che in Austria il design catalizzi sempre tanta attenzione. Il crescente interesse per questa manifestazione annuale dal taglio internazionale lo dimostra. Inoltre attribuisco ai giovani designer austriaci molta volontà e un certo talento”. Però? “Temo che la nostra epoca non sia paragonabile alla grande stagione del design austriaco, cominciata nell’Ottocento e che nel primo Novecento ha avuto il suo vertice in Adolf Loos o Josef Hoffmann e i suoi ultimi grandi esponenti a metà del secolo con Josef Frank e Oswald Härdtl”.
La ragione? “Forse oggi è venuto meno il senso autenticamente storico dell’industrial design e non è più il caso di parlare d’impegno sociale. C’è una sperimentazione diffusa e molta competizione in questa fase post-storica. Ma, per emergere, le semplici capacità creative non bastano: la qualità oggi si gioca sul piano dell’alta tecnologia, che non è facilmente abbordabile. In definitiva, però, se design vuol dire arte applicata al mondo del quotidiano, a quel vissuto che passa ogni istante attraverso l’esperienza diretta dei sensi, non possiamo certo lamentarci”.
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*foto in alto: Maxim Velcovsky – Lanterna magica – (c) Leonid Rath
dal 2 al 12 ottobre 2008
Vienna Design Week 2008 – A City Full Of Design
Sedi varie, Vienna
Info: tel. +43 19134356; fax +43 19136831; office@niegungsgruppe-design.org; www.viennadesignweek
[exibart]