19 ottobre 2015

VECCHI PROGETTI, GIOVANISSIMI!

 
Ai confini tra arte, design, utopia, l'architettura radicale di Superstudio è in scena al PAC di Milano. Una serie di “giovani voci” ci raccontano un'avanguardia sempreverde

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L’interno del Pac (Padiglione di Arte Contemporanea) di Milano, dalla scorsa Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI si è trasformato in una struttura fluida, grazie a un allestimento dinamico e irripetibile, pensato da Baukuh e Valter Scelsi con la revisione critica di Superstudio
L’istituzione vetrata, gioiello architettonico milanese articolato da cinque sale esagonali, firmato Ignazio Gardella (1953) è la sede più adatta per ospitare il Monumento Continuo: si tratta di un modello architettonico di urbanizzazione totale progettato nel 1968 – anno delle rivoluzioni culturali, politiche e sociali – dal mitico gruppo fiorentino di “architettura radicale” (così definita nel 1972 da Germano Celant in occasione della mostra “Italy the New Domestic Land-Scape”, al MoMA di New York), Superstudio appunto, attivo dal 1966 al 1986. 
Il gruppo, composto da giovani architetti critici nei confronti della disciplina del progetto, narra attraverso prototipi di varia natura “architetture senza città”, di un futuro possibile, rielaborando archetipi formali della progettazione.  
Superstudio, Bazaar, 1968, photo Nico Covre, Vulcano
Superstudio, composto da Adolfo Natalini, Cristiano Toraldo di Francia, Gian Piero Frassinelli, Roberto e Alessandro Magris, a cui si è aggiunto Alessandro Poli (dal 1970 al 1972), negli anni delle contestazioni insieme con l’altro gruppo avanguardista fiorentino Archizoom Associati (1966-74) propone una ricognizione antropologica dell’architettura come strumento della conoscenza e prefigura un nuovo ordine delle cose, scenari enigmatici come svelamento delle possibilità espressive delle cose stesse. 
Nei “cataloghi” del gruppo sorprende l’attualità del loro sguardo trasversale, premonizioni che indicano attitudini sperimentali di modi di vivere città, paesaggio e per soluzioni abitative ibride, in bilico tra natura, arte e architettura, cultura hippie-pop, Land Art e fantasy. Questa mostra di un’architettura diversamente progettuale, a cura di Andreas Angelidakis, architetto e artista, e con la collaborazione per la parte storica di Valter Scelsi e Vittorio Pizzigoni, guarda al passato, alla storia, all’evoluzione delle ricerche del collettivo, proiettandosi nel futuro, grazie al confronto-dialogo con diciannove opere di giovani artisti più o meno giovani, da Patrick Tuttofuoco, a Paola Pivi, al greco Angelo Plessas, che organizza ogni anno dal 2012 degli artists residences, con l’obiettivo di mettere in relazione artisti e creativi provenienti da diversi ambiti di ricerca che si conoscono tramite web, passando dall’americana Pae White, a Ila Beka e Louise Lemonie, con i progetti commissionati da Rem Koolhaas per la 14esima Mostra Internazionale di Architettura e altre opere che dialogano con oggetti, progetti, immagini, video, e gli Atti fondamentali di Superstudio da scovare lungo il percorso espositivo, entrando e uscendo da ambienti composti da film e prodotti di design per la prima volta esposti insieme, come rappresentazione di un “discorso per immagini”. 
Super Superstudio, Monumento Continuo al PAC di Milano, photo Nico Covre, Vulcano
Nel parterre del Pac, lungo la vetrata, affascinano gli Istogrammi: sono solidi geometrici dalla superficie omogenea ed isotropa che annullano problemi spaziale di sensibilità, diventando misura di tutte le cose e immagine surreale di una realtà senza tempo. Sono attualissimi anche la serie di mobili Misuara prodotti da Zanotta col nome Quaderna: sedie, tavoli, sgabelli e numerosi arredi in legno truciolare rivestito con un laminato plastico bianco prodotto dalla Abet Print. Sulla superficie del laminato è serigrafata una maglia nera a quadrati di tre centimetri di lato. La Supersuperficie è un modello mentale, inscritto in una area cartesiana che invade la vita quotidiana. E poi ancora complementi d’arredo, prototipi di lampade, alcune di alabastro dalle forme archetipe e platoniche e anche Sofo, poltrona modulare impilabile, utilizzabile anche come “mattone” per costruire installazioni abitabili, ed è social la seduta collettiva a spicchi Bazaar che, se chiusa, diventa un ambiente privato. 
SuperSuperficie, 1972, photo Nico Covre, Vulcano
Sono noti invece i teatrini di Superficie che ricreano tridimensionalmente l’immaginario surreale di queste “scatole”, composte da fotomontaggi e collage, visibili al primo piano del Pac. Qui la grande sala è dedicata alle opere su carta, frutto di un’accurata selezione dagli archivi fiorentini di Superstudio. E, tra i manifesti delle loro mostre e fotomontaggi, nei quali prendono vita la Supersuperficie e il Movimento Continuo di cui Superstudio realizza uno storyboard per un film mai realizzato, che ha come protagonista un’idea di architettura, della storia della modernità, si trovano i progetti utopici delle 12 Città Ideali (1971), visioni surreali e metafisiche di mondi immaginari presentati come “Premonizioni di una rinascita mistica dell’urbanesimo”, pubblicate su Il Mondo. Allievo di Adolfo Natalini è stato l’architetto Michele De Lucchi, che collaborò con Superstudio, guru con Andrea Branzi del Radical Design, tra le file di Archizoom. 
Così al Pac, più che architetture, si trova un “infratesto” progettuale enigmatico, e dal confronto tra il gruppo fiorentino e gli artisti di oggi s’inscena una tredicesima città ideale, offrendo spunti di riflessione sul futuro dell’architettura trasversale investigata da Rem Koolhas a Zara Hadid, tra gli altri progettisti nell’epoca post-digitale. 
Jacqueline Ceresoli

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