È un vecchio sogno, quello di Achille Maramotti. Un sogno da industriale della Bassa, innamorato dell’arte. Esporre la sua collezione, esempio delle idee artistiche più avanzate del suo tempo, luogo di fruizione estetica e intellettuale, nella vecchia sede dei suoi stabilimenti, allestita come un museo. Ma come nasce questa straordinaria raccolta appena aperta al pubblico? La collezione nasce per curiosità intellettuale verso i nuovi linguaggi, nel momento in cui Achille, già attento conoscitore e collezionista di arte moderna, alla fine degli anni ’60, inizia ad avvicinarsi alle opere di artisti suoi contemporanei –
Burri e
Manzoni,
Fontana e
Twombly– concretizzando l’idea di corpus organico a metà degli anni ‘70. Gli artisti in mostra sono per la maggior parte rappresentati con opere significative degli esordi, quando il loro lavoro introduceva elementi di fondamentale o sostanziale novità nella ricerca contemporanea.
La passione di una vita, insomma, ora è in mostra, grazie anche alla lungimiranza della famiglia che ha perseguito il fervido desiderio del mecenate -dopo la sua scomparsa nel gennaio del 2005– di rendere la vecchia sede dell’azienda Max Mara di via Fratelli Cervi, a pochi chilometri dal centro urbano di Reggio Emilia, sede permanente della collezione. Il vecchio edificio -in cui le opere venivano esposte ciclicamente– è stato difatti recuperato mantenendone le caratteristiche peculiari che lo caratterizzavano come un progetto architettonico radicalmente innovativo per l’epoca, in primo luogo per l’illuminazione naturale e la versatilità.
Obiettivo visibile del collezionista: mettere l’opera d’arte sempre al centro e mostrarla attraverso il rigore di un allestimento minimale, degno di un’esposizione museale. La sua logica fondamentale: comprare nel momento più innovativo, anche precorrendo i tempi, direttamente dall’artista, attraverso un rapporto di fiducia, o dare la caccia alle opere desiderate alle aste internazionali, come nel caso della Transavanguardia.
La pittura era il grande amore di Achille Maramotti, ma il suo interesse verteva anche su sculture e installazioni, sempre comunque ricche di riferimenti pittorici. La sua volontà era -e tuttora gli eredi se ne fanno interpreti- quella di non fermarsi alle opere esposte, ma di procedere come un vero e proprio
work in progress, con l’intenzione di rispecchiare puntualmente i nuovi percorsi evolutivi dell’arte attuale.
E questo è soltanto l’inizio. Basti pensare che quella esposta è soltanto una minima parte delle centinaia di opere raccolte sino a oggi dalla famiglia Maramotti. Alle acquisizioni più recenti, che non sono state incluse nell’esposizione permanente, e ad alcuni protagonisti, come
Claudio Parmiggiani (che aveva un rapporto privilegiato con Achille, che gli acquistò ben 40 lavori), verranno dedicate mostre tematiche all’interno degli spazi espositivi al piano terra specificatamente destinati a esposizioni temporanee, riguardanti sempre soltanto gli artisti e le opere della collezione. Non soltanto una collezione privata che diventa museo quindi, ma un vero e proprio centro di produzione artistica, volto a valorizzare nel corso dei prossimi anni, anche con progetti estemporanei, gli autori presenti.
Centro in cui non poteva mancare l’offerta letteraria, anche se sempre in forma elitaria. La nascita e lo sviluppo della collezione sono stati infatti accompagnati dalla ricerca e acquisizione di cataloghi, monografie, riviste, pubblicazioni, libri d’artista e documenti riguardanti gli artisti di cui venivano acquistate le opere. Materiale che a partire dal 2008 verrà raccolto in una biblioteca al piano terra, assieme alle fotografie e ai carteggi che ne costituiranno l’archivio, con l’accesso consentito soltanto a ricercatori e studiosi e solo su prenotazione. Una scelta precisa, che rappresenta una linea di pensiero coerente con la modalità di visita alla collezione, rigorosamente gratuita ma aperta a un numero ridotto di persone per volta. Una prassi decisamente controcorrente rispetto a quella consueta adottata dalle istituzioni culturali, che permette non soltanto al visitatore di accedere a un’incredibile collezione privata senza pagare un biglietto e senza fare estenuanti file, ma anche di intraprendere l’esclusivo “viaggio” in tutta tranquillità.
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Elisabetta