“630 giorni di lavoro – afferma soddisfatto l’Assessore ai Lavori Pubblici Marco Corsini – questo è il tempo esatto che l’impresa ha impiegato per restituire il teatro al pubblico”. L’Assessore è tranquillo, parla poco e declina i grossi meriti che gli vengono attribuiti, ma chi ha seguito le vicende del Teatro fin dopo l’incendio, come l’architetto Elisabetta Fabbri, non ha dubbi: se fra dieci giorni in questo luogo si potrà celebrare un concerto è grazie a lui.
Elisabetta Fabbri è l’unico architetto tra i direttori operativi dei lavori, durante questi mesi ha avuto la responsabilità del controllo sulla qualità delle esecuzione del progetto architettonico, del restauro e della decorazione. Fu proprio lei a realizzare, poco tempo dopo l’incendio, lo studio di fattibilità per la ricostruzione che l’Associazione Industriali donò alla città.
Le polemiche sulla ricostruzione della Fenice sono state numerosissime e tra scandali e nuove gare d’appalto la storia ha occupato ampiamente le pagine di tutti i giornali. Ci parla del progetto dello studio rossi?
Ciò che si vede oggi è il progetto che è stato realizzato dallo studio Rossi Associati. Rossi, morto nel ’98, aveva lasciato solo delle idee, la difficoltà fondamentale è stata quella di trasformarle in progetto. Una delle idea centrali di Rossi è l’uso della citazione. Le linee guida del bando non erano così rigide rispetto a come doveva essere effettuata la ricostruzione. E’ stata una scelta di Aldo Rossi quella di tornare ad avere il teatro del Meduna. Il bando diceva: “non potrà essere la Fenice del Selva, che almeno richiami la Fenice com’era prima dell’incendio”.
E’ molto interessante nel contesto contemporaneo l’uso della citazione, il post-moderno ha fatto della citazione il proprio manifesto ed è qualcosa che continua a persistere anche nelle esigenze di molti artisti…
Aldo Rossi sceglie di usare la citazione in un’altra sala importante del Teatro, una sala che prima era adibita a locale caldaia e che lui definisce nel suo progetto “Sala Nuova”. Si tratta di una sala prove orchestra e coro, caratterizzata dall’avere una scenografia lignea che rappresenta la Basilica Palladiana di Vicenza.
Quello che caratterizza effettivamente il progetto di Rossi sono dunque i due elementi di citazione presenti nella “Sala Nuova” e nella sala centrale del teatro.
Effettivamente, come nella “Sala Nuova” Rossi ha utilizzato una “copia”, producendo qualcosa di assolutamente nuovo e originale, così nella sala principale del teatro chiede di avere una Fenice che potremmo definire filologicamente corretta rispetto alla Fenice del Meduna. In realtà Rossi in questi particolari non si è mai addentrato, e quindi nell’eseguire il progetto ci siamo resi conto che, per far sì che il manierismo decorativo no portasse a un basso livello dell’insieme, bisognava ricorrere alla scenografia.
Dunque la realizzazione di tutto l’apparato decorativo della sala principale del teatro è stata realizzata con la supervisione e la consulenza di uno scenografo…
Sì, la scenografia infatti è il luogo del teatro. Lo studio scenografico è un qualcosa che si misura con la capacità di osservazione dello spettatore. Pesa il rapporto tra l’osservatore e l’oggetto, questo è il vero valore della scenografia: il misurare come si percepiscono le cose.
Nella storia gli apparati decorativi interni dei teatri sono sempre stati realizzati da scenografi, lo stesso Meduna era un architetto scenografo
E’ vero, nello studiare i sistemi decorativi dei teatri ci si accorge che sono sempre scenografi che hanno questi incarichi importanti.
“Ho lavorato inizialmente su uno scheletro geometrico, sulla struttura architettonica del teatro all’interno della quale si è dovuto ricollocare tutto il materiale pittorico in modo da rispettare al massimo la Fenice com’era prima dell’incendio. Sulle quattromila fotografie che mi sono state fornite, la maggior parte si presentava sgranata e con colori i falsati perché si trattava di ingrandimenti di particolari e dunque rappresentava al contempo un aiuto e un ulteriore difficoltà interpretativa. Questo tipo di lavoro si è potuto fare solo attraverso l’attento studio dei documenti nella profonda comprensione delle intenzioni e dello stile. Se dovessi scegliere un termine per esprimere esattamente ciò che ho fatto direi che ho ‘evocato’ il teatro di Gianbattista Medusa”.
Tutto sembra essere ormai pronto per la fastosa inaugurazione del 14 dicembre, a cui in realtà saranno presenti ben pochi veneziani, una manciata d’invitati, quelli che hanno pagato profumatamente i biglietti messi all’asta e quelli che sono stati selezionati dall’estrazione a sorte di un concorso indetto dal comune. Si dovrà aspettare ancora un anno per la vera inaugurazione della stagione lirica e sinfonica, questo è in fatti il tempo che resta per terminare i collaudi del palcoscenico e restituire finalmente La Fenice al suo pubblico.
mara sartore
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"Il concetto di restauro si è profondamente modificato […] al centro ora è il concetto di memoria, la forma a priori comune a ogni uomo che dà valore alle tracce del passato e permette di identificare ciò che un patrimonio culturale rappresenta. La memoria va oltre il rapporto tra estetica e documentazione e implica la scelta: l’operazione che ci permette di distinguere ciò che merita di essere conservato da ciò che invece può essere dimenticato".
Sono parole di Giuseppe Cristinelli, ordinario di Restauro Architettonico all’Istituto Universitario di Architettura di Venezia e vicepresidente del Comitato Cracovia 2000, assemblea dalla quale è scaturita una Carta del Restauro sottoscritta da paesi europei ed extraeuropei, esperienza raccolta in un volume, "La Carta di Cracovia 2000 . Principi per la conservazione e il restauro del patrimonio costruito", ad opera dello stesso Cristinelli.
Solo il tempo dirà se non si tratti di una ennesima Carta delle Buone Intenzioni, destinata a scontare con la disattenzione quel tanto di indefinitezza che accompagna ogni tentativo di regolamentazione delle discipline umanistiche, del resto, l'arte del '900 è piena di Carte, Manifesti, Dichiarazioni e Proclami puntigliosamente redatti, sbandierati e tranquillamente dimenticati, uno in più non fa la differenza.
La scelta, la selezione tra più alternative, l'attività di discernimento, la capacità di decisione… sono queste le qualità squisitamente umane che devono entrare in gioco nel giudizio mentale e nel conseguente comportamento pratico.
Sempre Cristinelli aggiunge: "Bisogna avere fiducia nel principio umano di identificazione delle cose. Bisogna scegliere e dalla scelta, dunque, deriva inevitabilmente il concetto di progetto, perché la conservazione non è più una tecnica, è un fine”: scegliere, quindi, e poi elaborare un "progetto di conservazione" (nuovo termine con cui si definisce più modernamente il restauro) nel quale tecnica e risultato coincidano...... continua qui: http://www.antithesi.info/testi/testo_2.asp?ID=315