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29
maggio 2009
restauri La Pala di San Zeno
restauri
La si potrebbe soprannominare il “Codice Mantegna”. E infatti, già nel 2006, aveva tenuto banco durante le celebrazioni dei cinque secoli dalla morte del’artista. Conteneva forse la soluzione del mistero che da sempre avvolge la sua data di nascita?...
La Pala di San Zeno di Mantegna (Piazzola sul Brenta, Padova, 1431? – Mantova, 1506) è l’ultima opera dipinta a Padova dal maestro rinascimentale prima del trasferimento nella Mantova dei Gonzaga. Un’opera esaminata in occasione della grande mostra del 2006 e adesso restaurata a cura dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Un’assorta Madonna in trono espone ai fedeli il Bambino, contornata da angioletti cantori e da otto santi tra cui Zeno, patrono di Verona. La rigorosa prospettiva, la resa plastica delle figure e l’elaborata architettura, densa di richiami classici, della splendida cornice lignea – che risentono fortemente della lezione di Donatello, presente a Padova proprio in quegli anni – rendono questo capolavoro fondamentale per la comprensione dell’arte del Mantegna.
Considerata finora quasi il “manifesto” estetico, per quanto precoce, dell’artista – con tutti gli elementi peculiari, dalla passione antiquaria per la classicità al rapporto con la scultura contemporanea, all’attenzione per i particolari architettonici -, la pala ha restituito un particolare clamoroso: agli infrarossi, all’angolo destro del tappeto rosso posto sotto i piedi della Vergine, la data 1443 vergata per due volte.
La pala era sempre stata assegnata agli anni tra il 1457 e il 1459, ma le indagini riflettografiche non lasciano alcun dubbio: la data è il 1443. E poiché è impensabile che Mantegna l’avesse dipinta a soli dodici anni (il genetliaco finora accettato è nel 1431), l’ipotesi di una retrodatazione della nascita di almeno cinque anni prende sempre più corpo.
Il restauro, durato due anni, ha interessato la superficie pittorica, il supporto ligneo e la cornice per far fronte all’invecchiamento, ai precedenti restauri e all’errato rimontaggio della struttura conseguente ai numerosi spostamenti.
“Dinnanzi a quest’opera”, scrive Vittorio Sgarbi, “tutti i pittori veronesi meditarono, tra esaltazione e sgomento, per oltre cinquant’anni”. Dal 21 maggio lo possono fare tutti davanti al suo altare, in San Zeno a Verona.
Un’assorta Madonna in trono espone ai fedeli il Bambino, contornata da angioletti cantori e da otto santi tra cui Zeno, patrono di Verona. La rigorosa prospettiva, la resa plastica delle figure e l’elaborata architettura, densa di richiami classici, della splendida cornice lignea – che risentono fortemente della lezione di Donatello, presente a Padova proprio in quegli anni – rendono questo capolavoro fondamentale per la comprensione dell’arte del Mantegna.
Considerata finora quasi il “manifesto” estetico, per quanto precoce, dell’artista – con tutti gli elementi peculiari, dalla passione antiquaria per la classicità al rapporto con la scultura contemporanea, all’attenzione per i particolari architettonici -, la pala ha restituito un particolare clamoroso: agli infrarossi, all’angolo destro del tappeto rosso posto sotto i piedi della Vergine, la data 1443 vergata per due volte.
La pala era sempre stata assegnata agli anni tra il 1457 e il 1459, ma le indagini riflettografiche non lasciano alcun dubbio: la data è il 1443. E poiché è impensabile che Mantegna l’avesse dipinta a soli dodici anni (il genetliaco finora accettato è nel 1431), l’ipotesi di una retrodatazione della nascita di almeno cinque anni prende sempre più corpo.
Il restauro, durato due anni, ha interessato la superficie pittorica, il supporto ligneo e la cornice per far fronte all’invecchiamento, ai precedenti restauri e all’errato rimontaggio della struttura conseguente ai numerosi spostamenti.
“Dinnanzi a quest’opera”, scrive Vittorio Sgarbi, “tutti i pittori veronesi meditarono, tra esaltazione e sgomento, per oltre cinquant’anni”. Dal 21 maggio lo possono fare tutti davanti al suo altare, in San Zeno a Verona.
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