La
Pala di San Zeno di
Mantegna (Piazzola sul Brenta, Padova, 1431? – Mantova, 1506) è l’ultima opera dipinta a Padova dal maestro rinascimentale prima del trasferimento nella Mantova dei Gonzaga. Un’opera esaminata in occasione della grande mostra del 2006 e adesso restaurata a cura dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze.
Un’assorta Madonna in trono espone ai fedeli il Bambino, contornata da angioletti cantori e da otto santi tra cui Zeno, patrono di Verona. La rigorosa prospettiva, la resa plastica delle figure e l’elaborata architettura, densa di richiami classici, della splendida cornice lignea – che risentono fortemente della lezione di
Donatello, presente a Padova proprio in quegli anni – rendono questo capolavoro fondamentale per la comprensione dell’arte del Mantegna.
Considerata finora quasi il “manifesto” estetico, per quanto precoce, dell’artista – con tutti gli elementi peculiari, dalla passione antiquaria per la classicità al rapporto con la scultura contemporanea, all’attenzione per i particolari architettonici -,
la pala ha restituito un particolare clamoroso: agli infrarossi, all’angolo destro del tappeto rosso posto sotto i piedi della Vergine, la data 1443 vergata per due volte.
La pala era sempre stata assegnata agli anni tra il 1457 e il 1459, ma le indagini riflettografiche non lasciano alcun dubbio: la data è il 1443. E poiché è impensabile che Mantegna l’avesse dipinta a soli dodici anni (il genetliaco finora accettato è nel 1431), l’ipotesi di una retrodatazione della nascita di almeno cinque anni prende sempre più corpo.
Il restauro, durato due anni, ha interessato la superficie pittorica, il supporto ligneo e la cornice per far fronte all’invecchiamento, ai precedenti restauri e all’errato rimontaggio della struttura conseguente ai numerosi spostamenti.
“
Dinnanzi a quest’opera”, scrive Vittorio Sgarbi, “
tutti i pittori veronesi meditarono, tra esaltazione e sgomento, per oltre cinquant’anni”. Dal 21 maggio lo possono fare tutti davanti al suo altare, in San Zeno a Verona.