VENT’ANNI D’ARTE NEL CANTONE

di - 31 Agosto 2007

Nel 1953 questa esigenza diventa ancora più forte. È l’anno del centocinquantesimo anniversario dell’indipendenza cantonale. Nasce il bisogno di raccogliere e mostrare una collezione pubblica che testimoni i passaggi e le presenze artistiche radicatesi sul territorio. Tre anni più tardi, nel 1956, viene donato al Consiglio di Stato del Canton Ticino un nucleo di immobili fra i più antichi del centro storico di Lugano. Il contesto architettonico, che ha subito un restauro durato 8 anni, è dotato di una corte interna sulla quale si affacciano tre palazzi di diverse epoche, dal 1500 al 1800.
Dal 1987 questa sede, in via Canova, accoglie una collezione di opere che vanno dal XIX al XX secolo, includendo artisti ticinesi e internazionali. Il Museo Cantonale preserva ed espone serie di selezioni interdisciplinari che includono disegni, incisioni, dipinti, sculture, filmati video, fotografie e progetti d’architettura. Tra le opere della collezione si trovano lavori di Arp, Bill, Calderara, Domela, Fillia, Hodler, Klee, Melotti, Merz, Paolini, Pissarro, Raetz, Struth e Zorio.
Abbiamo incontrato Marco Franciolli (Svizzera, Bellinzona, 1956), direttore del Museo Cantonale da sette anni.

Come sono passati i vostri primi vent’anni?
I nostri sono vent’anni fatti di continue aggiunte e rinnovamenti della collezione. Il Museo produce delle esposizioni seguendo un’impostazione scientifica che richiede tempi lunghi di produzione. Spesso per preparare una mostra sono necessari due o tre anni. A volte le opere della nostra collezione servono da punto di partenza ideale, da spunto, e poi vengono integrate con opere provenienti da altri musei e collezioni private. In questi vent’anni abbiamo inoltre sviluppato una rete di contatti internazionali indispensabili per produrre delle esposizioni come quelle che presentate di recente.

Fra le priorità del Museo c’è anche l’impegno per la conservazione del patrimonio artistico, attività che svolgiamo con un laboratorio interno e un’equipe di restauro che si occupa della cura della nostra collezione. Periodicamente chiamiamo ad intervenire specialisti esterni per alcuni interventi di restauro. Le collaborazioni esterne si estendono, evidentemente, a tutti i settori di attività dell’Istituto. Amiamo creare aree di collaborazione che includono storici dell’arte, letterati, studiosi e persino scienziati. Per esempio, in occasione della mostra dedicata a quella parte dell’arte moderna che riguarda l’espressione grafica infantile (Les enfants terribles, Il linguaggio dell’infanzia nell’arte 1909-2004) abbiamo richiesto un intervento curatoriale da parte di Massimo Ammaniti, professore di psicopatologia generale e dell’età evolutiva.

Quali sono gli approcci che adottate, nello specifico?
Il nostro museo ha un approccio ampio nei confronti della cultura artistica. Il progetto iniziale, sviluppato dalla prima direttrice del museo (Manuela Kahn-Rossi) proponeva una lettura della storia dell’arte della nostra regione legata da un lato al fenomeno dell’emigrazione formativa verso altre regioni d’Europa e dall’altro l’afflusso di artisti europei verso il Ticino quale terra di accoglienza. È a partire da una lettura del nostro territorio quale luogo di snodo fra il Nord e il Sud europeo che si sono costruiti numerosi progetti di ricerca sfociati poi in esposizioni temporanee. Fra questi scenari si sono riuniti personaggi con bagagli culturali formatisi fuori dal territorio svizzero, favorendo così una circolazione di idee che poi è tornata ad aprire dibattiti culturali innovatori per il territorio stesso.

Dunque l’arte diventa anche un tramite per mappare il territorio e la sua storia…
Certamente. Non sono mancate in questi anni le occasioni di studio di figure appartenenti, nel senso più ampio del termine, al fenomeno generale dell’emigrazione artistica, personalità artistiche significative come il Borromini, nato a Bissone, poco lontano da qui (Francesco Borromini 1599-1667. L’elaborazione del linguaggio architettonico. Dagli esordi alla realizzazione di San Carlo alle Quattro Fontane). Al grande architetto abbiamo dedicato un’ampia mostra volta a chiarire quali fossero il suo percorso formativo e il suo bagaglio culturale quando giunse a Roma. In precedenza, avevamo proposto una mostra monografica dedicata ad un’altra eminente personalità artistica originaria della regione dei laghi, Pier Francesco Mola (Pier Francesco Mola. 1612-1666), oppure, ancora, abbiamo affrontato il tema del Rabisch (Rabisch. Grottesco e profano nell’arte lombarda della seconda metà del Cinquecento).

Per quanto riguarda, invece, la fotografia?
Un museo rivolto all’arte del XX secolo non può prescindere dalla fotografia, dal rapporto che questa ha intrattenuto con le avanguardie e dal suo ruolo centrale nell’arte contemporanea. Alla fotografia dedichiamo regolarmente delle esposizioni e nella nostra collezione vi è una sezione riservata a questo tema.

La mostra più difficile da realizzare?
Sicuramente quella dedicata al progetto culturale di Caterina II. (Dal mito al progetto. La cultura architettonica dei maestri italiani e ticinesi nella Russia neoclassica), realizzata in collaborazione con l’Archivio del Moderno dell’Accademia di architettura di Mendrisio e il Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo. In mostra sono state esposte più di quattrocento opere di architetti, scenografi, scultori e disegnatori. L’ampiezza del numero di prestatori, le complessità burocratiche e organizzative hanno reso questo progetto una vera e propria avventura. Come sempre, però, il grande impegno è spesso fonte di altrettanta soddisfazione e per noi vedere al Museo dell’Ermitage la nostra esposizione apprezzata dagli studiosi e dai visitatori russi ci ha ampiamente ripagato dagli sforzi prodotti. Un corollario d’eccezione ha completato la mostra con un grande concerto sinfonico tenutosi a Lugano con il coro di San Pietroburgo per l’esecuzione, evidentemente di valore simbolico, della Nona sinfonia di Beethoven.

Quindi siete attenti anche a linguaggi paralleli a quelli visivi, mi riferisco a quelli sonori…
Si, potrei citare come esempio la mostra Da Kandisky a Pollock, La vertigine della non-forma. In questo caso il tema del superamento del concetto tradizionale di forma veniva esemplificato in mostra con opere di Klee, Kandinsky e Prampolini, per estendersi poi alle esperienze informali e all’espressionismo astratto americano. In questo caso abbiamo individuato tre momenti sonori che esemplificavano perfettamente i temi visivi, un quartetto di Schonberg che aveva profondamente segnato Kandinsky, gli esperimenti sonori di Dubuffet e le improvvisazioni di Charlie Parker abbinate all’espressionismo astratto americano. Il coinvolgimento a livello visivo e sonoro favoriva l’avvicinamento del pubblico a temi che ridotti alla dimensione teorica potrebbero essere complessi, ma nell’esperienza della fruizione si rivelano in modo più diretto e comprensibile.

Essere liberi da grandi sostenitori vuol dire anche avere grande indipendenza nella realizzazione degli eventi. Vero o falso?
Beh, saremmo sicuramente più che lieti di avere “grandi sostenitori”. In realtà sono proprio i limiti finanziari e logistici che ci obbligano ad operare delle scelte rigorose, coerenti senza dimenticare una certa dose di creatività nel ricercare le soluzioni migliori per poter realizzare quanto riteniamo utile per l’Istituto. Fin dall’inizio abbiamo optato per un’immagine grafica forte, magari anche un po’ complessa, ma che alla fine si è rivelata efficace nel comunicare l’identità del Museo. Il tema della comunicazione per un museo tocca, evidentemente, questioni di fondo quali ad esempio quelle relative allo statuto dell’opera e alla sua riproducibilità. La centralità dell’immagine nella società contemporanea impone, per chi si occupa di cultura visiva, un’attenzione critica costante, che nel nostro caso si traduce a volte in un’attenzione ossessiva per la qualità della grafica.
Per tornare alle nostre risorse finanziarie, un punto cruciale per lo sviluppo del Museo è quello dell’incremento della collezione. Le risorse limitate a disposizione per l’acquisizione di opere ci spinge a intensificare il rapporto con il collezionismo privato, favorendo depositi a tempo indeterminato e donazioni. Abbiamo avuto in passato donazioni importanti, come quella straordinaria di 200 opere dalla Collezione Panza di Biumo, e ci siamo dotati di un’associazione di amici del museo, denominata ProMuseo, che acquisisce opere da destinare alla nostra collezione. Ma naturalmente continuiamo ad effettuare delle acquisizioni, rivolte soprattutto all’arte del secondo dopoguerra su fino al contemporaneo.

Difatti so che date parecchia importanza ai giovani artisti attivi in area cantonale…
Si, ogni tre anni, ad esempio riproponiamo Che c’è di nuovo. Uno sguardo sulla scena artistica emergente in Ticino. L’esposizione è abbinata ad un premio per artisti emergenti, devoluto dal Percento culturale Migros Ticino, e attribuito da una giuria di professionisti esterni al territorio, un modo questo per diffondere oltre i nostri confini la conoscenza di quanto avviene di interessante nell’ambito delle arti visive. Questa iniziativa ricalca una tradizione radicata in ambito svizzero, quella delle esposizioni annuali volte a presentare in tempo reale quanto avviene in campo artistico in una determinata regione. Quest’anno, inoltre, presenteremo per la seconda volta il Premio culturale Manor, probabilmente il più prestigioso premio per l’arte contemporanea a livello nazionale, destinato ad artisti fino ai 40 anni, che comprende l’organizzazione di una mostra, la realizzazione di un catalogo, l’acquisizione di un’opera e un premio in denaro per la realizzazione di un progetto. Si tratta evidentemente di un’opportunità davvero unica per un giovane artista e quest’anno a beneficiarne sarà uno dei più promettenti artisti della nostra regione, Davide Cascio.

a cura di ginevra bria


Museo Cantonale d’Arte, Via Canova 10 – 6900 Lugano
Switzerland – T +4191 910 47 80 – F +4191 910 47 89
decs-mca@ti.ch
www.museo-cantonale-arte.ch
orari: Martedì 14–17 / Mercoledì–Domenica, Lunedì di Pasqua e Pentecoste – 10–17 / Lunedì, 24, 25 e 31 dicembre, 1 gennaio chiuso
Biglietti: Collezione Fr. 7.- / € 5 – Esposizioni Fr. 10.- / € 7
Riduzioni (AVS, Studenti, Gruppi) Collezione Fr. 5.- / € 3 – Esposizioni
Fr. 7.- / € 5 – Ala Est: ingresso gratuito


[exibart]


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