Categorie: restauri

L’oro del David

di - 26 Novembre 2003

Sul bronzo del David brilla di nuovo l’oro. Forse più abbondante di come gli storici dell’arte lo avessero immaginato. Uno speciale laser ha riportato alla luce la sottile foglia d’oro che Andrea del Verrocchio (Firenze, 1435 – Venezia, 1488) aveva applicato “a missione” sui calzari, sulle decorazioni della corazza, sulla capigliatura e perfino sulle pupille, “a suggerire lo splendore del suo sguardo vittorioso” (Beatrice Paolozzi). L’effetto è quello di un giovane esile e biondo con occhi brillanti, una corazza impreziosita da bordi dorati, vittorioso sul nemico. E forse apparirà inizialmente strana quest’immagine dorata e un po’ leziosa, così diversa dal David che alcuni anni dopo trionferà nel marmo bianco di Michelangelo: robusto, concentrato in attesa della battaglia con Golia.
Così lo aveva realizzato tra il 1468 e il ’69 il Verrocchio per Piero de’ Medici, padre di Lorenzo il Magnifico e di Giuliano, che nel 1476 vendettero la statua alla Signoria di Firenze, che intendeva esporlo in Palazzo Vecchio, all’ingresso della Sala dei Gigli, come eroe simbolo della libertas repubblicana.
Il restauro, iniziato nella primavera del 2002 e diretto da Beatrice Paolozzi Strozzi e Maria Grazia Vaccari, è stato possibile grazie alla messa a punto di un particolarissimo laser ad opera, tra gli altri, dell’Istituto di Fisica del CNR di Firenze. Nessuno degli strumenti a disposizione dei restauratori fino a poco tempo fa avrebbe permesso di salvaguardare la sottile pellicola d’oro incollata dal Verrocchio sulla superficie del bronzo. Alla tradizionale tecnica per la doratura (quella ad amalgama di mercurio) egli aveva preferito quella “a missione”, molto più fragile (di solito impiegata in pittura), ma che gli permise di ottenere effetti pittorici, “di colorare il bronzo… e miniare direttamente con il pennello intinto di colla, i dettagli della sua figura” (Paolozzi).
La fragilità della doratura rischiava di pregiudicare l’esito del restauro, perché l’asportazione della patina nera formatasi sulla superficie del bronzo avrebbe con grande probabilità eliminato anche la rimanente doratura, compromettendo ulteriormente l’aspetto originale della statua. D’altra parte, il restauro diventava sempre più urgente, perché le croste formatesi sul bronzo rischiavano comunque di sbriciolare la sottile foglia d’oro.
La scienza ha dato una mano a storici dell’arte e conservatori. Nel corso del restauro sono stati eseguiti esami approfonditi sulla tecnica costruttiva, che hanno permesso di raggiungere un altro risultato significativo: la forma originaria del gruppo era diversa da quella in cui lo vediamo oggi. Il David aveva la testa di Golia poggiata a terra alla sua destra (non tra i piedi), ma in questa formazione richiedeva un piedistallo molto largo, inadatto al ristretto spazio nel quale la Signoria intendeva collocarlo. Lo stesso Verrocchio probabilmente modificò la statua, inserendo la testa del gigante tra i piedi dell’eroe. Le vicissitudini del David erano appena iniziate. La spada, perduta in epoca imprecisata, fu sostituita nel 1778; nel XVII secolo la statua fu smontata dal suo piedistallo e le due parti vennero separate. David, rimasto solo, fu identificato come un Marte giovinetto di autore ignoto e la testa di Golia come quella del Battista decollato. Solo alla metà dell’Ottocento il gruppo fu riunito nella posizione finora nota, diversa da quella originale.
Adesso il David è stato provvisoriamente rimontato con la testa di Golia da un lato e così viaggerà in America in due successive mostre prima ad Atlanta (dal 22 novembre), poi a Washington (dal 13 febbraio) per tornare al Museo del Bargello (dove è già stato brevemente esposto) nell’aprile del 2004. Per l’occasione è stato pubblicato un catalogo (edizione Giunti) che illustra il restauro e cerca di far luce sulla storia complessa di questo capolavoro.

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antonella bicci

[exibart]

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