Per gli storici dell’arte l’Accademia di San Luca vuol dire soprattutto Federico Zuccari (1540-1609), nominato Principe della prestigiosa istituzione nel 1593, pochi anni dopo aver costruito la sua bizzarra residenza affacciata su Via Gregoriana e caratterizzata dalla facciata dominata da un gigantesco mascherone, tipico dello stile manierista, del quale Federico era sommo esponente. E la bizzarria ha in qualche modo accompagnato l’evoluzione dell’Accademia, che ha sede fin dal 1934 in un edificio a pochi passi dalla Fontana di Trevi, dove ha lasciato il suo tocco originale un altro personaggio “alternativo”: l’architetto Francesco Borromini, autore del portale d’ingresso dello scalone interno del palazzo della famiglia Carpegna, caratterizzato da un festone floreale di grande eleganza, che introduce alla rampa elicoidale che sale ai piani superiori, realizzata tra il 1643 ed il 1650. In un contesto dominato dalla stravaganza, il nuovo “principe” dell’Accademia di San Luca è Luigi Ontani, protagonista di SanLuCàstoMalinIconicoAttoniTònicoEstaEstE’tico, la mostra personale che occupa l’intero palazzo, dove l’artista si è inserito in maniera intelligente e consapevole negli spazi dell’edificio, attraverso un itinerario che unisce le sue opere con l’architettura borrominiana e la storia dell’Accademia, in un sottile gioco di rimandi tra passato e presente, tradizione e modernità.
“Attore, pittore, scultore e decoratore di se stesso e del mondo, non ha mai assecondato le alchimie e le strategie degli altalenanti richiami all’ordine (o al disordine) del mondo”: così lo ha descritto il critico Roberto Daolio. Il percorso proposto dall’artista comincia dalle tre sale al piano terreno, suddivise in ordine cronologico e tematico: si parte dalle fotografie degli anni Settanta esposte all’Attico di Fabio Sargentini, dove l’artista assume pose desunte da famosi dipinti della storia dell’arte, per dare vita ad ambigui tableaux vivants che costituiscono la cifra stilistica più riconoscibile di Ontani. Opere incredibilmente attuali come San Sebastiano nel bosco di Calenzano (1970) o Leda e il Cigno (1975) o ancora Columbus Circle N.Y. (1975) accompagnate da uno dei lavori fotografici più conosciuti dell’artista, quel Lapsus Lupus (1990) che costituisce un omaggio al presente multiculturale della città eterna, aprendo la strada alla serie di fotografie acquarellate a mano.
Segue la sala con le opere in ceramica, tra le quali spiccano gli otto Vizi Capitelli in maiolica policroma, realizzati nel 2011 in occasione della mostra “RossinAria” presso la Pescheria di Pesaro e riproposti a Roma per la prima volta in questa occasione, quasi a voler accentuare il legame con le invenzioni architettoniche di Borromini, tra gioco e simbolismo, capriccio e misura. Al di là del portale, appunto, si imbocca la rampa elicoidale, che Ontani ha saputo interpretare con grande maestria, disponendo alle pareti e nelle nicchie una serie di ErmEstetiche in maiolica policroma, quasi a voler ridare vita ad una folla di personaggi storici che si siano ritrovati intorno all’opera di Borromini, introdotti ed annunciati dal volto di Medusa, inserito nel portale d’ingresso. «Non è una discesa agli inferi, bensì un ascendere guidati dalla dolcezza del pendio» sottolinea Ester Coen.
Un convivio allegro e scherzoso, una sorta di “raduno degli uomini illustri” dove si ritrovano Gioacchino Rossini e Nerone, Tazio Nuvolari e Zarathustra, Filippo Tommaso Marinetti e il Signor Bonaventura, che con la loro presenza abitano l’architettura e la rendono quasi domestica e più familiare. “Mentre arieggiano la solennità della statuaria classica, le erme di Ontani non mancano però di incrociarla con gli sberleffi, le contestazioni, le degradazioni linguistiche, in un clima di immanente pasquinata o di festa della servitù” puntualizza Renato Barilli. Una festa alla quale partecipano anche altre figure, gli Ibridoli, ispirati dai “grilli” degli antichi bestiari medievali, con teste innestate su corpi sferici, simili ad antiche urne. E il corteo continua in alcune sale al piano nobile, con altri lavori in ceramica e fotografie acquarellate a mano. Qui il tocco d’artista è il San Luca, che Ontani ha collocato al centro di una serie di ritratti di accademici del passato, collocato in modo tale da passare quasi inosservato, perfettamente in sintonia con la mimesi tra passato e presente che ispira l’intera mostra. «Opero sulla fantasia e sulla ridondanza – spiega Ontani – quindi il concetto di travestimento è fondamentale per il mio immaginario»: un immaginario che in questa occasione ha trovato una delle sue manifestazioni più felici.
Ludovico Pratesi