07 giugno 2006

Vigna d’artista

 
Un libro ad hoc per una vigna doc. A Forio d’Ischia, gli “angeli matti” delle cantine di Pietratorcia festeggiano il decennale tornando all’infanzia. Con saggi e sondaggi, e una serie di scatti firmati da Francesco Iodice...

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Come reagireste se vi presentassero una torta di compleanno nera e rigida? Comprensibilmente, inorridireste. Quelli di Pietratorcia, invece, hanno stappato una bottiglia… e via coi brindisi! Questione di gusto, ribattono dall’azienda vinicola di Forio d’Ischia che, per festeggiare il proprio decennale, ha affidato a Paola Tognon la realizzazione di un cadeau a tiratura limitata, elegantemente “impacchettato” dai grafici di Zelig. Trattasi d’un piccolo e compatto libro d’artista, “mattoncino” sul quale costruire un avvenire che, intanto, matura tra i filari arrampicati a macchie sulle parracine dell’isola verde. Terrazzamenti strappati alla dilagante aggressione dell’abusivismo edilizio da un manipolo di “angeli matti”, credenti e praticanti di una “viticoltura eroica” (teorizzata dallo zar di tutti gli enogastronomi, il compianto Luigi Veronelli) che affonda le radici in una tradizione fiorita sul suolo dell’antica Pithecusae ben prima delle seconde case e dei resort di lusso. Terra, questa, dalla doppia natura geologica -vulcanica e tettonica-, la cui complessa ampelografia scrive la storia tanto della colonizzazione greca quanto di quella etrusca: patrimonio del quale tre famiglie -Iacono, Verde e Regine- hanno inteso fare tesoro con un’impresa sulla quale nessuno inizialmente avrebbe scommesso… un acino. La domanda, allora, era: come raccontare questi luoghi? E come ritrarre la fatica necessaria per colmare i lieti calici?
Per illustrare le possibili risposte, la curatrice non ha avuto dubbi, coin/travolgendo un fotografo che, sebbene trapiantato a Milano e nomade per passione professionale, la luce e i paesaggi della perla termale del Golfo li ha impressi negli occhi e nel cuore: Francesco Iodice (Napoli, 1967).
Francesco Iodice, Ischia, 2006
Sicché l’intervento dell’obiettivo partenopeo ha assunto i connotati soggettivi del viaggio di ritorno all’infanzia: la sua, esplicitata nella breve conversazione con la Tognon, e quella dei bambini chiamati ad “incarnare” i due lustri di vita delle cantine Pietratorcia. Testimoni-testimonial scelti in varie scuole dello Stivale –unico, inderogabile requisito: i dieci anni d’età– e stuzzicati con un questionario su gusti, sogni e aspirazioni dai quali Silvia Chiesa ha estrapolato un sintetico profilo generazionale. Un fuoco di fila di domande e una pioggia di scatti, selezionati accanto alla serie di scorci di Forio. Sono soprattutto questi ultimi, lussureggianti o malinconici, a dare la misura “emotiva” di un lavoro intrapreso con un sottinteso etico, tra tutela dell’ambiente, rilancio economico e riscoperta di valori aviti. Un volumetto che, sotto la dura scorza della copertina total black, “spreme” il succo di diverse anime, tutte persuase del fatto che chi semina, prima o poi, raccoglie.

anita pepe


Pietratorcia, Un decennio ad arte. Progetto a cura di Paola Tognon. Foto di Francesco Iodice. Testi in catalogo di Gigi Brozzoni, Marco Magnoli, Mario Fregoni, Attilio Scienza, Francesco Iacono, Paola Tognon e Silvia Chiesa

[exibart]


5 Commenti

  1. Quando penso a Francesco Iodice non riesco ad evitare il paragone con Alberto Angela: fanno entrambi parte della peggior specie dei raccomandati italici.

    Il problema grosso nel suo caso, è che le sue fotografie, senza i vari aiutini, non verrebbero neanche prese in considerazione.

    Ma il mondo è fatto così, e ci tocca zucarci pure questo lavoro inutile.
    Poco male, sopravviveremo comunque.

  2. non necessariamente caro Diego!Non vado a vedere le mostre perchè e figlio di!Il padre è un grande,ma il padre!

  3. ricordo ai meno informati che la cultura del vino ad Ischia ha radici antiche e che comunque è la Casa D’Ambra a produrre le bottiglie migliori, avendo anche iniziato molti anni prima della pretenziosa casa Pietratorcia, le foto di Jodice (a cui preferisco quelle di Enzo Rando, che fa della cartoline carine) non bastano a nobilitare un prodotto ancora modesto, e piuttosto caro per quello che offre. Un caro saluto a Pietro Paolo, che deve bere di meno.

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