Categorie: restauri

Il Mantegna ricostruito

di - 16 Luglio 2003

L’11 Marzo del 1944 un bombardamento colpì la Chiesa degli Eremitani a Padova, riducendo in briciole gli affreschi con i quali Andrea Mantegna (Isola di Carturo, 1430/31 – Mantova 1506) aveva decorato la Cappella Ovetari.
La decorazione della Cappella era stata commissionata nel 1448 da Imperatrice Ovetari, in memoria del marito defunto, ad Andrea Mantegna, Nicolò Pizolo, Giovanni d’Alemagna e Antonio Vivarini. Il ciclo eseguito tra il 1448 e il 1460 rappresentava le storie dei Santi Giacomo e Cristoforo; considerati il capolavoro giovanile del Mantegna e il punto d’avvio del rinascimento padovano, gli affreschi dimostrano “la formazione ….sui modelli di Donatello, per il gigantismo delle figure, la marcata espressività nei volti e nei gesti, la composizione prospettico-spaziale” (Anna Maria Spiazzi).
Si sono salvate dalla distruzione solo tre scene, staccate nel corso dell’ottocento. Il resto del ciclo fu ridotto dalle bombe in minuscoli frammenti, raccolti dai padovani nei giorni successivi al disastro e riposti in casse, poi inviate all’Istituto Centrale di Restauro.
Nel 1946 quattro scene (le meno danneggiate) furono ricomposte e ricollocate nella Cappella Ovetari; il resto dei frammenti fu affidato ai depositi del Museo Diocesano della città.
Quale unica testimonianza degli affreschi resta una serie d’immagini fotografiche in bianco e nero realizzate nel 1920 dai Fratelli Alinari; non esiste una documentazione a colori di buona qualità dell’intero ciclo.
Fu subito evidente l’impossibilità di eseguire un restauro di tipo tradizionale; la maggior parte dei frammenti ha dimensioni molto piccole (che non superano i 5/6 cm2), un contenuto pittorico scarso e non si hanno informazioni sulla zona di provenienza del frammento, rispetto alla vasta superficie originaria (gli affreschi coprivano circa 750 mq). Inoltre “la probabile mancanza dei frammenti contigui… rende estremamente improbabile un successo per tutti quei metodi basati esclusivamente sulla forma del contorno dei frammenti” (Toniolo/Fornasier).
Sembrava un’impresa impossibile. Fino a quando il Professor Domenico Toniolo e il dottor Massimo Fornasier dell’Università di Padova hanno pensato di sfruttare le enormi potenzialità di calcolo dei computer e modernissime tecniche di trattamento digitale delle immagini.
A partire dal 1994 gli 80.735 frammenti di dimensioni superiori ad 1 cm2 sono stati restaurati fotografati e di recente le immagini digitali a colori sono stati trasferite su 38 CD-ROM . Anche le fotografie del ciclo eseguite dagli Alinari sono state digitalizzate e, come per un gigantesco puzzle, costituiscono il ‘modello’ da ricomporre.
L’obiettivo attuale è quello di capire quanta parte dell’opera finale possa essere ricostruita e la qualità del risultato finale, cercando di “posizionare” sulla mappa (le foto degli Alinari) il maggior numero di frammenti possibile.
Toniolo e Fornasier hanno sviluppato una metodologia software che utilizza come elementi base il “catalogo digitale dei frammenti” (i 38 CD) , le immagini degli affreschi scattate dagli Alinari e la tecnica dell’anastilosi informatica. “Per anastilosi informatica s’intende una procedura che, con l’aiuto di un algoritmo eseguito da un computer, opera su una rappresentazione digitale di un’immagine e dei suoi frammenti, ed è in grado di calcolare automaticamente e con buona approssimazione la posizione e l’orientamento in cui originariamente si trovava ciascun frammento” (Toniolo-Fornasier).
Si ‘estrae’ l’immagine di un frammento dal catalogo digitale, la procedura lo ‘elabora’ individuando un numero (al massimo poche decine) di posizioni possibili all’interno di una scena. Interviene a questo punto l’occhio umano (analisi visuale) per stabilire tra le posizioni ‘proposte’ dal computer quella più probabile. Il frammento è stato così virtualmente ricollocato al proprio posto (si ‘appoggia virtualmente’ il pezzo di puzzle sulla mappa).
L’anastilosi informatica è stata finora applicata a due scene che affrescavano la parete sinistra della Cappella, “S. Giacomo innanzi ad Erode” e “Andata al martirio di S. Giacomo”, sulle quali è stato possibile posizionare (virtualmente, ovvio) 1226 frammenti.
A quando il passaggio dalla ‘mappatura virtuale’ dei frammenti ad un tentativo di ricostruzione reale delle pareti affrescate? La decisione spetta ai tecnici del Ministero dei Beni Culturali e Ambientali, valutazione sicuramente difficile per le numerose componenti in gioco. Da un lato il fascino di realizzare un’operazione che sembrava impossibile, dall’altro l’obiettiva difficoltà di restituire un’idea, anche pallida, idea di quello che dovevano essere gli affreschi, per la lacunosità dei frammenti a disposizione (i frammenti coprono solo il 10% della superficie originale), il timore quindi di affrontare costi elevati per un risultato che ai più potrebbe sembrare deludente.
Resta comunque la certezza per Toniolo e Fornasier di aver messo a punto un validissimo strumento per il restauro assistito dal computer che potrà avere risultati eccellenti in casi meno disperati della sfortunata Cappella Ovetari.
Il 4 Giugno è stata inaugurata una mostra sul ‘Progetto Mantegna’, che illustra i risultati fino ad ora conseguiti dalla anastilosi informatica e la storia del ciclo di affreschi che decorava la Cappella. L’esposizione è allestita all’interno della Chiesa degli Eremitani ed andrà ad arricchire in modo permanente il percorso di visita della Chiesa (che in quanto luogo di culto è normalmente aperta al pubblico). Eccezionalmente fino all’11 Marzo del 2004 (60 anni dalla distruzione) saranno in mostra alcuni dei frammenti ‘ricollocati’ con la anastilosi.

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antonella bicci


Progetto Mantegna
Chiesa degli Eremitani, Padova –
Per informazioni Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo tel. 049.8761855
Uffico Stampa: Studio Esseci www.studioesseci.net  

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