In soli due giorni – 28 e 29 maggio – il Teatro delle Esposizioni è giunto alla sua quinta edizione, senza perdere lo smalto delle precedenti. Artisti e ricercatori pensionnaires nell’anno in corso hanno incontrato il pubblico romano per mostrare il loro lavoro. Al di là di una semplice mostra, è opportuno riflettere su due concetti fondamentali: da una parte l’idea di teatro, declinato nell’occupazione dello spazio da parte dei residenti; dall’altra l’esposizione, qui presentata sotto forma di confronto. Due o tre cose che so di lei, questo il titolo scelto dal curatore di questa edizione Claudio Libero Pisano: «Il riferimento chiaramente è all’omonimo film di Jean Luc Godard, una “lei” che, oltre alla protagonista del film, è la città di Roma e la sua cultura contemporanea, derivata dal suo essere «al suo stato attuale città magnifica ma complicata».
Diversi i livelli di dialogo presentati nella dimensione teatrale di Villa Medici. In primo luogo, tutti gli artisti si sono confrontati l’un l’altro nella spazialità che li vede coinvolti. A partire dal mondo dei combattimenti che hanno caratterizzato i capolavori del passato,passando dai volumi sulla caccia di Gaston Phébus alla Dama col liocorno, Géraldine Kosiak riflette sulla natura violenta e aggressiva dell’animale che è in ogni essere umano. Con le immagini in collaborazione con il 4° Reggimento dei Carabinieri a Cavallo, l’architetto Simon de Dreuille racconta l’incatenamento di 14 cavalli proprio sulla facciata di Villa Medici che affaccia su via di Trinità dei Monti, sbranati da 14 leoni. Negli spazi umidi della cisterna Assaf Shoshan presenta un lavoro incentrato su una realtà romana molto delicata e difficile, quella del carcere di Rebibbia. In un confronto struggente, i volti di carcerati e delle loro compagne – che in realtà non si guardavano realmente negli occhi al momento del girato – si misurano in un incontro fatto di sguardi senza bisogno di parole.
In altra istanza, alcuni dei residenti sviluppano un dialogo con l’altro inteso in diverse declinazioni: dall’alterità di altri artisti all’altro come presenza evanescente. Questo il caso della scalinata pervasa dei Suoni primi di Emmanuel Carlier in collaborazione con Boris Jollivet e Alessandro Sarra, il “faccia a faccia” definito come finzione letteraria fra Jakuta Alikavazovic e la famosa statua detta L’Écorché di Jean Houdon, borsista a Villa Medici dal 1764 al 1768, protesto in un gesto che facilmente ricorda il saluto romano. Emmanuelle Pagano, scrittrice francese la cui performance ha fatto parte del programma del 29 maggio, trasforma il Salon des pensionnaires in uno spazio buio ed intimo dei suoi ricordi: ripercorrendo episodi di famiglia Pagano, la scrittrice ripercorre la sua infanzia a Stellanello. Dall’incontro fra Felipe Ribon e Ryoko Segikuchi nasce l’esperienza di Fantasmi a cena, un’interpretazione della classica seduta spiritica che si sviluppa in cenacolo. Le divinità dell’Olimpo di Luigi Ontani sono ospiti di Carole Halimi, storica dell’arte, mentre in compagnia di Marco Raparelli la disegnatrice Amélie Bernazzani costruisce nell’atrio una storia per immagini, riflettendo proprio sul peso che queste ultime hanno ancor più delle parole stesse.
Completano il programma una serie di appuntamenti: Silvia Giambrone presenta nell’Atelier del Bosco un autoritratto per codici e numeri; Sebastian Rivas, Amandine Bajou e Géraldine Kosiak sviluppano il momento performativo dal titolo La Reclusa e Hicham Berrada, accompagnato dalle musiche di Laurent Durupt, lascia in contemplazione gli spettatori davanti alla video-proiezione dal titolo Celeste. Infine, su invito di Giovanna Zapperi, nella sala cinema Michel Piccoli l’artista Chiara Fumai ha interpretato la performance Shut up. Actually Talk.
Alessandra Caldarelli
mostra visitata il 28 maggio
Teatro delle Esposizioni
Accademia di Francia a Roma – Villa Medici
Viale Trinità dei Monti, 1 00187 Roma